Del: 18 Marzo 2022 Di: Erica Turturro Commenti: 0
Green building. Costruire rispettando l’ambiente

Sostenibilità e sperimentazione sono ormai due parole chiave nel mondo dell’edilizia e del design. In effetti, la ricerca di nuovi materiali ecosostenibili e rinnovabili ha portato sul tavolo soluzioni tanto creative quanto funzionali. L’obiettivo ultimo è quello di sfruttare il più possibile risorse anche poco convenzionali (per non dire scarti), dare loro nuova vita e soprattutto nuova forma.

Già a partire dalla Milano Design Week dello scorso anno, l’impegno preso dalle aziende è sempre più rivolto a trovare soluzioni green per limitare il più possibile l’impatto sull’ambiente e il climate change, tema centrale di molti eventi e conferenze in programma. Grazie agli studi scientifici e allo sviluppo tecnologico degli ultimi anni, tecniche di produzione innovative e materiali nuovi si stanno affacciando sul mercato edile e dell’interior design.

Eccone 5 esempi.

Painting the world with sustainability” è il nome dell’evento organizzato dall’azienda milanese Plinio il Giovane (in collaborazione con ICA Group e One Works) proprio in occasione della settimana del design 2021. L’idea? Presentare in anteprima nuove tipologie di mobili ecosostenibili, spesso realizzati in legno rifinito con vernici a base di acqua e scarti vegetali.

Allo stesso modo, il fil rouge della nona edizione del Fuori di Design (esposizione promossa da Materioteca®) è stato il così denominato Rinascimento plastico. Si tratta di un progetto che si prefigge di utilizzare solo plastiche ottenute da materiale riciclato per realizzare accessori e complementi d’arredo.

Secondo il progetto portato avanti dall’azienda piemontese Ricehouse sarebbe invece possibile derivare delle MPS (materie prime seconde) dai materiali di scarto della coltivazione e lavorazione del riso. In concreto si intende trasformare questi scarti, solitamente destinati al semplice smaltimento, in nuove risorse utili per ottenere materiale da costruzione, per esempio di pannelli isolanti ma anche intonaci, malte e pitture naturali. Persino la buccia del riso – ovvero la lolla, ricavata tramite un processo detto sbramatura – potrebbe essere reimpiegata in diversi campi, dal giardinaggio al settore pneumatici, come nel caso della Pirelli, che «attualmente utilizza il silice estratto dalla lolla per ridurre l’attrito da rotolamento degli pneumatici senza comprometterne la tenuta».

I mattoni in paglia e in latte sembrano essere la nuova frontiera della bioedilizia già da qualche anno. La start-up sarda Milk Brick sviluppa prodotti in calcestruzzo a impatto idrico zero, realizzati con gli scarti dell’industria casearia, già dal 2016. Più in concreto, nell’impasto del calcestruzzo l’acqua viene sostituita proprio con il latte di scarto: il materiale ottenuto ha un’elevata resistenza meccanica e una forte tenuta.

Inoltre, può essere facilmente impiegato sia nel campo edile che del design, ottenendo prodotti simili per aspetto alla ceramica. Anche la caseina trova la sua applicazione nella forma di fibra biodegradabile ad azione antibatterica e termoisolante. Come sottolineato anche sul sito web, Milk Brick si inserisce perfettamente nella logica dell’economia circolare, «un sistema economico pianificato per riutilizzare i materiali in successivi cicli produttivi, riducendo al massimo gli sprechi».

L’azienda lombarda Mogu ha reso possibile la produzione di pavimentazioni ecosostenibili a partire da una risorsa naturale, i funghi. Il micelio è l’apparato vegetativo del fungo; i suoi ceppi, una volta selezionati e lasciati essiccare, vengono utilizzati in sostituzione al truciolato per realizzare il supporto compositivo delle piastrelle MOGU Floor, poi rivestite da una pellicola composta all’80% da resine. L’effetto è quello del laminato, ma di origine biologica. Secondo Stefano Babbini, amministratore delegato di Mogu: «Questo processo non solo ha bisogno di pochissima energia o altre risorse, ma consente di ottenere un prodotto completamente stabile, sicuro, durevole e biodegradabile. Per la prima [volta] in assoluto, possiamo prendere dei sottoprodotti e convertirli in soluzioni per pavimenti ad alte prestazioni e attraenti».

Con l’ausilio della tecnologia alcune imprese edilizie si sono spinte ancora oltre, sviluppando un nuovo modo di costruire edifici stampati in 3D. Un modello digitale viene trasformato in oggetto fisico tridimensionale aggiungendo materiale uno strato alla volta. È possibile realizzare un’intera casa con questa progettazione hi-tech anziché utilizzare i metodi costruttivi tradizionali. Sembra utopia, ma è già realtà. Risale infatti al 2020 il progetto architettonico Tecla – crasi di Technology and Clay – dell’italiano Mario Cucinella. Si tratta di un lotto abitativo a doppia cupola in terra cruda, costruito con l’ausilio di una stampante 3D di ultima generazione, la Crane Wasp.

In un’intervista del giugno scorso per la rivista Cose di Casa, Massimo Moretti, CEO di Wasp, spiega in cosa consiste la tecnologia sviluppata dalla sua azienda: «Crane Wasp reinterpreta, nell’ottica della fabbricazione digitale, le classiche gru per costruzione edilizia. È composta da un’unità stampante principale che può essere assemblata in diverse configurazioni a seconda […] delle dimensioni del manufatto architettonico da costruire in 3D». L’edificazione 3D permette di ridurre lo scarto di lavorazione e favorire l’utilizzo di materiali locali. Tuttavia, nella stessa intervista, Moretti ricorda che «i costi sono ancora significativi. A mano a mano che costruiremo eco-moduli abitativi, anche la parte economica diverrà più vantaggiosa, poiché si affermeranno tecnologia e diffusione delle competenze».

Erica Turturro
Classe 98, alle prese con la magistrale di lingue. Abitudinaria ma curiosa, un po’ nerd, sognatrice di notte e razionale di giorno, colleziono ricordi.

Commenta