Del: 29 Marzo 2022 Di: Giulia Tribunale Commenti: 0
Il governo talebano verso l’apartheid di genere

Il 23 marzo è stato il primo giorno dell’anno scolastico in Afghanistan secondo il calendario solare dell’Egira. L’inizio della scuola da sempre viene vissuto dai ragazzi e ragazze di tutto il mondo con una certa eccitazione, come l’inizio di una nuova avventura sociale e formativa. Il valore di questo momento ci appare ancora più evidente se prendiamo coscienza di quanto possa essere fragile. Specie se sei una donna e vivi sotto il regime talebano.

Dopo la presa di potere ad agosto 2021, i talebani avevano promesso l’instaurazione di un governo più moderato e inclusivo, che si discostasse dalla rigida interpretazione della Sharia messa in atto dall’Emirato Islamico del 1996. La realtà dei fatti, tuttavia, non ha dimostrato un cambio di rotta rispetto al passato, confermando le preoccupazioni e lo scetticismo da parte della comunità internazionale, nonché un repentino ritorno a una sistematica segregazione di genere.

Significativa, a tal proposito, non soltanto la chiusura del Ministero degli Affari femminili, istituito nel 2001, ma soprattutto il ripristino del Ministero per la Promozione della Virtù e la Prevenzione del Vizio, istituzione, risalente al precedente governo talebano, alla quale era affidato il compito di far rispettare la legge islamica con l’ausilio della Polizia della Moralità: una spada di Damocle pendente sopra le teste delle donne afgane.

Prima i loro volti dipinti sui muri sono stati rimossi, poi, la cancellazione dei diritti e delle libertà conquistate a fatica negli anni. La loro presenza nella vita pubblica e politica viene retrocessa fino a coincidere nuovamente con lo spazio domestico. Le donne sono state escluse dalla maggior parte dei posti di lavoro, ma anche dalla televisione: via le donne dalle fiction, mentre le giornaliste sono obbligate a indossare l’hijab. A dicembre le autorità talebane hanno emanato il divieto di spostamento oltre le 45 miglia per le donne non accompagnate da un mahram, un familiare di sesso maschile, rendendo dunque pressoché impossibile fuggire la presa stretta del governo; nonché l’esercizio di molti altri diritti – per esempio l’accesso a strutture e informazioni mediche, o a rifugi per le vittime di violenza domestica, molti dei quali sono stati chiusi.

Dal 20 settembre 2021, ovvero dalla riapertura delle scuole dopo l’ascesa dei talebani, le donne – studentesse al di sopra dei 12 anni e insegnanti – sono state escluse dall’istruzione secondaria.

Viene permesso pertanto l’accesso alla scuola primaria e all’università, in entrambi i casi separate dai compagni di sesso maschile, in corsi frequentati e tenuti da sole donne. Tuttavia, secondo varie testimonianze, le donne effettivamente presenti nelle università sono poche. Del resto, perché investire in un futuro che non potranno avere, essendo loro precluse gran parte delle carriere lavorative?

Il 23 marzo le scuole di ogni ordine e grado sarebbero state riaperte. O almeno questo era quanto il Ministero dell’Istruzione dell’Emirato islamico aveva dichiarato nelle settimane precedenti, per poi tornare sui suoi passi, distruggendo la ritrovata speranza di centinaia di ragazze afgane pochi minuti dopo aver messo piede in classe. Secondo un avviso del Ministero dell’Istruzione diffuso la mattina stessa, le scuole femminili sarebbero rimaste chiuse “fino a nuovo ordine”, ovvero fino a quando una riapertura nel rispetto dei dettami della Sharia e della cultura afgana non potesse essere garantita.

In particolare a essere oggetto di discussione sarebbe l’abbigliamento da rendere obbligatorio per le studentesse – sebbene già prima dell’arrivo dei talebani le donne fossero tenute ad un abbigliamento ‘decoroso’ e a coprirsi il capo con l’hijab o con una sciarpa. Secondo un corrispondente della BBC la natura di questa inversione di rotta sarebbe dovuta a divergenze ideologiche tra l’ala più moderata del governo talebano e quella più conservatrice in merito alla questione dell’educazione femminile, da sempre un tema controverso per i membri più intransigenti. Non è difficile immaginare il perché: la conoscenza è uno strumento di empowerment, di consapevolezza, cambia la società e la visione che le donne hanno del loro ruolo al suo interno.

Se in passato un simile divieto non aveva incontrato tanti ostacoli, adesso le donne sanno cosa vuol dire essere istruite, hanno imparato il significato della parola emancipazione.

Alcune tra loro, giorni dopo la decisione del governo, sono scese in piazza a Kabul per dimostrarlo. Inoltre gli Stati Uniti, che hanno occupato l’Afghanistan per vent’anni lasciando il paese esposto alla minaccia dei talebani, si sono affrettati ad annullare il vertice a Doha con i talebani in seguito ai limiti imposti al diritto allo studio. Una ferma condanna è stata espressa anche da altri Paesi, tra cui l’Italia.

La salvaguardia dei diritti fondamentali, soprattutto di donne e bambini, costituisce un elemento centrale delle trattative con il regime talebano, negato il quale sarebbe impossibile per il nuovo governo ottenere il riconoscimento diplomatico da parte della comunità internazionale. Questo riconoscimento sarà però necessario per poter richiedere gli aiuti economici di cui il Paese e il suo popolo hanno disperatamente bisogno.

Giulia Tribunale
Femminista per necessità, polemica per natura. Scrivo di politica e temi sociali e ho un debole per le mappe geografiche e le letture in riva al mare. Il mio peggior nemico? Le fake news. Sogno un mondo che onori la diversità e abbandoni l’individualismo.

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