Del: 1 Marzo 2022 Di: Costanza Mazzucchelli Commenti: 1
Palazzo Reale ospita in mostra le donne del Cinquecento

Dal 23 febbraio al 5 giugno Palazzo Reale, con la mostra Tiziano e l’immagine della donna nel Cinquecento veneziano, ci riporta nel Cinquecento e a chilometri di distanza da Milano, tra i lavori dei pittori veneziani del tempo. Il fil rouge che lega le opere presentate in mostra è l’immagine della donna in una città che, nel XVI secolo, si presenta vivace, aperta e dinamica. Ma soprattutto, una città dove le donne sempre più spesso iniziano a reclamare un proprio spazio nella cultura, nell’arte e nella società.

L’esposizione è stata co-prodotta da SKIRA e Comune di Milano ed è stata realizzata in collaborazione con il Kunsthistorisches Museum di Vienna, istituzione culturale di punta all’interno del continente europeo e non solo che ha appena festeggiato i propri 130 anni. La curatela è stata affidata a Sylvia Ferino, direttrice della Pinacoteca del Kunsthistorisches Museum dal 2010 al 2014, che ha pensato la mostra come espressione di «bellezza, eleganza e sensualità, e del ruolo tutto particolare che la loro rappresentazione acquistò nella Venezia del Settecento».

Esposte non si trovano solo le opere di Tiziano, bensì si ha la possibilità di vedere da vicino le creazioni dei pittori attivi nello stesso momento nella Repubblica di Venezia. E quindi incontriamo qui il maestro di Tiziano Giorgione, Paolo Veronese, Palma il Vecchio, Tintoretto, Paris Bordon. La stessa varietà che interessa gli artisti caratterizza anche il tipo di opere: oltre ai quadri, si possono osservare da vicino manoscritti di dialoghi e trattati sulla bellezza, gioielli preziosi, incisioni, sculture. 

Questo interessante connubio permette un’indagine a tutto tondo della società cinquecentesca e, in particolare, della figura femminile.

Le donne sono ritratte nelle vesti e nei ruoli sociali più diversi. Le figure sono tratte in prevalenza dalla cultura profana, ma il percorso espositivo si apre con la raffigurazione di due soggetti che – seppur religiosi – hanno senza dubbio contribuito a plasmare la figura della donna (perlomeno occidentale) anche da un punto di vista laico. Si tratta di Eva e Maria, ritratte rispettivamente da Tiziano e Tintoretto. 

Le due si presentano nella storia della religione cristiana come due modelli contrapposti, riferimenti inderogabili per tutte le donne, in particolare tra XI e XII secolo. Da una parte si ha la Devil’s Gateway che porta alla perdizione; dall’altra la Bride of Christ, che accompagna alla salvezza. Questa polarizzazione è dovuta alla più tipica tendenza di una cultura patriarcale a voler imbrigliare il comportamento femminile in alternative nette. 

Tiziano, Madonna col Bambino, 1510-11, Vienna, Kunsthistorisches Museum
Tiziano, Madonna col Bambino, 1510-11, Vienna, Kunsthistorisches Museum

Le alternative nette però vengono rifiutate dalle donne qui ritratte che, come detto più sopra, provengono da mondi vari. E, superato l’obbligato passaggio attraverso il mondo cristiano, si è traghettati tra ritratti di donne delle classi agiate. A Venezia, nella prima metà del XVI secolo, non è diffuso il culto della memoria intrinseco nel ritratto e sono preferite grandi scene che rappresentano la vitalità della città e la sua fortuna economica. In altre regioni, invece, il ritratto è l’occasione per sfoggiare la propria ricchezza e il proprio prestigio. 

I ritratti qui esposti, dunque, presentano donne appartenenti a case principesche non veneziane. Negli anni Trenta del Cinquecento Tiziano, tra le altre, ritrae la marchesa di Mantova Isabella d’Este e la duchessa di Urbino Eleonora Gonzaga della Rovere. Le donne mettono qui in mostra anche la ricchezza dei gioielli e degli abiti, alcuni dei quali esposti in mostra.

Venezia, fulcro della mostra e della vita culturale e politica del Cinquecento, non rimane a lungo estranea alla passione ritrattistica.

A inizio XVI secolo si diffonde il genere delle “Belle Veneziane”, ritratti idealizzati richiesti dai collezionisti in tutta Europa. Queste donne affascinanti e intriganti fissano lo spettatore in modo sensuale e questo ha portato i critici ad interrogarsi a lungo sui soggetti: sono ritratti di promesse spose, pensati come dono per i futuri mariti; oppure sono eleganti prostitute? La prima teoria sarebbe avallata dagli anelli gemelli, simbolo di fidanzamento; la seconda, invece, dal seno scoperto.

Giorgione, Laura, 1506, Vienna, Kunsthistorisches Museum
Giorgione, Laura, 1506, Vienna, Kunsthistorisches Museum

La tipologia di questa rappresentazione è stata considerata per secoli il ritratto di cortigiane. In realtà, fonti letterarie hanno permesso di indagarne ulteriormente il significato, giungendo alla conclusione che il mostrare il seno sia un gesto di “apertura del cuore” e manifestazione sincera dei propri sentimenti. Questa interpretazione è riportata da Ludovico Dolce nel Dialogo dei colori (1565), che menziona un dipinto di Raffaello nel quale una donna apre il proprio vestito e si indica il cuore come sede della verità dei sentimenti. Giovanni Bonifacio, ne L’arte de’ cenni(pubblicato nel 1616), compendio di analisi del linguaggio non verbale, considera il seno esposto come dichiarazione d’amore. 

Venezia è la culla anche di un altro genere di successo, il ritratto di coppia.

Gli uomini, davanti al quadro e non solo dietro come autori, compaiono nella quinta sala, in opere dal significato ambiguo. È difficile indagare il rapporto che intercorre tra la figura femminile e la figura maschile: possono essere amanti che si scambiano gesti d’affetto, coppie impegnate nel corteggiamento, o prostitute con i propri clienti. 

La presenza maschile, però, rompe questo idillio sentimentale nelle successive raffigurazioni dell’eroina romana Lucrezia, che si suicida dopo essere stata violentata, e la biblica Susanna, insidiata da due anziani che la osservano mentre si rinfresca a una fontana. A fare da contrappunto ci sono Giuditta e Salomè, donne forti e colpevoli della decapitazione rispettivamente di Oloferne e San Giovanni Battista. 

Tintoretto, Susanna e i vecchioni, 1555-56 circa, Vienna, Kunsthistorisches Museum
Tintoretto, Susanna e i vecchioni, 1555-56 circa, Vienna, Kunsthistorisches Museum

Nel Cinquecento, Venezia è anche l’epicentro dell’editoria, grazie anche al prestigio raggiunto dalle Aldine di Aldo Manuzio, precorritrici delle moderne edizioni tascabili. Nel campo letterario, le donne sono sia protagoniste di trattati, dialoghi e poesie di autori, sia autrici loro stesse. Si assiste a una diffusione di scritti di vario tipo, dalla poesia petrarchesca, alle orazioni, fino ai dialoghi. Nomi importanti sono quelli delle padovane Giulia Bigolina, prima donna a scrivere un romanzo, e Gaspara Stampa, autrice di poesie d’amore.

Così le donne, per quanto non possano ricoprire cariche politiche, si iniziano ad affermare con le proprie opere e la propria soggettività in ambito culturale.

E compiendo un salto all’indietro, si torna alla letteratura antica (in primis alle Metamorfosi di Ovidio) e al mito, alle storie d’amore tra dei ed eroine e alle allegorie delle virtù. La mostra si chiude in un clima sognante e idillico: alla storia di Venere e Adone, pensata anche come monito dei rischi dell’amore, segue il mito di Europa, che scappa assieme a Giove nelle forme di un toro.

Tra le ultime immagini che si incontrano, quella di un’allegoria di Tiziano che potrebbe essere un’allusione alla Sapienza o alla Storia: in ogni caso, un riferimento al valore della conoscenza che funziona da perfetto sigillo all’esposizione.  

Costanza Mazzucchelli
Classe 2000, studentessa di Lettere. Guardo il mondo attraverso i miei occhiali spessi, ascolto e leggo, poi scrivo di ciò che ho imparato.

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