Del: 7 Marzo 2022 Di: Michele Baboni Commenti: 0
Referendum Cannabis. Chi ha sbagliato?

Nella giornata di giovedì 3 marzo, la Corte Costituzionale ha pubblicato la sentenza 51/2022, in cui vengono spiegati i motivi che hanno portato alla decisione di giudicare inammissibile il referendum sulla cannabis e chiudendo (per ora) il discorso legato a questa controversa decisione.

Il giudizio di inammissibilità era già noto dal 16 febbraio, ovvero dalla serata in cui Giuliano Amato, presidente neoeletto della Corte Costituzionale, ha indetto una conferenza stampa per motivare la sentenza. Il fatto che sia stata indetta una conferenza stampa è di per sé singolare, poiché nessun presidente aveva mai sentito la necessità di esporre le ragioni a supporto di una decisione della Corte; tuttavia, Amato ha dichiarato la volontà di rendere la Corte Costituzionale più comunicativa ed esplicita in merito ai propri processi decisionali. Anche se c’è pure chi sostiene che la conferenza sia stata indetta per calmare le acque, già mosse dalla decisione analoga sul referendum inerente all’eutanasia.

In questa occasione, Amato ha sostenuto dunque l’inammissibilità del referendum sulla cannabis.

Questo perché la conseguenza del referendum sarebbe stata la legalizzazione la coltivazione di altre sostanze, come la foglia di cocaina o il papavero, diversamente da quanto suggeriva il titolo della campagna referendaria appoggiata dai Radicali e dall’Associazione Luca Coscioni.

Inoltre, facendo riferimento alle tabelle 1 e 3 della Convenzione unica sugli stupefacenti del 1961, non si sarebbe ottenuto l’effetto designato dal quesito referendario, poiché la cannabis sarebbe contenuta nella tabella 2. La legalizzazione di tali piante, secondo il presidente della Corte Costituzionale, sarebbe stata peraltro impossibile, poiché i referendum popolari, secondo la Costituzione, non possono intervenire sui trattati internazionali.

Le dichiarazioni di Amato hanno suscitato la reazione durissima del comitato promotore, il quale ha indetto il giorno successivo una conferenza stampa per esporre il proprio dissenso in merito alla decisione della Corte in merito ai referendum di iniziativa popolare. In merito al quesito sulla cannabis, il comitato ha affermato che le dichiarazioni di Amato sono state puramente politiche e non di merito, riferendosi alla storica posizione di stampo proibizionista nei confronti della marijuana, oltre ad aver denunciato un errore materiale nel giudizio della Corte.

Filomena Gallo, segretaria dell’Associazione Luca Coscioni, ha ad esempio sottolineato che la Corte di Cassazione aveva dato al referendum la stessa denominazione suggerita da Amato, ovvero “referendum sulle sostanze stupefacenti”, affermando dunque che il quesito referendario non era in alcun modo ambiguo o fuorviante. L’affermazione è confermata dal fatto che questo dettaglio era riportato dallo stesso comitato sul sito di referendumcannabis.it, nella sezione dedicata alle fake news.

I promotori hanno tenuto inoltre a specificare che è stato commesso un errore nelle affermazioni di Amato, poiché la cannabis rientra dal dicembre del 2020 nella tabella 1 della Convenzione unica sugli stupefacenti, a differenza di quanto affermato dall’ex premier nella conferenza del giorno precedente.

In sostanza, alcuni osservatori hanno accusato di incapacità tecnica i promotori che hanno stilato il quesito referendario, mentre altri hanno denunciato un giudizio sommario e prevalentemente ideologico dei giudici costituzionali, senza che si conoscesse l’effettiva sentenza della stessa Corte Costituzionale e generando un clima di incertezza negli elettori.

In questi giorni è stata pubblicata la sentenza n. 51/2022, nella quale sono state confermate la maggior parte delle motivazioni esposte nella conferenza stampa di Amato.

Nella sentenza viene infatti confermato l’errore per cui la cannabis rientra nella tabella 2 della Convenzione, anche se viene smentita la tesi secondo cui il referendum non avrebbe riguardato la depenalizzazione della cannabis (pur dichiarando “indiretto” il riferimento alla sostanza). Viene inoltre smentita la tesi per cui il quesito referendario sarebbe stato fuorviante, poiché il quesito stesso viene denominato come «Abrogazione di disposizioni penali e di sanzioni amministrative in materia di coltivazione, produzione e traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope».

I motivi della sentenza sono dunque da attribuire a due aspetti: il contrasto con le norme internazionali; e i giudizi inerenti alla chiarezza, all’omogeneità e all’univocità del quesito, sanciti dalle sentenze n. 10 del 2020 e n. 17 del 2016. È necessario sottolineare che la Convenzione unica sulle sostanze stupefacenti è una convenzione multilaterale e aperta, per cui si lascia una discrezionalità agli stati che hanno sottoscritto tale trattato in merito al livello delle sanzioni per le sostanze stupefacenti. Basti pensare alle riforme avvenute dal 1961 ad oggi nei vari stati, come gli USA. In sostanza, il giudizio è basato sui criteri sovracitati di chiarezza, omogeneità ed univocità, da applicarsi tuttavia a un quesito che fa riferimento a una legge, ovvero la n. 73/1990, che è oggettivamente intricata e complessa.

In sintesi, è difficile decretare se ci sia stato o meno un errore fattuale e materiale, ma si può sicuramente affermare che si tratta di una sentenza “borderline”, al limite tra il giudizio nel merito e quello politico. Per stessa ammissione del comitato promotore del quesito, la via del referendum abrogativo è sicuramente più complessa rispetto a quella della legiferazione parlamentare, che permetterebbe una discussione e una legge più completa e meno ambigua. Pertanto, il Parlamento, da anni paralizzato ed arretrato rispetto al sentire popolare, è forse il vero responsabile di una situazione che continuerà a far discutere.

Michele Baboni
Studente di scienze politiche, sono appassionato di filosofia, politica e calcio. I temi che ho più a cuore sono i diritti civili e il cambiamento climatico, anche se l'attualità è sempre un punto di partenza stimolante per nuove riflessioni. La scrittura è il mezzo per allargare i miei orizzonti, la curiosità il vento che mi spinge alla ricerca incessante di nuove risposte.

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