
“Ho visto le menti migliori della mia generazione distrutte dalla pazzia, affamate nude isteriche”. Così inizia Howl, Urlo in italiano, il poema più celebre di Allen Ginsberg. La notte del 1955 in cui lo lesse per la prima volta ad alta voce è considerata la traumatica nascita della Beat Generation.
Il 5 aprile è stato il venticinquesimo anniversario della morte di Allen Ginsberg, figura chiave della cultura statunitense moderna.
Figlio di un poeta e di un’attivista politica comunista, alla Columbia University divenne grande amico di Kerouac, icona del movimento Beat. Oltre agli ideali, i due condividevano un approccio pratico e franco al linguaggio; Ginsberg usava girare per le città americane con un taccuino in cui annotava il ritmo delle voci dei passanti.
In Howl una critica apocalittica della società individualista degli anni ’50 e della guerra fredda si uniscono alla viva celebrazione dell’emergente controcultura. Censurato per oscenità e ripubblicato dopo un processo, il componimento diventerà simbolo fondamentale per la lotta per la libera stampa. La madre di Ginsberg, Naomi, fu più volte internata in istituiti psichiatrici e divenne per lui l’emblema della persecuzione delle istituzioni verso chi si batte per il cambiamento.
La pazzia, della madre, dei personaggi che figurano nel poema, di Ginsberg stesso, è un elemento chiave in Urlo: non è uno stato clinico, ma un modo di essere, concepito dall’intellettuale come la prima ribellione alla società.
Alla fine degli anni ’60 Allen Ginsberg era famoso in tutto il mondo; nei suoi viaggi incontrò i maggiori intellettuali del periodo. Amico di Pasolini, in Italia conobbe anche Montale e Eco. In seguito alla sua visita a Praga nel ’65 Václav Havel disse che ammirava la raffinatezza del poeta, le sue abilità intellettuali e l’ampiezza della sua visione.

Dopo un percorso per trovare la pace interiore con un gruppo di buddisti in India, diventò una sorta di guru per tutta una generazione di giovani disorientati dagli sconvolgimenti politici, prima tra tutti la guerra del Vietnam. Ginsberg era presente in praticamente tutte le manifestazioni rivoluzionarie del periodo, ma senza mai esserne organizzatore, e senza mai tradire il suo principio di attivismo non violento. Durante il Festival of Life, protesta anti-guerra in occasione del convegno dei democratici del ’68 (per cui poi ci sarà il famoso processo ai Chicago 7), Ginsberg intonava canti per calmare la folla.
Partecipò anche ai moti di Stonewall, considerati la nascita simbolica del movimento di liberazione gay. Apertamente omosessuale, fu lui l’artefice delle prime letture queer della poesia di Walt Whitman.
In Poeta delle Ceneri Pasolini scrive: “Io amo Ginsberg: era tanto che non leggevo poesie di un poeta fratello […] Egli è una vivente contestazione.”
Come lo erano stati poeti come Walt Whitman e Pablo Neruda prima di lui, Ginsberg si fa voce del popolo. Specchio di una generazione arrabbiata e stanca, riuscì a rivoluzionare la poesia americana per renderla amplificatrice di cambiamento e ribellione.