Lo scorso 13 aprile è venuta a mancare una delle fotografe più irriverenti e importanti della scena italiana e internazionale: Letizia Battaglia. Nata a Palermo il 5 marzo del 1935, ha deciso di sposarsi alla giovane età di 16 anni per rincorrere quella libertà tanto auspicata che la famiglia non le aveva mai permesso di avere, una volta cresciuta ha capito che l’unico mezzo per ottenere l’indipendenza era la fotografia. Inizia la sua carriera nel 1969, collaborando con il giornale locale L’Ora e si ritrova ad essere circondata esclusivamente da colleghi uomini. Raggiunge poi Milano, lavora con altre testate giornalistiche, ma dopo un paio di anni, nel 1974, non indugia e ritorna in terra madre. Ed è proprio qui che decide di raccontare gli anni di piombo, i crimini di mafia e l’egemonia del clan dei Corleonesi. Ma come e perché Letizia Battaglia ha rivoluzionato il mondo della fotografia?
Fu la prima a dedicarsi professionalmente ad una attività che era esclusiva del mondo maschile, inoltre è stata una delle testimoni oculari di eventi tragici che ha voluto raccontare attraverso la propria macchina fotografica, con lucidità e fermezza.
Si ricorda spesso una delle sue fotografie più celebri, scattata al Presidente della regione Sicilia dell’epoca, Piersanti Mattarella, che venne ritratto appena colpito da killer mafiosi, davanti alla moglie e alla figlia.
In quegli anni arrivò a fotografare più di cinque omicidi al giorno, mostrando senza veli la violenza della mafia siciliana con i numerosi episodi di vendette e omicidi tra frange mafiose, trasmettendo con i propri scatti una forte compassione nei confronti delle vittime. Nota è anche la fotografia scattata ad una prostituta e a due clienti uccisi per non essere sottostati alle angherie mafiose, è passato molto tempo prima che la considerazione dei mafiosi stessi su di lei cambiasse, poiché era vista sempre con occhio piuttosto diffidente.
Definirla però esclusivamente fotografa di mafia è sminuente: Letizia ha infatti raccontato della propria Palermo e dei suoi quartieri, attraverso degli scatti che ritraevano principalmente donne e bambine, andando a instaurare con il proprio soggetto un rapporto fondato sulla fiducia e la curiosità. Un’altra foto celebre è quella raffigurante una bambina con un pallone in mano, che è riuscita tra l’altro a rincontrare dopo 38 anni.
La fotografia ha permesso a Letizia di conoscere e riconoscere sé stessa: in balia degli affetti e della società, era stata prigioniera di una realtà retrograda e chiusa, solo scattando è riuscita ad acquisire la forza interiore necessaria per essere felice.
Si definiva “partigiana della vita” ed è attraverso le foto scattate alle persone comuni e alle bambine dei quartieri popolari di Palermo, che è riuscita ad ottenere importanti riconoscimenti quali: il premio di fotogiornalismo Eugene Smith, assegnatole nel 1985, e il Mother Johnson Achievement for Life che le è stato tributato nel 1999.
Ultimamente aveva deciso di dedicarsi esclusivamente alle donne e alla loro rappresentazione fotografica: il progetto dal nome Nudo di donna era uno dei tanti che aveva in serbo. I corpi femminili sono stati per lei veicolo di numerosi messaggi, infatti, in essi ci vedeva grandiosità e coraggio, considerandoli latori di racconti riguardanti il proprio passato e il proprio presente: durante il primo, il patriarcato era un regime consolidato tra le mura della propria casa e le strade della propria città; durante il secondo le donne, seppure limitatamente, sono riuscite ad acquisire una libertà che è diventata appunto presto soggetto delle sue ultime opere.
Letizia ha fotografato moltissimi corpi femminili nudi riuscendo a dare alla femminilità una narrazione differente da quella a cui ci hanno abituati.
Ha dato alle donne la possibilità di vedersi per quello che sono, senza manipolazioni o alterazioni, senza dire loro cosa e chi dovessero essere. Gli ultimi suoi scatti sono stati dedicati qualche mese fa ad una delle icone della nuova generazione, la cantautrice Ariete, con la quale, grazie alla curiosità che la contraddistingue, ha condiviso le lotte del proprio tempo, interessandosi oltremodo alle lotte della generazione Z.
La perdita di Letizia Battaglia è pressoché incolmabile: il suo lavoro ha permesso di far conoscere Palermo all’Italia e al mondo, consapevole di quanto fosse fondamentale continuare a lottare e ricordare attraverso la fotografia. Ha conosciuto le varie angherie della vita, le ha fatte proprie e sono state per lei fondamentali per acquisire una sensibilità e una empatia fuori dal comune, un’artista che ha saputo vivere senza premeditazione e che ha fatto della curiosità nei confronti dell’altro la propria linfa vitale.