Nell’Irlanda del Nord le elezioni hanno parlato chiaro: il Sinn Féin ha avuto la maggioranza. Ha ottenuto il 29% dei voti, contro i 21% del Democratic Unionist party. A questo punto il cambiamento più evidente è il numero di seggi in parlamento, che sale a 27 per il Sinn Féin, aumentando la possibilità di influire sulla direzione di governo. Si tratta di un partito nazionalista cattolico, Sinn Féin significa noi stessi in Gaelico:
un motto che si riferisce alla volontà di avere un’Irlanda indipendente, in grado di conquistare da sola la propria libertà.
Nonostante nelle dichiarazioni ufficiali si mantenga una certa distanza, gli irlandesi conoscono bene le connessioni di questo partito con l’IRA, l’esercito paramilitare di volontari che guidò le guerriglie dei troubles tra il ‘68 e l’88. Da quei tempi il Sinn Féin fu per sempre legato agli irlandesi ribelli, che combattevano per l’indipendenza dell’isola dal governo inglese. Si occupava della propaganda, di raccogliere i fondi e di preparare gli eventi per sostenere le loro azioni, nonostante l’IRA fosse di fatto un’organizzazione clandestina. Ai tempi si era ottenuto un accordo di pace con il Northern Ireland Act del 1998, in cui si metteva nero su bianco come l’Irlanda fosse ancora in parte sotto il controllo del Regno Unito, a meno che non ci fossero delle votazioni democratiche ad indicare il contrario. Da quel momento, dunque, la carica di primo ministro e di vice primo ministro sono assegnate ad entrambe le parti: una al partito nazionalista e una a quello unionista.
Il tutto era stato creato per porre fine ai disordini in corso tra cattolici nazionalisti e protestanti che sostenevano l’unione al Regno Unito.
In seguito ci fu la Brexit, una decisione che ha influenzato milioni di persone, molte delle quali erano fortemente contrarie. L’esito del referendum per l’uscita dall’Unione Europea era la vittoria di una maggioranza inglese, benestante e molto spesso formata da persone non immigrate (il 22%). La conseguenza diretta fu lo scontento concentrato in Scozia ed Irlanda, luoghi che, dopo secoli, non si sentono ancora ascoltati dal governo centrale. Dalla Brexit in poi i cambiamenti erano molti. Ad esempio sono state introdotte nuove regole sui controlli alle frontiere ed, infatti, la merce che giunge in Irlanda dal Regno Unito viene messa al vaglio di dogane e frontiere. Inizialmente si voleva porre il confine tra le due Irlande, visto che l’Eire rimaneva nell’UE e in teoria il Nord avrebbe seguito il governo centrale, ma le cose non andarono così. Boris Johnson spostò il confine doganale nel mare d’Irlanda, per paura che potesse fomentare nuove rivolte nazionaliste interne.
A livello pratico l’Irlanda del nord, quindi, rimane ancora parte dell’Unione Europea.
Le conseguenze del gesto sono lampanti: si è eretto un nuovo muro tra le due isole, un muro di risentimento verso il governo centrale, fatto di insofferenza e fastidio, elementi presi a carico da partiti come il Sinn Féin. Il risentimento irlandese non è idealista o teorico. Ad Aprile del 2021 erano scoppiate le rivolte delle bande giovanili nelle città di Derry, Belfast e nella contea di Antrim: gesti criminali volti a sostenere la propria parte della storia, che si scontra fortemente con l’ala opposta. Gli anni sono passati, i sentimenti nazionalisti no. Ci sono persone che hanno vissuto i troubles, che temono la violenza e il ricorso alle armi in quanto spettatori primari di come delle idee in contrasto si erano trasformate di fatto in una guerra civile che fece più di 3000 morti. Anche Jonathan Powell, uno degli strateghi incaricati della pace in Irlanda del nord aveva dichiarato quattro mesi fa la sua preoccupazione sulla possibile rottura degli accordi presi nel ‘98:
Quello che mi preoccupa è il vandalismo politico. Sembra che a loro non importi minimamente del danno che stanno facendo al fragile equilibrio politico nordirlandese.
Delle parole profetiche, visti i tempi che corrono sull’isola. La vittoria del Sinn Féin, quindi, non è soltanto un risultato politico lontano dalle persone comuni. E’ un simbolo, un momento storico per un’insieme di persone che per 101 anni non si erano ancora viste rappresentate in sede di governo. Le prossime mosse del partito, unite a quelle dell’opposizione e delle dichiarazioni di Johnson saranno la base per la nuova linea di governo in Irlanda del nord, un governo che molto probabilmente influenzerà la vita di tutta l’isola.