Recenti studi dell’Università di Washington, riguardanti gli orsi polari della Groenlandia, hanno rinvenuto una popolazione di diverse centinaia di orsi geneticamente più isolata rispetto alle altre conosciute (attualmente, se ne contano 19). Questa avrebbe vissuto separata dalle altre per qualche centinaio di anni e avrebbe sviluppato caratteristiche peculiari diverse da quelle degli altri orsi, gettando un fascio di speranza di conservazione della specie, ad oggi annoverata tra quelle a rischio di estinzione.
L’analisi dell’Università di Washington, supportata dall’Università della California e coordinata da Kristin Laidre, ha interessato gli spostamenti di 27 orsi situati nella parte sud-orientale della Groenlandia dell’arco di 7 anni, confrontati con i dati storici riguardanti l’isola ghiacciata raccolti nell’arco di un trentennio.
Questi orsi, situati un po’ più a sud rispetto agli altri “cugini”, che vivono a latitudini più fredde, hanno vissuto lontani e separati dagli altri e in condizioni climatiche diverse. Infatti, a causa di una particolare conformazione del territorio artico, essi hanno a disposizione il ghiaccio marino solamente per un breve periodo dell’anno, da febbraio a maggio; anche a causa di ciò, sono stati in grado di adattarsi allo scioglimento dei ghiacci marini a loro indispensabili per procacciarsi cibo, soprattutto alla caccia alle foche, imparando a spostarsi tra pezzi di ghiaccio d’acqua dolce di moderate dimensioni, che si sono staccati dalla calotta artica, sfruttandoli per cacciare e per spostarsi da punti diversi dei fiordi.
Tuttavia, questo non significa che gli orsi polari non siano più in pericolo, anzi.
La loro capacità di adattamento ha solo marginalmente tamponato l’emergenza causata dal riscaldamento globale e il conseguente scioglimento dei ghiacci. Questi studi possono indicare, però, come questa specie potrebbe adattarsi e sopravvivere in futuro in un clima a loro sfavorevole, perché carente di ghiaccio. Infatti, le condizioni del ghiaccio marino nel sud-est della Groenlandia sono terribilmente simili a quelle previste per la fascia nord-orientale dell’isola alla fine di questo secolo.
Ciò detto, bisogna però considerare che queste condizioni potrebbero non presentarsi in altre aree dell’Artico, soprattutto perché i “rifugi climatici” nati sui ghiacci d’acqua dolce che permettono a questa popolazione più isolata di sopravvivere non sono disponibili nella maggior parte dell’Artico, e che l’area presa in considerazione può ospitare solo una piccola percentuale di orsi polari. Si teme, dunque, un ulteriore calo del numero di orsi nell’Artico a causa del riscaldamento climatico.
Questo non significa, dunque, che sia possibile ignorare i cambiamenti climatici e sui loro disastrosi effetti sull’ambiente (come sarebbe possibile, con il caldo anomalo e l’emergenza siccità che ci stanno colpendo in queste ultime settimane?), anzi. È necessario contrastarli e agire in fretta, non aspettando che siamo gli animali ad adattarsi ad essi.