Dal 6 al 12 giugno a Milano si è tenuta la Design Week, durante la quale si sono svolti sia il Salone del Mobile, sia il Fuorisalone. Quest’ultimo è uno degli eventi in assoluto più partecipati: le installazioni e i progetti di design sono presenti ovunque in città e vengono aperte sedi altrimenti chiuse per ospitare altrettanti allestimenti. Il tema dell’edizione 2022 del Fuorisalone è Tra Spazio e Tempo, «due variabili utili a valutare il nostro impatto sul pianeta e programmare decisioni e azioni concrete per progettare il cambiamento».
Dietro al tema della sostenibilità, di per sé urgente e di capitale importanza, si cela però tutto il greenwashing di multinazionali e grandi marchi che non hanno nulla di green, e ciò viene ulteriormente confermato dalle esposizioni stesse.
Tra gli sponsor principali del Fuorisalone troviamo infatti Plenitude, il ramo green della multinazionale del petrolio Eni, della cui presenza in università si discute da tempo, e non solo in Statale.
Qui di seguito, il reportage di Vulcano dai chiostri di Festa del Perdono che, come ogni anno, ospitano la mostra della rivista di design e arredamento INTERNI e si riconfermano una delle sedi dove si riversa la maggior parte dei visitatori e che viene più fotografata.
The A-maze Garden
L’installazione che si trova nel Cortile della Farmacia è una rappresentazione di quella che sarà la catastrofe climatica che avverrà anche per colpa di una azienda come Amazon. Al centro del Cortile, quello che prima era un prato è stato trasformato (non si sa se per incuria da parte dell’Università, o appositamente per questa installazione) in un luogo deserto, uno scenario post-apocalittico, una terra desolata, come avrebbe detto T.S. Eliot. Un mondo in cui non rimane più nulla di naturale, ma si trovano solo i simboli dell’azienda insieme al riflesso del visitatore, che si specchia di fianco ai prodotti che può acquistare.
«Ispirata ai labirintici giardini all’italiana, l’installazione The A-maze Garden vede la distribuzione di forme che reinterpretano lo Smile di Amazon all’interno del Cortile della Farmacia. Le pareti curve, rivestite di specchio, sono disseminate nello spazio a ricordare la scomposizione dell’albero di Piet Mondrian, richiamando così i valori dell’impegno ambientale dell’azienda. All’interno si nasconde una selezione di prodotti disponibili su Amazon.it», recita il panel d’ingresso. Un tempio del consumo in cui ci sono teche con shampoo, lamette da barba e stendini, tutti naturalmente acquistabili su Amazon.
Non può mancare il dispositivo da montare a parete con Alexa integrato, “progettato per diventare il cuore digitale della casa” (e per tenere traccia delle nostre abitudini d’acquisto).
Nello spazio pensato da Amazon, il consumatore è solo con esso e con i suoi prodotti, che stanno accanto e vicino a lui, a generare un superconsumo, e dunque una super produzione, e la necessità di uno smaltimento continua. Una vera e propria alfabetizzazione al consumatore perfetto, con tanto di panel digitali che illustrano come acquistare intere stanze e singoli mobili dalla piattaforma.
Il punto più alto è però il codice sconto fornito all’uscita, per «non perdere l’occasione di arredare la tua casa su Amazon» . Il design, da quando è nato, è sempre stato l’anello di congiunzione tra arte e industria, ma qui la componente dell’acquisto (compulsivo e pressoché imposto) tende a soverchiare quella estetica, che viene invece ricercata in altri spazi dell’Università. Anche l’idea di assumere del personale per tenere costantemente puliti gli specchi, perfino sotto il sole cocente di mezzogiorno, lascia perplessi.
Labyrinth Garden
«Il cortile d’onore, eccezionalmente aperto al pubblico per l’occasione, ospita un labirinto a cielo aperto nel cuore di Milano». Si tratta di un «coinvolgente percorso […] delineato da Sipario, un sistema modulare di pareti divisorie per esterno in plastica rigenerata e riciclabile al 100%». Come ogni labirinto degno di questo nome, il percorso è studiato per far sì che il visitatore si perda ripetutamente, finendo nelle tre aree relax arredate con sgabelli e tavoli in plastica riciclabile realizzate dall’azienda Nardi. Solo dopo aver ammirato i prodotti, il visitatore giungerà a destinazione e potrà salire sulla overview tower: una costruzione che gli permetterà di «elevarsi sopra il labirinto per guardare lontano, scorgendo la sua personale via d’uscita», nonché la fanghiglia che ha ormai preso il posto di un’erba evidentemente provata dal passaggio di centinaia di visitatori curiosi come lui.
Tillandsia Wall
Nel chiostro principale di Festa del Perdono c’è una parete verde: è fatta di piccole tillandsie, piante aeree, cioè che vivono senza terra, di grande moda nell’arredamento.
Centinaia di tillandsie, piante molto delicate (qualche pezzo è già caduto nella posa, come si vede nella foto qui sotto), che moriranno probabilmente nel giro di qualche giorno. Sacrificate per il Fuorisalone.
Il programma di Radio Statale Museum, che si occupa di arte e musei, durante la puntata dell’8 giugno ha parlato proprio del Fuorisalone, concentrandosi tanto sulla città in generale quanto sugli spazi dell’Università in particolare. Abbiamo deciso di contattarli, chiedendo loro un parere sulla manifestazione e sulle installazioni presenti nel nostro Ateneo. Riportiamo qui di seguito le loro parole:
«Perché ci piace il Fuorisalone? Il Fuorisalone, secondo noi, è un modo di rendere vivi e accessibili per tutti luoghi della città che di solito sono chiusi al pubblico.
Durante questo evento i cortili dell’Università si riempiono di persone che altrimenti non metterebbero mai piede nei cortili del grandioso edificio quattrocentesco che è la Ca’ Granda.
Una scusa per far vedere ai milanesi uno dei luoghi più carichi di storia della città. A proposito degli antichi cortili progettati dal Filarete, alcuni di questi restano chiusi per buona parte dell’anno e vengono aperti solo per il Fuorisalone: se da una parte siamo felici che queste strutture vengano aperte, preferiremmo che restassero aperte per un periodo di tempo maggiore, proprio per la grande importanza artistica che rivestono.
Quest’anno la nostra impressione è che le installazioni siano più numerose, rispetto alle scorse edizioni, e dal grande colpo d’occhio. Ad accogliere il visitatore nel cortile centrale, vi è l’installazione del sardo Antonio Marras, che trasforma le colonne della statale in personaggi ispirati alle maschere e alla cultura sarda. Quest’opera e il Tempio della sostenibilità, nel cortile dei Bagni, sono forse le due installazioni che più di tutte sono riuscite a ottenere un risultato davvero artistico, fondendo elementi del passato con altri della nostra contemporaneità. Per quanto riguarda la criticata installazione The A-maze Garden di Amazon, dobbiamo fare una nota estetica. Infatti, la mancata cura del prato del cortile, a differenza che negli altri, e quindi l’assenza di prato, ha portato a una prevalenza di toni cupi, che invece sarebbero stati bilanciati dal verde dell’erba. Giungendo quindi a un risultato finale poco piacevole all’occhio.
In chiusura, sottolineiamo che il Fuorisalone è un’iniziativa che fa bene all’Università e che speriamo continui a lungo, augurandoci che possa portare anche piccoli miglioramenti nelle modalità con le quali è sfruttato lo spazio dell’Ateneo».
Se, da un lato, la presenza del Fuorisalone all’interno dell’Università rappresenta un modo per valorizzarne gli spazi e dare la possibilità anche a chi non ne frequenta abitualmente gli ambienti di apprezzarne la bellezza, d’altro canto all’interno della comunità studentesca vi è chi ritiene che le esigenze di studentesse e studenti, nonché molti dei valori che essi cercano di coltivare all’interno dell’Università e di cui l’Ateneo stesso dovrebbe farsi promotore, non possano essere sacrificati in nome di questi eventi. Molti hanno infatti osservato come i lavori necessari per l’installazione delle diverse opere siano andati avanti per settimane, arrecando spesso e volentieri disturbo a chi si trovava in Università per preparare gli esami; inoltre, si è sottolineato come, in queste occasioni, la Statale si dimostri sempre pronta a mettere a disposizione degli spazi la cui utilizzazione è invece preclusa a studentesse e studenti, che ne avrebbero bisogno per studiare, consumare i propri pasti o semplicemente aggregarsi.
Ben venga, quindi, l’apertura dell’Università ad eventi culturali, ma con dei limiti.
In primis non si dovrebbero mai perdere di vista le necessità del corpo studentesco, anche evitando di prevedere un numero così elevato di installazioni – la cui presenza quest’anno ha effettivamente reso diverse aree dell’Ateneo accessibili soltanto a chi avesse intenzione di visitare il Fuorisalone; in secondo luogo, si dovrebbe evitare di trasformare la Statale in una vetrina per aziende molto discusse sia dal punto di vista ambientale, che per quanto riguarda il rispetto dei diritti di lavoratori e lavoratrici. Molti non ritengono accettabile, insomma, che l’Università faccia invece pubblicità ad aziende e brand di questo tipo, tanto da esporre codici sconto per invitare i visitatori ad un consumo compulsivo – per non parlare poi dell’ipocrisia di alcune installazioni che, come visto in precedenza, di green hanno ben poco.