Del: 23 Luglio 2022 Di: Giulia Ariti Commenti: 0
Oltre 100 giorni di protesta: in Sri Lanka non c’è pace

La protesta infuria ormai da oltre cento giorni: dalla capitale Colombo emerge la rabbia di una popolazione sfinita dalla crisi economica, dalla fame. Lo Sri Lanka sta affrontando una tra le più buie pagine della sua storia.

La data dell’inizio della crisi economica è il 2019: il taglio delle tasse, l’elevato debito pubblico, l’applicazione della “diplomazia del debito” che hanno messo il paese sotto scacco della Cina per un debito che non riesce a ripagare, la pandemia da Coronavirus e la crisi agricola – questi sono solo alcuni elementi che hanno posto la popolazione alle strette.

Con l’aggiunta della guerra tra Russia e Ucraina, le conseguenze sono state devastanti sul popolo dello Sri Lanka: la carenza di carburante ha causato un’impennata dei prezzi di petrolio e benzina, portando i servizi di trasporto ad essere totalmente insufficienti. Ogni giorno nelle città si sono verificati tagli all’energia, la fame divenne sempre più dilagante, così come la carenza di medicine.

Uno stato di povertà che ha portato lo Sri Lanka, per la prima volta nella storia, a non pagare gli interessi del proprio debito pubblico.

A fronte delle violente e continue proteste, il presidente Rajapaksa ha presentato le proprie dimissioni al portavoce del Parlamento, Mahinda Yapa Abeywardena, ponendo fine al ventennale esercizio del potere della sua dinastia. All’annuncio delle dimissioni del presidente, ritenuto responsabile di aver venduto il paese alla Cina, i protestanti hanno iniziato veri e propri festeggiamenti ma l’attimo di gioia è durato ben poco: costituzionalmente, a seguito delle dimissioni del Presidente, spetta al primo ministro a prendere le redini. Il nome di Ranil Wickremesinghe, però, è mal sopportato dai protestanti, in quanto egli non è altri che il braccio destro del Presidente uscente. Già Primo Ministro per sei volte, Wickremesinghe era un volto ben noto ai protestanti, che, invece, chiedevano volti nuovi e giovani, che potessero riportare in vita il paese. Egli rappresentava lo stesso regime corrotto di cui Rajapaksa era volto, tanto che il 9 luglio scorso, i protestanti hanno dato fuoco alla sua residenza privata. Nuove proteste hanno sconvolto il paese: il 13 luglio l’ufficio del presidente è stato assalito, pretendendone le dimissioni immediate.

Continuano le forti proteste in Sri Lanka, nonostante i cambiamenti nella scena politica che non sembrano trovare il favore dei manifestanti
Assalto alla villa del presidente Rajapaksa

Tuttavia, seguendo procedimento istituzionale, Ranil Wickremesinghe ha prestato giuramento come presidente ad interim. Nel suo discorso, ha richiesto al Parlamento un’alleanza di tutti i partiti, così da poter fronteggiare la crisi economica e sociale. Nel mentre, l’agenda del Parlamento s’infittiva: sabato 16 luglio le camere si sarebbero riunite per iniziare il procedimento per l’elezione di un nuovo presidente ad opera dello stesso Parlamento, martedì 19 luglio sarebbero state ascoltate le candidature, mentre mercoledì 20 il nuovo presidente dello Sri Lanka sarebbe stato ufficialmente rieletto .

Nella giornata di lunedì 18 luglio, Wickremesinghe ha dichiarato lo stato d’emergenza, che concede la possibilità di legiferare per la preservazione dell’ordine pubblico e il soffocamento delle rivolte. Con questa mossa, il Presidente ad interim si è intestato il potere di consentire mandati d’arresto nei confronti di chiunque partecipasse alle proteste, anche pacifiche, ma anche di sospendere e cambiare ogni legge in vigore.

“Questa – ha sottolineato Jayamapthy Wickremeratne, costituzionalista dello Sri Lanka – è un’azione arbitraria da parte del presidente ad interim. Il popolo ha il diritto di protestare pacificamente e riferire le proprie richieste alla classe politica.

Questo è il tentativo di Wickremesinghe di impedire alla folla di occupare le strade.”

Meno preoccupato è, invece, Bhavani Fonseka, ricercatore del Centre for Policy Alternatives, che ha riferito: “Queste misure sono già risultate inefficaci nel passato”.

Nella giornata di martedì 19 luglio sono emersi, come da programma, i nomi dei candidati: Wickremesinghe è stato candidato del partito di maggioranza Partito Nazionale Unito, il cui leader Dinesh Gunawardena, sarebbe diventato verosimilmente Primo Ministro in caso di vittoria del presidente ad interim.

L’opposizione è rappresentata dal candidato Dullas Alahapperuma affiancato dal leader del partito Anura Kumara Dissanayake. Alahapperuma è stato parlamentare dissidente del partito Sri Lanka Podujana Peramuna, che in passato è stato controllato dal potente, ma impopolare clan Rajapaksa, da cui proviene il presidente dimissionario..

Il terzo candidato, del Partito Marxista, S.B. Dissanayake aveva l’appoggio di soli tre parlamentari, lasciando agli altri due avversari la partita.

Il giorno seguente, le elezioni si tennero nel voto segreto. Alcuni leader dei pariti, però, hanno chiesto ai parlamentari di fotografare la scheda di voto rendendo sempre ancor più tesa l’atmosfera di voto. In quei giorni, le proteste si sono fermate per permettere l’iter costituzionale e la risoluzione della crisi, ma il Parlamento ha preso la decisione di proteggere ogni ingresso con l’aiuto delle forze dell’ordine.

È arrivato nella giornata di mercoledì l’annuncio della vittoria di Ranil Wickremesinghe, che, con 134 voti contro 82, si è assicurato la Presidenza, I voti decisivi sono derivati dal Sri Lanka Podujana Peramuna party: sono state immediate, a questo punto, le accuse dei protestanti, che ritengono che il neoeletto presidente si sia venduto alle famiglie potenti che già avevano governato lo Sri Lanka per vent’anni.

“Non è ciò che chiediamo – ha affermato Melani Gunathilake, leader delle proteste – ora discuteremo la nostra strategia. Continueremo a protestare fino ad ottenere le sue dimissioni. Sappiamo molto bene che Wickremesinghe non è come il suo predecessore: è più astuto. Recentemente ha cercato di fermarci imponendo lo stato d’emergenza.”

I giuramenti si sono tenuti nella giornata di giovedì 21 luglio e vedono Dinesh Gunawardena come nuovo Primo Ministro del Paese. Fuori dalle sedi istituzionali, intanto, le proteste continuano ad infuriare al grido di “Non è il mio Presidente”.

Giulia Ariti
Studentessa di Filosofia che insegue il sogno del giornalismo. Sempre con gli occhi sulla realtà di oggi e la mente verso il domani.

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