Del: 14 Luglio 2022 Di: Giulia Scolari Commenti: 1
Stranger Things 4. Le due facce degli anni '80.

Hawkins, Indiana, 1986. Otto mesi dopo le ultime vicende, durante le quali i protagonisti hanno combattuto contro lo spietato Mind Flayer vedendosi portare via Hopper (David Harbour) e Billy (Dacre Montgomery), le minacce sembrano cessate e per i ragazzi è tempo di cambiamenti. 

Undici (Millie Bobby Brown) e la famiglia Byers si sono trasferiti in California pronti per cominciare una nuova vita. Ma i problemi sono dietro l’angolo: Undici è purtroppo vittima di bullismo e questo la porterà a perdere le staffe in più occasioni soprattutto per l’impossibilità di reagire, siccome ha perso i suoi poteri. 

Nel frattempo, a Hawkins, Mike (Finn Wolfhard), Dustin (Gaten Matarazzo) e Lucas (Caleb McLaughlin) sono alle prese con la sfida liceale, che richiede ai ragazzi di cominciare a far parte di gruppi predefiniti che ne determinino il ruolo sociale. Mike e Dustin trovano una nuova guida in Eddie (Joseph Quinn), lo scapestrato leader dell’Hellfire Club, mentre Lucas trova un punto di appoggio nella squadra di basket della scuola convinto che, una volta diventato popolare, possa avere vita più facile. 

Tutto sembra andare per il meglio, ma una nuova terribile minaccia sta per abbattersi su Hawkins e proviene per l’ennesima volta dal Sottosopra. Questo nuovo essere, che chiameranno Vecna, sta compiendo degli omicidi tra i giovani di Hawkins: questo porterà i ragazzi a combattere divisi in gruppi per cercare di salvare il mondo di nuovo.

27 maggio, 1° luglio 2022. Finalmente, dopo anni di attesa, approda su Netflix la quarta entusiasmante stagione di Stranger Things. In questo caso possiamo dirlo: «Ne è valsa la pena aspettare». 

Già nominata agli Emmys in 13 categorie, questa stagione si dimostra un vero e proprio capolavoro. I fili della trama si stanno pian piano disfacendo, i nodi vengono al pettine e tante domande finalmente trovano risposta: chi ha creato il Sottosopra? Chi è Vecna, la mente dietro tutti gli attacchi che Hawkins subisce? Hopper è ancora vivo? Undici si riapproprierà dei suoi poteri? 

Colpi di scena, effetti speciali, un pizzico di romanticismo e tanti gesti di genuina amicizia, accompagnano lo spettatore in un viaggio unico. Un nuovo personaggio spicca più di altri: ha fatto strage di cuori nel pubblico fin dal primo secondo Eddie, lo spilungone riccioluto che, dopo anni di bullismo, sostiene che l’86 sarà il suo anno e che nessuno lo tratterà mai più male. 

Il povero leader dell’Hellfire è infatti preso di mira dai paninari della squadra di basket che sostengono che il suo sia un club satanico in cui vengono fatte maledizioni: nonostante sia il primo a cercare di aiutare Chrissy, la prima vittima di Vecna, sarà anche il primo sospettato e tutta la città rimarrà fino alla fine convinta che sia un pluriomicida psicopatico. 

Il tema del diverso è forse uno dei più costanti dell’intera serie. Essere diverso è vissuto come un difetto, complici anche gli anni in cui le vicende sono ambientate, e se lo sei meriti di essere escluso. Tutte le sventure sono, secondo gli abitanti, opera di un emarginato, Eddie, costretto a scappare dalla città pur di non subire le ripercussioni delle accuse infondate che gli stanno rivolgendo. Nessuno è disposto ad ascoltarlo, a capire se realmente lui c’entri qualcosa perché l’importante è aver trovato un capro espiatorio

D’altronde però dagli anni ’80 fino ad oggi possiamo notare con dispiacere quanto le cose non siano cambiate: è sempre più facile dare la colpa a chi consideriamo diverso o strano. 

Ma “fuori dal normale” è quello che la società ci fa credere che sia così, deviante dall’ordine, forse anche pauroso. Si è ancora poco aperti ad accettare le diversità ma si è invece molto propensi a porre titoli su tutto. Eddie è il più esplicativo esempio di come le etichette sociali opprimano coloro cui vengono attribuite: qualunque cosa faccia, sa già che essa verrà presentata come sbagliata, come profana e contro la pubblica dignità, di conseguenza commette atti illeciti, come lo spaccio. 

La sua etichetta è la sua condanna, ma anche il suo rifugio: gli è stata data ancora prima di nascere, in quanto figlio di un uomo deviante, sa quindi come usarla a suo favore e controllarla. In una delle scene più serene delle ultime puntate, Eddie dirà a Steve di aver imparato molte cose sbagliate dal padre, ma di non averle mai volute fare per diventare un uomo migliore. Nonostante le sue etichette, alla fine Eddie si sacrifica per amore della città che in realtà l’ha sempre odiato.

Un ulteriore esempio è sicuramente Vecna: si scoprirà ben presto che il motivo per cui agisce in maniera così spietata è proprio il suo sentirsi diverso, addirittura migliore rispetto agli altri. Il resto del mondo è sbagliato e utilizza i suoi poteri proprio per correggere il mondo e modellarlo secondo la sua volontà, sfruttando i traumi personali per poter uccidere. In questo caso, il “diverso” viene portato all’estremo ma è un ottimo esempio delle mille sfaccettature che la serie offre su questo tema.

Eddie (Joseph Quinn)

Tema cardine dell’intera serie è sicuramente l’amicizia tra i protagonisti:

indipendentemente dalle minaccevoli incombenze, hanno come monito il sentimento di appartenenza l’uno all’altro; un grado di devozione e interconnessione che supera qualsiasi presupposto spaziale e temporale, una fedeltà indiscussa e intramontabile. 

L’azione è sempre devoluta tramite catene di cause ed effetti scaturite dallo spirito collaborativo, dalla sfida plurale contro una nemesi al singolare. Pure dinanzi alla sconfitta, grazie proprio all’inconfutabilità di questo cuore emotivo pulsante (come lo stesso Will, interpretato da Noah Schnapp, afferma in una scena dell’ultima puntata), noi che guardiamo ci sentiamo comunque appagati. 

Stranger Things, con un registro di poche parole, fa tesoro di un insegnamento che nasce con la tenera età, cresce e matura in concomitanza ai personaggi e ne fuoriesce come una promessa ancora vivida e fondamentale senza vergogna alcuna.

Il cambiamento forse più evidente della stagione è dovuto al fatto che, coerentemente con l’avanzare dell’età dei protagonisti, le loro avventure vengono narrate con molte meno remore dal punto di vista dell’orrore esplicito. Certe scene sono vero e proprio horror, con spargimento di sangue, jumpscares ed espedienti tipici del genere: essendo cresciuti anche gli spettatori che seguivano la serie dagli albori, i fratelli Duffer hanno potuto prendersi maggiore libertà senza sentirsi la responsabilità di deviare bambini. 

Oltre alla maggiore quantità di scene pesanti da digerire, la serie ha un vocabolario molto più adatto ad un pubblico di giovani adulti.

Si parla per la prima volta esplicitamente di sesso e desiderio, i problemi che i protagonisti si trovano ad affrontare sono diversi da quelli della preadolescenza e la serie li mostra senza veli.

Particolarmente centrale è la riflessione sulla salute mentale, un argomento spesso sottovalutato nei racconti che hanno come sfondo l’adolescenza, ma che questa serie ha scelto di presentare in maniera molto efficace, merito anche di un cattivo “coi fiocchi”: Vecna infatti è, come Undici, in grado di entrare nella mente. Così i pensieri più intimi e tenebrosi di alcuni dei personaggi vengono manipolati per farli cadere trappole della loro stessa mente, prima che dell’antagonista. 

La prima a cadere nel tranello è la ragazza più bella del liceo: amata da tutti, cheerleader, felicemente fidanzata e piena di amiche. Chrissy sembra essere il sogno di ogni ragazza, eppure soffre da anni di un disturbo alimentare. Mostrando le vicende delle vittime di Vecna, la serie offre un ventaglio di esempi che mostrano le diverse sfaccettature dei traumi e della salute mentale negli adolescenti.

Così vi è chi ha nascosto il segreto sotto al tappeto e ha passato la vita cercando di negarlo, chi ci convive ogni giorno, chi si chiude in sé stesso perché convinto di meritarselo. 

La bellezza di questa serie non sta solo nell’avventura di per sé, ma è sempre stata anche nella capacità dei protagonisti di far sentire chiunque parte del gruppo.

Anche in questa stagione, i fratelli Duffer vogliono far sapere al loro pubblico che l’esclusione e la solitudine sono sentimenti comuni a tutti e che quei problemi che si pensa ci rendano paria sono molto più condivisibili di quanto non si pensi. 

L’attenzione al far sentire tutti rappresentati si evince anche dalle sempre maggiori scelte in termini di inclusività: una serie ambientata negli Stati Uniti del Sud anni ’80 non permette di spaziare esageratamente in termini di cast inclusivo, ma Stranger Things è uno dei pochi prodotti Netflix in cui i personaggi non bianchi non hanno un ruolo secondario o sono privi di carattere e le relazioni omosessuali vengono presentate in modo realistico e non risultano forzate.

Il miglior esempio di ciò è Lucas, che nelle prime puntate appare spento e insignificante, e diventa poi il perno della vicenda negli ultimi capitoli insieme alla grintosa sorella Erica. Sarà l’unico che può mediare con Jason, far proseguire il piano da cui tutti dipendono e osservare le alterazioni di Max (Sadie Sink), senza mai mollare. 

Da sinistra Lucas (CalebMcLaughlin), Max (Sadie Sink), Steve (Joe Keery), Dustin (Gaten Matarazzo)

Diverse critiche hanno visto in Undici un esempio di pessima evoluzione del personaggio femminile in possesso di poteri soprannaturali:

sostenendo che la trama faccia pensare che sia necessario prima “espiare” tramite una serie di traumi imposti il proprio peccato, meritarsi il proprio potere. 

Questa critica sembra però immotivata in questo caso: il tema del bullismo e della stigmatizzazione del diverso sono sempre stati centrali nella serie, coerentemente con la scelta di ambientarla in anni in cui vi era un estremo rigore in termini di status quo. È in ogni caso impossibile pensare che una ragazzina che ha vissuto gran parte della sua vita in un laboratorio sia in grado di integrarsi perfettamente in tutte le situazioni sociali e che non risulti mai “strana”.

Le scene in cui Undici viene trattata male non risultano, ai nostri occhi, forzate, ma molto coerenti con la presentazione del decennio forse più ipocrita della storia, in cui non vi era ancora nessuna attenzione alle dinamiche del bullismo e in cui il diverso non veniva contemplato all’interno della disposizione piramidale della società. 

Mike (Finn Wolfhard), Undici (Millie Bobby Brown), Will (Noah Schnapp)

Nonostante l’entusiasmo generale per questa nuova stagione, essa non è esente da critiche fondate. La lunghezza degli episodi, soprattutto degli ultimi due capitoli, è esagerata: la trama non richiede così tanto tempo per svolgersi, molte scene sono ripetitive e soprattutto ciò non permette di mantenere l’attenzione come sperato. 

Il numero di personaggi intrecciati tra loro crea una confusione enorme, non permette di empatizzare con ognuno quanto richiesto e persino le scene di morte rischiano di sembrare soltanto escamotages inutili.

La scelta di sacrificare il personaggio di Eddie è francamente ripetitiva e insensata.

Fin dall’inizio evidentemente uno dei preferiti del pubblico, esattamente come tutte le altre vittime delle precedenti stagioni, si sacrifica di sua spontanea volontà per far guadagnare sì e no pochi secondi a personaggi che avevano ben altro da sbrigare. 

In una stagione piena di colpi di scena e con diversi piani spaziali in cui sono collocati i personaggi e soprattutto nuove apparizioni, far comparire un personaggio per una manciata di puntate per poi farlo sacrificare in questo modo risulta confusionario.

Era necessario il momento strappalacrime forzato quando ci sono già così tanti motivi per cui piangere? Ciò ha inoltre dato vita a un turbine di cospirazioni di fans che non ne accettano la morte e pregano per una sua ricomparsa nella prossima stagione. Facciamo parte anche noi di questi? Forse. 

Dopo un’altalena di emozioni non ci resta che attendere qualche anno per l’uscita della prossima stagione, la quinta e ultima, della migliore serie Netflix del decennio. Stranger Things cattura anche chi ama poco il fantasy o l’horror, lascia col fiato sospeso, fa sognare ad occhi aperti.

Di certo non avremo mai mostri del Sottosopra da combattere, ma avremo sempre la speranza di trovare degli amici al nostro fianco, pronti ad affrontare ogni nuova sfida insieme. Un prodotto eccezionale, frutto di due menti geniali: è molto difficile pensare che dopo la sua conclusione possa arrivare qualcosa di questo genere, altrettanto ben fatto. 

Giulia Scolari
Scienziata delle merendine, chi ha detto che la matematica non è un’opinione non mi ha mai conosciuta. Scrivo di quello che mi piace perché resti così e di quello che odio sperando che cambi.
Matilde Elisa Sala
Studio Lettere, mentre aspetto ancora la mia lettera per Hogwarts. Osservo il mondo con occhi curiosi e un pizzico di ironia, perdendomi spesso tra le pagine di un buon libro o le scene di un film. Scrivo, perché credo che le parole siano lo strumento più potente che abbiamo.
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Di Milano. Studio international politics, law and economics, nasco nel 2001 e ho il callo sull’anulare per la pressione della biro sin dalla prima elementare. Elogio la nobile virtù dell’ascolto reciproco. Scrivo per legittima difesa, il piacere personale è poi accessorio.

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