
La vulvodinia è un disturbo, generalmente descritto come bruciore, fastidio o dolore all’ingresso della zona genitale femminile, che interessa la vulva e che infiamma le sue terminazioni nervose. Può interessare donne di tutte le età, dall’adolescenza alla menopausa; secondo la rivista Nature, ne soffre il 10% della popolazione femminile. Può presentarsi come sporadica e collegata con altri disturbi (cistite, vaginite, candidosi) ma, talvolta, può diventare cronica, rendendo difficile ed estremamente doloroso anche solo indossare un paio di pantaloni attillati. Nonostante ne soffra almeno una donna su sette, è una sindrome poco conosciuta e difficilmente diagnosticata, soprattutto perché moltissimi specialisti non sono in grado di riconoscerla: spesso le pazienti impiegano anni per poter ricevere una diagnosi.
Nell’ottobre 2021 si è svolta una manifestazione in 20 città italiane per il riconoscimento delle sindromi invisibili dolorose, tra cui la vulvodinia.

Dopo le manifestazioni, un gruppo di pazienti, attiviste e medici ha presentato una proposta di legge per il riconoscimento della vulvodinia come malattia cronica invalidante, affinché essa venga inserita nei livelli essenziali di assistenza del Sistema Sanitario Nazionale (attualmente, le spese per le cure gravano solamente sulle pazienti, senza alcuna agevolazione); i costi proibitivi e la mancanza di strutture adeguate spesso rendono l’accesso alle cure un privilegio riservato a poche.
La difficoltà nel reperire uno specialista formato in materia porta a numerosissime visite di controllo, rimbalzi da un ginecologo all’altro che, in numerosi casi, sminuisce, non crede o sottovaluta i sintomi, non comprendendoli appeno e mettendoli a tacere ritenendoli una condizione transitoria, mettendo “una pezza” senza risolvere il problema alla radice, liquidandoli come un qualcosa di psicosomatico, forse anche a causa di pregiudizi culturali.
La diagnosi, se individuata, può avvenire dopo anni e anni di tentativi, di cure inefficaci e di ricerche di una malattia non ancora considerata come tale. Anche se ancora non si conoscono le sue cause effettive, sembrano esserci alcuni fattori scatenanti, come traumi e abusi, sport, detergenti intimi.
Così come è difficile circoscrivere una causa, altrettanto complesso è trovare una cura che funzioni per tutte.
L’unione di associazioni, gruppi di supporto di donne con vulvodinia ha portato alla nascita di una forte campagna di sensibilizzazione in merito, per eliminare gli stigmi e i tabù in merito al dolore, fisico e psicofisico, che deriva da questa sindrome, spesso sminuita, sottostimata e contornata da stereotipi e false credenze, soprattutto perché connessa alla sfera sessuale (i fastidi, spesso ma non necessariamente, possono insorgere dopo dei rapporti; ma possono presentarsi anche solamente indossando un paio di jeans).
Il dolore non nasce dalla testa delle pazienti, non è vero che “se non si vede nulla, vuol dire che non hai nulla”, non è solo colpa dello stress, non basta cambiare partner né vivere la situazione con più leggerezza. Non è accettabile il doversi sentire sbagliate perché si prova un dolore che non viene riconosciuto da nessuno, arrivando al punto di non sentirsi invalidate, sbagliate, incapace di soddisfare un partner, a non sentirsi una “vera donna”
Il dolore esige di essere ascoltato, compreso e curato. Sempre.
Sorprendentemente delicato e potente allo stesso tempo è il messaggio lanciato dal video della regista romana Angela Tullio Cataldo tramite Internazionale (qui visionabile) perché, con estrema precisione e chiarezza, senza indorare la pillola, mostra uno spaccato di realtà fatto, da una parte, della sofferenza nella ricerca di una cura e del giusto riconoscimento circa la vulvodinia; dall’altra, di speranza e sostegno reciproco nella sensibilizzazione e nella creazione di consapevolezza intorno alla malattia. Le testimonianze, numerose e toccanti, mettono in luce la necessità di comprendere, curare e supportare la sofferenza invisibile che accomuna tutte le donne interessate da vulvodinia, affinché venga considerata alla pari di altre sindromi già riconosciute in quanto tali.
Nel dicembre 2021 il parlamento ha bocciato l’istituzione di un fondo per la ricerca e la formazione sulla vulvodinia. Nella primavera 2022 la proposta di legge per il riconoscimento, firmata da tutti i gruppi parlamentari, è stata depositata alla Camera e al Senato. La speranza è quella che, in un prossimo futuro, questa sofferenza invisibile abbia il riconoscimento che merita e permetta a tutte di accedere alle cure necessarie.