Provate ad immaginare qualcosa, qualsiasi cosa possa venirvi in mente, e provate a descrivere quello che pensate a parole, come se doveste scrivere un libro. Adesso immaginate di poter comunicare questa vostra descrizione a qualcuno che in pochi secondi vi restituisca una raffigurazione grafica di quello che avete pensato. Ecco, questo è quello che le nuove intelligenze artificiali per la rappresentazione grafica permettono di fare.
Potenzialmente si potrebbe raffigurare qualsiasi cosa ci venga in mente: da come potrebbe essere stato il primo umano comparso sulla Terra a come potrebbe essere l’interno di un buco nero (anche se questo potrebbe essere leggermente più complicato); da come Basquiat avrebbe potuto raffigurare la fine del mondo a come sarebbero potuti essere dei disegni di da Vinci se avesse pensato di progettare delle navicelle spaziali. Prima di lasciare la nostra fantasia libera di correre occorre, però, sapere qualcosa di più riguardo all’ia (intelligenza artificiale) che permette alla nostra immaginazione di trovare una rappresentazione. Prima di tutto, nonostante quasi tutti possano dire di essere familiari con il concetto di ia, potrebbe servire ripetere cos’è:
un ia è, restando vicini al senso comune, un sistema informatico – intendendo l’unione sia di sistemi hardware che software – capace di avere prestazioni che si riterrebbero proprie solo dell’intelligenza umana, come pensare razionalmente o in modo analogo a quello umano.
Ora, quello che una ia grafica è in grado di fare similmente all’essere umano è creare rappresentazioni concrete partendo da descrizioni testuali; un esempio potrebbe essere: “viaggi ai limiti dell’universo”. Quindi, come funziona un’ia grafica?
Affinché un generatore di immagini possa rispondere alla grande varietà di indicazioni che gli si possono dare occorrono centinaia di migliaia di dati a cui poter aver accesso. Questi dati sono immagini in rete alle quali è associata una descrizione testuale; ad esempio: sarebbe associata ad un’immagine di due stelle la didascalia “stelle fotografate dal telescopio Hubble”, e la ia attingerebbe a questa informazione.
Semplificando molto il discorso, le ia grafiche, attraverso un processo chiamato “deep learning” che qui non approfondiremo, arrivano a distinguere e riconoscere cosa effettivamente un’immagine in rete rappresenta. Con queste informazioni la macchina può, partendo da una descrizione dell’utente, generare una rappresentazione.
Adesso che si è parlato di come funziona una ia grafica, si intuisce come si inserisca nel contesto culturale e sociale. Il ruolo che pian piano sta arrivando ad occupare è da sempre stato occupato da illustratori e creativi. La paura che la macchina possa rimpiazzare l’umano in questo campo non è mai stata così sentita, visti i risultati stupefacenti che si ottengono con il suo utilizzo e l’effettivo tempo di attesa che ci mette a creare una rappresentazione, ovvero pochi secondi. Tralasciando, però, la questione dell’efficienza della macchina – che non è ottenibile per limiti fisici dall’essere umano – ci si chiede se quest’ultima possa anche sostituire l’essere umano nel processo creativo.
Infatti, la ia, proprio come un illustratore, può arrivare a creare una rappresentazione partendo da una descrizione; e, in quanto capace di creazione, potrebbe – come è successo alla Colorado State Fair Fine Arts Competition – diventare un elemento importante del mondo artistico, non solo come strumento, ma, forse in futuro, come partecipante.
Nonostante questa capacità, permangono molti dubbi sull’utilizzo dell’ia e se quello che faccia possa effettivamente essere considerato arte. Questo perché, nonostante l’ovvia e ormai provata capacità di essere un valido strumento artistico, ancora non si ritiene capace, come l’essere umano, di sviluppare un processo creativo che possa essere effettivamente definito tale.
Ora, si intuiscono le grandi potenzialità che le ia grafiche potrebbero avere: dall’essere strumenti in mano a creativi ed artisti, agli aiuti che potrebbero dare in campi medici (di aiuto a pazienti e dottori). Inoltre, questo strumento ha anche il grande pregio di essere stato aperto al pubblico.
Midjourney, per esempio, è una ia grafica accessibile a chiunque lo desideri. Purtroppo, però, questa tecnologia non ha solo risvolti positivi, ma anche profondamente negativi e controversi.
Le ia hanno accesso a spropositate quantità di immagini e dati che però non “sa” come propriamente filtrare o interpretare, in quanto non hanno lo stesso significato che avrebbe per un essere umano. Quello che la macchina “vede” sono strisce di dati che ha “imparato” ad analizzare. Visti questi limiti, le ia potrebbero essere usate per generare rappresentazioni a temi violenti o ingiusti, nonché falsi di ogni tipo.
Inoltre, essendo spesso le descrizioni associate ad immagini sulla rete (come abbiamo visto prima) molto semplici, si rischia di cadere in pregiudizi razziali o di genere – come ha provato la ricerca Multimodal datasets: misogyny, pornography, and malignant stereotypes di Birhane, Kahembwe, Prabhu: usando la parola “asiatico/a” venivano trovate prevalentemente immagini pornografiche.
Giunti alla fine possiamo tirare le fila del discorso. Come la fotografia e il cinema ai loro tempi furono concepite come non-arte così anche per le ia grafiche i dubbi rimangono numerosi: dal considerare arte o meno quello che produce alla possibilità di ricadere in stereotipi e pregiudizi nella creazione di immagini. Nonostante questi dubbi, però, le potenzialità di questa nuova tecnologia sono immense. Siamo in un viaggio con l’ia che potrebbe cambiare il nostro modo di concepire la creatività, di percepire la nostra cultura e questo potrebbe avere conseguenze più o meno buone. Rimane nostra responsabilità guidare la ia in un percorso che la possa rendere strumento positivo in grado di affiancare l’essere umano.