Del: 19 Settembre 2022 Di: Jessica Rodenghi Commenti: 1
Il colonialismo represso degli inglesi

Sono passati soltanto pochi giorni dalla morte della regina Elisabetta II e il mondo non potrebbe esser vestito più a lutto. Giungono messaggi di condoglianze e vicinanza alla famiglia reale da personalità di spicco, persone comuni, sudditi a cui mancherà la regina che amava i corgi. Ma è davvero tutto così favolistico?

Indubbiamente la morte di una persona è un momento di lutto, che ognuno sceglie di vivere a proprio modo. In questo caso, però, la defunta non era una donna qualsiasi.

Ad un occhio esterno può sembrare che la corona inglese non abbia molte funzioni, se non quella prettamente simbolica di unità della nazione. Non è esattamente così. Il Regno Unito è una monarchia parlamentare, significa che i ruoli del potere esecutivo sono divisi fra il monarca ed il parlamento, che è l’espressione diretta della volontà del popolo. Ad ogni modo, il sovrano nomina il primo ministro, è a capo delle forze armate e può rigettare le leggi del Parlamento. Un ruolo più che simbolico, a questo punto. La figura che è stata trascinata per anni nei social media, sino addirittura ad avere una serie tv che la raffigurasse, in realtà ha da sempre una posizione politica importante. È da secoli che alcune delle funzioni non vengono espletate, come ad esempio il veto sulle leggi in Parlamento, ma ciò non implica la regressione del monarca ad un ruolo soltanto simbolico.

Al momento il Regno Unito è in lutto, l’atteggiamento generale è quello del dispiacere e delle condoglianze, meno spesso si sentono critiche verso la defunta regina. Un’eccezione è fatta per chi non crede più nella monarchia come forma di governo. Le proteste provengono da una parte di popolazione inglese che vuole la democrazia, eleggendo il proprio primo ministro e non permettendo che una carica con un potere così grande sia tramandata in senso ereditario. L’hasthag è #notmyking e lo possiamo vedere nei cartelli fuori dal palazzo del governo di Londra.

A dire il vero le criticità di questa monarchia hanno delle radici profonde e risalgono a molto prima di Elisabetta II. La storia parla chiaro, infatti: la monarchia inglese è intrecciata con il colonialismo da secoli. Dal 1500 in poi la casata reale ha beneficiato della tratta degli schiavi, ossia persone che venivano prelevate dalla propria terra d’origine nel continente africano e successivamente venivano scambiate con delle merci, spesso in America latina.

Parla chiaro la professoressa e ricercatrice americana Uju Anya quando dice che la corona inglese è fatta di diamanti sporchi di sangue, così come il suo trono, riferendosi alla defunta regina.

Per quanto ci si voglia raccontare che Elisabetta II sia stata una signora gentile, pacata e tranquilla, la storia della sua famiglia è costruita su un impero che ha sfruttato, colonizzato e ucciso per ottenere il benessere di cui ora è destinataria. Ci sono prove, fonti e testimonianze che verificano tutto questo.

Tra il 1899 e il 1902 prendeva luogo quella che poi si definirà guerra anglo-boera, una contesa fra inglesi e boeri (i coloni olandesi) per ottenere il Sudafrica. I boeri erano i primi colonizzatori di quei luoghi e si erano già stanziati da due secoli, ma le ricche miniere d’oro della regione, unite alla sfida coloniale tedesca, erano un punto d’appiglio per lo scontro.

Le battaglie durarono a lungo e gli inglesi istituirono i primi campi di concentramento, in cui morirono più di 26.000 civili, sia boeri che indigeni. Dall’altro lato i boeri utilizzarono la tattica della terra bruciata, ossia distrussero case, fattorie ed insediamenti per raggiungere gli inglesi. Al termine della guerra gli inglesi ottennero il controllo del Sudafrica e i boeri rimasero una minoranza nel territorio. Furono anni di distruzione per le popolazioni, che vedevano giungere di continuo colonizzatori con idee sempre nuove su come loro avrebbero dovuto vivere la propria vita.

Anche in Kenya la corona inglese ha avuto un ruolo di dominatore coloniale.

Già agli inizi del 1900, gli inglesi possedevano la maggior parte del territorio, fatta esclusione per alcune piccole zone rurali, che si diceva venissero lasciate agli indigeni. La realtà era che gli altipiani, terreni fertili e rigogliosi, erano già stati presi dagli inglesi.

Da quel momento in poi gli inglesi governarono il Kenya come tutte le altre colonie, quindi sfrattando (e sfruttando) chi era nato in quei luoghi, rubando le terre altrui per gestirle a proprio piacimento. E non manchiamo di dimenticare le torture subite. Molti contadini furono scacciati dalle proprie abitazioni, per diventare manodopera a basso costo nelle piantagioni.

In seguito, anche se lentamente, qualcosa sembrò cambiare nell’animo della popolazione locale. Il malcontento verso i colonizzatori britannici portò alla creazione di una società segreta detta “Mau-Mau”, in maggioranza composta da agricoltori di etnia Kikuyu, senza che si trattasse soltanto di un movimento etnico. Le loro azioni, inizialmente, erano infatti distruttive verso le fattorie dei coloni, che venivano bruciate e i cui animali da allevamento e persone venivano uccise. I britannici misero una stretta sui controlli ai locali, ma le azioni dei Mau-Mau si moltiplicavano. Anche se erano spinti da desideri di autodeterminazione e di libertà dallo schiavismo, queste persone avevano un equipaggiamento bellico inferiore a quello inglese e per questo motivo la ribellione terminò nel 1956.

Ci furono più di 10.000 morti tra i Mau-Mau, migliaia di arresti e più di 100mila persone confinate in campi di prigionia in condizioni disumane. Per essere più specifici si tratta di torture, stupri collettivi, trattamento forzati con l’elettroshock, pestaggi, impiccagioni. A detta degli inglesi erano atti eroici per contrastare il terrorismo e rieducare. Ai soldati si raccontava che i nemici erano dei cannibali feroci, più simili ad animali che ad esseri umani e per questo bisognava farli estinguere.

Ad oggi esistono testimonianze di questi fatti, perché esistono dei sopravvissuti che hanno deciso di parlare. La corona inglese, invece, aveva dato ordine di distruzione dei documenti riguardanti il proprio passato coloniale. Ad esempio, John Nottingham, funzionario britannico in Kenya, aveva dichiarato di aver ricevuto “l’ordine di distruggere tutti i documenti che anche lontanamente riguardavano i Mau Mau […] sapevo che altri funzionari avevano ricevuto e obbedito a simili ordini.” Il passato coloniale non può essere cancellato con la distruzione di pile di documenti. Le persone ricordano e non dimenticano nemmeno come la defunta regina Elisabetta II non abbia mai chiesto scusa per un passato pieno di massacri, su cui si ergono le abitazioni ed il lusso reale.

Jessica Rodenghi
Jessica, attiva nel mondo e nelle società, per fare buona informazione dedicata a tutti e tutte.

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