Del: 12 Ottobre 2022 Di: Silvia Natoli Commenti: 0
Da rileggere per la prima volta. Libro dell'Inquietudine

A volte capita che molte persone si ritrovino a leggere un determinato libro e che, così facendo, rilevino la medesima specifica sensazione, la stessa che si prova quando prende avvio quel processo di riconoscimento tipico di quando ci si guarda allo specchio. Può capitare, poi, che nella lettura ci si riscopra addirittura guardati a propria volta e che la netta separazione tra chi osserva e chi è osservato diventi così sottile da risultare impercettibile.

E allora, soprattutto se nel pubblico questo processo si svolge in tempi e luoghi diversi, alle opere che riescono a produrre questo effetto nei lettori, capita quello che è accaduto al Libro dell’Inquietudine di Fernando Pessoa: che diventino dei veri e propri capisaldi della letteratura internazionale.

Bernardo Soares, protagonista e voce narrante dell’opera, è un semplice contabile di Lisbona sulla trentina, un uomo dal volto pallido su cui aleggia perennemente un’indefinibile aria di sofferenza, la cui occupazione principale è osservare la vita dalla finestra della ditta di tessuti in cui lavora e annotare quasi maniacalmente sul suo diario riflessioni, memorie, meditazioni, vaneggiamenti. Cruciale, per la piena comprensione del personaggio, è proprio una delle sue tante considerazioni:

Io non ho fatto altro che sognare. È stato questo, e solo questo, il senso della mia vita […]. Non ho mai concesso attenzione a coloro che mi parlavano della vita. Sono appartenuto solo a ciò che non esiste dove io esisto e a ciò che non ho mai potuto essere […]. Non ho mai chiesto altro alla vita se non che mi passasse accanto senza che io la sentissi. […] La mania di creare un mondo falso mi accompagnerà ancora, e mi abbandonerà soltanto alla mia morte.

In una lettera viene definito da Pessoa come un suo semi-eteronimo, poiché la sua personalità è una mutilazione di quella dell’autore, che inoltre dichiara: «sono io senza il raziocinio e l’affettività».

Privo di queste caratteristiche Soares appare, dunque, come il prototipo dell’inetto a vivere, figura estremamente popolare nella letteratura europea del Novecento.

Egli è un individuo dimesso, umile, privo di anagrafe che osserva un mondo che gli appare precluso e incomprensibile; perennemente in lotta con se stesso, la sua esistenza oscilla tra il tedio e l’angoscia e non esita a darne testimonianza nei vari scritti che compongono ’opera.

Pubblicato per la prima volta in Portogallo nel 1982 sotto la responsabilità organizzativa di Jacinto do Prado Coelho, il Libro dell’Inquietudine è, infatti, composto da più o meno un centinaio di documenti riuniti in nove buste appartenenti al molto più ampio Fondo Pessoa. Le prime cinque contengono materiale lasciato dall’autore stesso con l’indicazione autografa Libro dell’Inquietudine, mentre le restanti presentano testi attribuiti dagli studiosi del Fondo al progetto pessoano dell’opera.

Viene definito per questo un libro del tutto ipotetico.

Ad esso non soggiace alcun criterio organizzativo da parte di Pessoa, il quale non dichiara esplicitamente la destinazione di gran parte dei testi né fornisce alcun tipo di riferimento temporale che permetta di una qualunque ricostruzione interna del libro. Si tratta, quindi, di un grandioso zibaldone di pensieri, la testimonianza di un’esistenza trascorsa tra la vita e la coscienza stessa, fra il reale osservato e il reale riprodotto nella descrizione letteraria.

Silvia Natoli
Studentessa al secondo anno di editoria. Bevo tanti caffè, leggo molti libri, dormo poco e mi interesso principalmente di letteratura, storia e politica.

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