Del: 28 Ottobre 2022 Di: Luca Pacchiarini Commenti: 0
Da rivedere per la prima volta: Funny Games (U.S. Version)

L’incubo più grande. La paura che più fa tremare perché possibile: degli estranei in casa che voglio divertirsi uccidendo. Questo è ciò che si prova guardando il capolavoro di Michael Haneke del 2007. Remake shot-for-shot dell’omonimo film austriaco del 1997 diretto sempre dallo stesso Haneke, Funny Games racconta di una normale famiglia costretta a subire le torture psicologiche e fisiche di due ragazzi che, con un pretesto banale, sono entrati in casa.

Sicuramente non un film per tutti, la spietatezza con cui mostra ciò che accade costringe lo spettatore a incassare non pochi pugni in pancia.

A cominciare dal senso di impotenza che i membri della famiglia provano: Tim Roth, Naomi Watts interpretano perfettamente i loro ruoli di padre e madre che, di fronte ad una violenza del tutto irrazionale nei loro confronti, si trovano impreparati, disarmati. Sono sconvolti davanti ai due torturatori: incarnati perfettamente da Michael Pitt e Brady Corpet, Paul e Peter sono due ragazzi dal bell’aspetto, visi tranquilli con la voglia di ultraviolenza e che, fin dalla prima loro comparsa, si dimostrano fastidiosi.

Michael Pitt in Funny Games

Non casualmente questi personaggi sono scritti per essere irritanti, dal loro aspetto di ricchi bamboccioni viziati al modo di comportarsi, sono fatti per essere odiati così che, quando loro avranno un totale potere sulla famiglia, il senso di frustrazione che si prova è ancora più grande: si vorrebbe entrare nello schermo e picchiarli ma, come loro stessi senza timore ci dicono, non possiamo farlo e la violenza deve andare avanti.

L’orrore è grande perché tutto ciò che accade, in tutta la sua violenza psicologica e fisica, è spaventosamente reale:

non ci sono creature, fantasmi o mostri sovrannaturali, ma qualcosa che fa paura perché può succedere e, come quasi sempre nella realtà, non ci sono forze esterne che aiutano i torturati o rivincente possibili. Ma Haneke non sarebbe uno dei migliori registi viventi se si limitasse a fare un horror che funziona benissimo, le numerose riflessioni che fa in Funny Games ne fanno un autore di profondo spicco e capacità uniche.

Tecnicamente la pellicola è di una qualità rara, diretta con fredda eleganza asettica che contrasta con l’orrore che trasmette, viene così evidenziata la crudeltà ragionata e irrazionale. Questo viene fatto con un sapiente uso della fotografia che esalta i bianchi, spesso molto accesi che quasi abbagliano, da movimenti di macchina raffinati e molto curati (non pochi i piani sequenza) e ovviamente dai dialoghi, per esempio Paul e Peter che anche nei momenti più terribili, non smettono mai di usare il lei.

Un particolare di una scena del film

Inoltre, la scrittura della pellicola è intelligente e furba, le speranze vengono ogni volta costruite e demolite davanti allo spettatore, giocando con i codici soliti della cinematografia fino a quando, dopo una scena che deve rimanere nella storia della storia del cinema, si va a schernire il film stesso, annullando tutto ciò che si è visto rendendo impossibile lo sperare di sperare in possibili finali positivi. Questa scena non può essere spoilerata, il significato dell’operazione intellettuale di Haneke è tutto riassunto lì.

Il regista vuole farci riflettere sulla violenza che vediamo, sulle scelte imposte, su come l’io venga snaturato fino a diventare disperazione e poi nulla.

Riflette sul cinema stesso come strumento di ricerca, arte che sconvolge quando ragionata e invece critica la violenza fine a sé stessa o fatta grossolanamente per provocare facilmente qualcosa, anche meta cinematograficamente (e in questo sono perfette due immagini nel film: la tv accesa che si sporca di sangue, metafora della violenza quotidiana che i media con molta facilità devono trasmettere; anche la capacità, grandissima e molto rara del regista, di rendere la violenza che si vede sempre penosa, mai e poi mai attrae o la si vuole guardare in quanto affascinati dall’eccesso).

Tuttavia, queste sono solo alcune citazioni dei temi principali di Funny Games, una pellicola che può sconvolgere profondamente in cui, dietro a ogni scelta, vi si trovano motivazioni profonde, opera che qualsiasi cinefilo dovrebbe vedere ma che, soprattutto ora con Halloween alle porte, può essere apprezzata da chiunque. L’angoscia che provoca è difficilmente riscontrabile in altri film, tale elemento è poi inserito in una profonda riflessione filosofica mai banale ma sorprendentemente approfondita.

Luca Pacchiarini
Sono appassionato di cinema e videogiochi, sempre di più anche di teatro e letteratura. Mi piace scoprire musica nuova e in particolare adoro il post rock, ma esploro tanti generi. Cerco sempre di trovare il lato interessante in ogni cosa e bevo succo all’ace.

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