Del: 24 Ottobre 2022 Di: Redazione Commenti: 0

Più di tutte, in termini di agevolazioni ed esenzioni, spicca nel nostro ordinamento l’impresa agricola. Un microcosmo caratterizzato da una disciplina unica, che pone il beneficiario di tale qualifica in una condizione di assoluto privilegio.

La qualifica, è la pietra angolare su cui poggia il complesso normativo preposto al controllo delle attività commerciali: al suo acquisto segue l’attivazione di disposizioni specifiche, coerenti con le funzioni e le finalità dell’impresa esercente. Essa è presupposto necessario per l’appartenenza al genus di imprenditore (art. 2082 c.c.) – “colui che esercita professionalmente un’attività economica organizzata, al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi” –, una figura sottoposta ad un regime ad hoc, lo Statuto generale. Questo, sebbene sia fornito di una schiera di norme relativamente vantaggiose – che possiamo chiamare per semplicità “parte vantaggiosa” –, determina altresì dei provvedimenti, – la c.d. “parte svantaggiosa” (contenuta anche nel Codice della crisi d’impresa) – la cui attuazione può avere per il soggetto titolare dello status di imprenditore delle conseguenze estremamente significative.

La prima distinzione all’interno di tale figura riguarda la natura dell’attività esercitata, a seconda che sia commerciale o agricola, si distingue: l’imprenditore commerciale, disciplinato dagli articoli 2195 c.c. e ss. (ma anche in numerosissime leggi speciali a seconda della partizione di specificazione), e quello agricolo (nozione da estendere all’allevamento, l’attività di pesca professionale e l’acquacoltura, ma anche alle cosiddette attività connesse ai sensi dell’art. 2135 c.c.) che trova esaurimento negli articoli 2135 e ss. del Codice civile. Il valore della distinzione attiene, come sempre, alla disciplina applicabile. Per comprendere le motivazioni che hanno portato alla previsione di una legislazione separata – quella riservata all’impresa agricola – risulta di fondamentale importanza, ai fini comparativi, una preliminare digressione sulla normativa applicabile all’imprenditore commerciale. L’imprenditore commerciale, oltre a costituire una impresa avente le caratteristiche che la distinguono da qualsiasi altra forma di attività (quelle enunciate all’art. 2082 c.c.), deve rispettare alcuni obblighi di natura burocratica e adempiere ad alcune normative ad esso riservate. In particolare, per avviare una attività, è necessaria per prima l’iscrizione al Registro delle Imprese.

Con l’iscrizione, il soggetto titolare assume la qualità di imprenditore, rendendosi passibile dell’applicazione di tutte le disposizioni di diritto Commerciale che lo contraddistinguono.

Infine, si rendono necessarie ulteriori azioni per l’adempimento dei doveri fiscali, una tra le tante, la tenuta delle scritture contabili: obbligo non disposto per il piccolo imprenditore o l’autonomo professionista (soggetti appartenenti ad ordini professionali, la cui funzione consiste nel garantire al cittadino la qualità del servizio erogato).

L’imprenditore agricolo (art. 2135 c.c. e ss.) è invece sottoposto solo alla disciplina prevista per l’imprenditore in generale (art. 2082 c.c.), ed è esonerato dall’applicazione delle norme appena enunciate, prevista per le sole attività commerciali; di qui la tradizionale affermazione: “la nozione di imprenditore agricolo assume un significato di tipo negativo, in quanto funzionale alla non applicazione di una certa disciplina” (dagli autori Gaetano Presti e Matteo Rescigno). Esso, acquistato lo status con l’iscrizione al Registro delle imprese, vede riconoscersi una serie di agevolazioni ed esenzioni di matrice giuridica e fiscale. Quanto al favor di diritto, si può sinteticamente affermare che all’imprenditore agricolo è applicata solamente la “parte vantaggiosa” del diritto delle imprese. Questi infatti è considerato un soggetto non fallibile al pari di un libero professionista.

Il fallimento è una procedura concorsuale liquidativa (riservata alle imprese commerciali) che interviene quando un’impresa entra in un accertato periodo di crisi.

Attraverso esso, l’amministrazione dell’intero impianto aziendale passa ad un curatore fallimentare – nominato dall’autorità giudiziaria – adibito allo spossessamento di tutti i beni dell’impresa (esclusi solo quelli di natura strettamente personale), con lo scopo di soddisfare le pretese degli eventuali creditori. Il fallimento è una procedura estremamente gravosa, che porta con sé conseguenze personali, processuali ma anche penali (si pensi al reato di bancarotta), occorre allora domandarsi: “quali sono le ragioni che hanno spinto il legislatore ad introdurre un trattamento privilegiato?” I principali motivi sono di matrice storica e attengono alla tipologia di attività esercitata. Poiché il proprium dell’attività agricola è il nesso con il ciclo biologico di una specie animale o vegetale, l’esonero dallo statuto di imprenditore commerciale può esser visto sia come forma di incentivazione per attività del settore primario, che come meccanismo di compensazione per attività che, avendo oggetto materia vitale (e non inerte), sono sottoposte ad un surplus di rischio rispetto alle altre imprese.

Un’altra distinzione sul profilo del diritto riguarda la non applicazione delle norme sulla rappresentanza commerciale (artt. 2203-2213 c.c.), concernenti la possibilità per l’imprenditore commerciale di valersi della collaborazione di altri soggetti (institori, procuratori e commessi) volti ad agevolare e a rendere più efficiente la conclusione dei negozi giuridici aziendali.

Quanto invece al favor fiscale, per l’imprenditore agricolo non è previsto l’obbligo di tenuta delle scritture contabili, nonché numerose agevolazioni ed esenzioni tributarie. Quanto alla contabilità, i piccoli imprenditori agricoli con un volume di affari inferiore a 7000,00 euro sono esonerati da qualsiasi obbligo contabile e dichiarativo (regime di esonero IVA e IRAP). L’unico adempimento a cui sottostare è la conservazione e la numerazione progressiva di tutte le fatture di acquisto ricevute. Inoltre, nel 2004 con il d.lgs. 99, è stata introdotta la nuova qualifica di imprenditore agricolo professionale (IAP), per coloro che siano in legittimo possesso di alcuni requisiti accertati dalle Regioni. La novità più importante dietro a questa nozione, riguarda l’estensione a questi soggetti di tutte le agevolazioni tributarie in materia di imposte indirette e creditizie che finora erano riservate ai coltivatori diretti. Si applica agli imprenditori agricoli professionali anche la nuova agevolazione che prevede l’esenzione da qualsiasi imposta sull’acquisto di terreni per chi si impegna a coltivarlo o condurlo per almeno dieci anni dal trasferimento.

Tale sommaria elencazione è volta alla comprensione dello status esonerativo proprio dell’imprenditore agricolo, e delle motivazioni che hanno portato alla limitazione di tale franchigia unicamente a questa figura.

Articolo di Armando Cencini

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