Del: 14 Ottobre 2022 Di: Giulia Maineri Commenti: 1
La varietà della lista. Tutti i gusti +1

Una lista, una semplice lista. È un elenco, niente di più. Cos’altro c’è da dire? 

Eppure la lista fa parte della quotidianità: c’è quella della spesa, in matita su un pezzo di carta strappata, in cui ci si dimentica inevitabilmente di segnare qualcosa e che se per un fortuito caso è completa, allora è sicuro che la lascerai a casa. Compare nei momenti più importanti della vita: la lista di nozze, gli oggetti che i parenti e gli amici possono acquistare per gli sposi. 

Si inizia con lei il nuovo anno, augurandosi che sia pieno di eventi positivi: la lista dei buoni propositi dovrebbe contenere tutti gli obbiettivi che si vuole cercare di raggiungere nei dodici mesi successivi. Appare tra i banchi di scuola, nella tavola periodica, una lista di tutti gli elementi esistenti, o più tardi all’università, nella tavola del Modello Standard, che raccoglie tutte le particelle fondamentali. Anche durante le recenti votazioni è stata presente, a differenza dei tanti italiani astensionisti: le liste elettorali riportano tutti i cittadini aventi diritto di voto. 

La lista non è solo una successione neutra di cose, persone o animali; può portare con sé delle emozioni. 

Se è d’attesa, richiede pazienza: bisogna aspettare il proprio turno per qualcosa. Quando è di collocamento invece necessita speranza: si spera che un posto di lavoro adatto verrà trovato in breve tempo. Se è nera, una blacklist, suscita paura: contiene l’elenco di oggetti o soggetti sgraditi. A metà del secolo scorso, negli USA c’era la lista nera di Hollywood, che presentava i nomi di tutti gli attori, registi, musicisti a cui veniva impedito di lavorare nell’industria dello spettacolo perché accusati di essere simpatizzanti del comunismo; qui la lista assumeva una connotazione politica. 

Oggi esiste la lista nera dei paesi considerati «paradisi fiscali», non cooperativi nella lotta globale al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo: una lista che ha a che fare con l’economia.             In ambito informatico una lista nera è una serie di utenti a cui viene negato l’accesso a determinate pagine o funzioni: un po’ come la lista degli indirizzi mail che classifichiamo come  «spam». Non solo liste nere, ci sono anche liste colorate, che riaccendono fiducia, come la famosa lista di Schindler, contenente i nomi degli ebrei polacchi che l’industriale tedesco riuscì a salvare dall’Olocausto. 

La lista dei piatti sul menù del ristorante, la lista degli esami sul manifesto degli studi, quella delle parole sul vocabolario, quella dei capitoli nell’indice di un libro e la lista del  «to do», che sembra impossibile da spuntare tutta. E’ pieno di liste intorno a noi. 

Nella vita di tutti giorni una lista può essere estremamente utile e diretta, è schematica e leggibile. Come forma letteraria, però, la lista non gode di ottima stima. 

Quante volte la professoressa di italiano del liceo ci ha detto «non fate la lista della spesa» durante un tema in classe. Eppure nella letteratura antica e moderna è pieno di casi in cui si ricorre alla lista per spiegare qualcosa. A partire dal celebre catalogo del Leporello: «Madamina, il catalogo è questo, delle belle che amò il padron mio». 

Ben prima di Mozart, a utilizzare questa forma è Plinio nella sua Naturalis Historia, l’elenco più completo e accurato di fatti e persone esistente all’epoca. L’opera di Plinio è l’antenato dell’Enciclopedia, una vera e propria lista del sapere umano. 

Nel caso del Leporello, l’elenco è numerico: il servitore del Don Giovanni sa esattamente quante donne il suo padrone ha amato in Italia, in Germania, in Francia, in Turchia. Ma l’ultimo verso del paragrafo musicale lascia aperto l’elenco, rendendo anche in questo caso la lista una forma dinamica e flessibile: «In Ispagna son già mille e tre». Al momento sono questo numero, ma in seguito chissà, potrebbero aumentare. 

Questa è una caratteristica fondamentale della lista, che si muove nell’insieme superiormente illimitato dei numeri, diventando così in grado di contenere concretamente l’infinito. I numeri non finiscono mai, non c’è nulla che non troverà spazio. Nessuno è in grado di fare l’elenco delle stelle nel cielo, né di contare i granelli di sabbia in una spiaggia o le gocce d’acqua nell’oceano; ma una lista può farlo. 

La lista è un formato di successo anche nei blog e nei siti moderni: chi di noi non ha mai letto un articolo con «le 100 cose da fare prima di morire» ? Oppure «i 100 posti al mondo da non perdere»? 

O ancora i 50 libri da leggere assolutamente, i 50 film da vedere almeno una volta nella vita, e così via. Il punto forte della lista è che si può elencare qualsiasi cosa: dagli esseri immaginari, come fa Borges nel suo celebre saggio, ai tipi di pasta, dai fiumi, stile Joyce nel Finnegans Wake, alle varianti del calcio, passando per le mappe del mondo, come accade nell’atlante del Gran Khan ne Le città invisibili

La lista non è solo un elenco scritto, può essere anche visivo. Una lista visiva è una quadreria del Pannini, l’Ingresso di Maria di Parma a Vienna di van Mertens o i Diecimila martiri del Pontormo. L’«eccetera» che non si può scrivere viene raffigurato con diverse strategie dagli artisti: il taglio della tela che lascia il fruitore immaginare che la scena continui fuori dai margini del dipinto e le figure che si fanno sempre più sfumate verso l’orizzonte, lasciando intuire che sono troppo lontane per essere viste ma ci sono e continuano, continuano all’infinito. 

La volontà di raffigurare l’innumerabile, di lasciare ancora una volta aperta la lista è espressa chiaramente in tutti e tre questi esempi di lista visiva. La stessa lista della spesa già citata più volte si può trasportare su una tela: lo faceva Vincenzo Campi ne La fruttivendola 450 anni fa, lo si può fare oggi online ad esempio con l’app Listonic, che mostra un’immagine per ogni prodotto aggiunto. 

La lista può andare anche oltre, concretizzandosi in una collezione. 

Il corrispettivo tangibile dell’Enciclopedia precede di oltre due secoli la prima edizione di Diderot e D’Alembert: è la Wunderkammer, la camera delle meraviglie o gabinetto delle curiosità. Qui i collezionisti del Cinquecento raccolgono in modo sistematico tutto ciò che deve essere conosciuto: sassi, conchiglie, rami di corallo, zanne di elefante, coccodrilli impagliati, feti tenuti sotto spirito, corpi sventrati e messi a nudo, raccolte di cere che evidenziano le meraviglie anatomiche e altri oggetti bizzarri.

In età rinascimentale, si guarda la natura con occhio scientifico e le collezioni di reliquie di santi e oggetti sacri si popolano di insetti e scheletri di animali. L’idea è sempre quella di stilare un elenco di tutto ciò che fa parte del mondo conoscibile. Se state pensando che collezionare budella di animali morti sia un hobby alquanto strano che con il passare del tempo si è estinto, ci sono numerosi collezionisti pronti a smentirvi. Dalle assi del water alle code di sirene, sono tante le collezioni che lasciano stupefatti. 

La lista è multiforme, si spinge fino all’ambito architettonico. Se negli antichi insediamenti delimitati dalle mura di cinta è evidente che non ci sia spazio per l’«eccetera», oggi anche le città sono delle liste aperte. Basta guardare Los Angeles dall’alto per accorgersene: la pianta è organizzata attorno alla main street che si estende potenzialmente all’infinito. C’è spazio per tutto quello che c’è e anche per quello che non c’è ancora. 

Le liste non sono tutte uguali. Ci sono liste non lineari, confuse, disordinate, che sembrano un accumulo di cose senza nessun legame tra loro. 

Stile Tiziano Ferro: «case, libri, auto, fogli di giornale, credere di stare bene quando è inverno e te…». Anche il brainstorming è una lista disordinata, una lista delle cose che ci vengono in mente, delle idee che nascono spontaneamente e vengono messe nere su bianco così come sono. Il susseguirsi dirompente e intricato dei pensieri viene ben rappresentato nella copertina di ottobre 1969 del The New Yorker, dove in un enorme vignetta sono riportate le parole che affollano la mente di un uomo intento ad ammirare un dipinto. 

Ci sono liste ripetitive, in cui ogni elemento è una variazione del precedente, in modo da mostrare tante sfumature di una stessa cosa; può sembrare noioso ma non lo è. Basta guardare un dipinto di Andy Warhol oppure leggere l’incipit della domenica, tratto dal romanzo Gargantua e Pantagruel, una satira scritta da Rabelais nel Cinquecento. 

Vorremmo poter dire di aver descritto in maniera esauriente l’utilizzo della lista nei diversi ambiti, in una degna «lista delle liste». Ma come ogni buona lista, questa è una lista incompleta perché per dirlo con Umberto Eco «Una lista deve sempre finire con un eccetera». 

Bibliografia: Eco, Umberto. Vertigine della lista. Bompiani, 2009 

Giulia Maineri
Instancabile curiosona, ho sempre una domanda sulla punta della lingua. Leggo di tutto e di tutti per capire chi sono. Coltivo la passione per la storia dell'arte per capire chi siamo. Studio fisica per rispondere ai come. Esploro il mondo in un’esasperata, ma entusiasmante, ricerca dei perché.

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