Del: 12 Novembre 2022 Di: Giulia Scolari Commenti: 0
Da rileggere per la prima volta. La cronologia dell'acqua

Uscito per la prima volta nel 2010, La cronologia dell’acqua è approdato nelle librerie in versione italiana (per Nottetempo) ai primi di maggio di quest’anno. È in breve tempo diventato uno dei libri più acquistati e letti dell’anno e ha riscosso un successo tale da scomodare la stessa Lidia Yuknavitch in un tour della penisola per presentare ancora una volta, dopo oltre 10 anni, il memoir che l’ha resa nota. Noi di Vulcano eravamo presenti all’incontro che si è tenuto ad ottobre alla libreria Verso di Milano.

Davanti ad un libro del genere, il termine memoir appare un’etichetta superficiale e vuota di significato: cosa significa scrivere della propria vita? Quanta soggettività c’è nel racconto della propria esperienza col mondo?

Yuknavitch ormai questa domanda l’ha già sentita milioni di volte e non ha più bisogno di tempo per trovare la risposta: prima di pubblicare il libro, ha parlato con la sorella e la madre per accertarsi che il suo punto di vista non fosse troppo “di parte”. Nessun uomo è un’isola e persino una storia come la sua, che vede spesso la protagonista sola contro il mondo e contro sé stessa, è una storia che comprende altre persone e nella sua intensità rischia di travolgerle. Per fortuna, le discrepanze non erano troppe e l’autrice insiste sull’importanza di raccontare sempre la propria storia.

Sei l’unica persona presente che può raccontare come ci si sente ad essere te: se non lo racconti, come possono saperlo gli altri?

La storia di Lidia Yuknavitch comincia in una casa disfunzionale in cui gli abusi (di vario tipo) sono all’ordine del giorno. Comincia con una bambina che si accorge di amare, accanto alle cose belle e perfette che tutti i bambini amano, anche le cose brutte e imperfette: le gambe della madre, per esempio, nata con un problema genetico per cui una era più corta dell’altra di alcuni centimetri. Questa attenzione a quei dettagli che normalmente vengono ignorati e la capacità di mettere in dubbio ciò che è universalmente bello e ciò che non lo è permettono all’autrice di acquisire una sensibilità fuori dal comune.

La vita vera comincia per Yuknavitch  quando viene iscritta ad un corso di nuoto: per la prima volta, ha la possibilità di assentarsi da casa per qualche ora e scappare da quello spazio di rabbia e violenza. Scopre di essere non brava, bravissima: diventa in poco tempo una campionessa e ottiene premi su premi, tra cui la borsa di studio che le permetterà di andarsene definitivamente.

L’acqua diventa per l’autrice una casa, uno spazio in cui è libera di essere la migliore versione di sé: “All’acqua non frega niente, posso semplicemente esistere”.

Col passare degli anni, diventando per lei sempre più presente, diventa anche una lente attraverso cui guardare sé stessa, il mondo, la sua esperienza di vita. La cronologia dell’acqua è quindi il connubio tra queste due lenti peculiari che l’autrice utilizza per raffigurarsi la realtà. È il racconto della sua vita comprensivo di onde, maremoti, occhi che bruciano per il cloro e sale che a volte disinfetta, a volte semplicemente brucia sulle ferite. È anche la risposta alle domande: “Cos’è la vergogna? Per cosa dovrei provarla? Perché devo provarla?”.

Su quest’ultimo argomento l’autrice è felice di soffermarsi a parlare: “Ho questa idea: che possiamo ri-raccontare la vergogna come qualcosa che condividiamo”. Dopo il lancio della sua storia, infatti, l’autrice è stata contattata da tantissime persone che l’hanno ringraziata per averle fatte sentire finalmente accettate.

La prima cosa che ci viene insegnato a criticare è il nostro corpo e proprio da esso è partita Yuknavitch: «Era come se il linguaggio si fosse rotto: e se il mio corpo avesse un punto di vista? Ogni parte [del libro] era un punto di vista [di una parte del corpo]». Si è chiesta conto di come ogni parte del suo corpo abbia vissuto la sua storia e soprattutto cosa di essa sia rimasto per sempre incastonato all’interno di lei, in parti del corpo cui non avrebbe mai pensato altrimenti. È così che la sua narrazione sembra prendere vita, il suo dolore si incarna e il lettore lo sente sulla sua pelle.

La cronologia dell’acqua è un libro che bisogna affrontare con impegno: il memoir contiene storie di dolore spesso estremo, le parole sanno emozionare ma anche risvegliare sentimenti sopiti che non sempre si è pronti a confrontare.

Durante la presentazione del libro è stato chiesto all’autrice se avesse mai pensato di eliminare alcune parti per non riviverle o per proteggere il pubblico: con l’estrema saggezza che sembra essere parte di lei oggi – così sorprendente per chi l’ha conosciuta leggendo pagine di pessime scelte di vita – Yuknavitch ha risposto che sono proprio quelle brutte storie che le hanno insegnato a superare quelle che verranno. È solo esperendo la perdita, il dolore, l’abuso che si impara a superarli.

Sarebbe sbagliato però presentare questo memoir come una storia unicamente di dolore: la storia dell’autrice ha un lieto fine, rappresentato dalla meravigliosa famiglia che è riuscita a creare. Il marito, Andy, è tra il pubblico durante l’incontro di presentazione e la guarda con occhi pieni d’amore ed orgoglio. Insieme hanno un figlio che a nuotare fa schifo, ma ama stare nell’acqua; ancora oggi dopo tanti anni si scelgono tra la folla e si dicono che si amano guardandosi negli occhi e lasciando tutto il pubblico fuori.

Questa storia nata quasi per sbaglio – inizialmente erano poche pagine destinate ad un concorso di scrittura creativa – è diventata un’ancora per moltissime persone, una boa per una nomade nuotatrice nel mare della vita e un capolavoro per il panorama letterario degli ultimi anni. «A tutti voi che avete vent’anni – ci ha tenuto a dire Yuknavitch al termine della presentazione alla libreria Verso – serva di lezione: mai buttare via niente!».

Giulia Scolari
Scienziata delle merendine, chi ha detto che la matematica non è un’opinione non mi ha mai conosciuta. Scrivo di quello che mi piace perché resti così e di quello che odio sperando che cambi.

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