La vicenda di Cyrano è stata rappresentata per la prima volta nel 1897 a Parigi: nasce come una commedia, forse a causa delle rime, nonostante non rispetti la tradizionale regola delle commedie – Cyrano non ha un finale felice. Il fatto che il suo dramma sia presentato come una commedia è l’emblema del suo personaggio, che non viene compreso veramente da nessuno se non quando è troppo tardi.
Cyrano è infatti un abile poeta, uno scaltro guerriero e un romantico amante; è in grado di tenere sotto controllo 100 nemici, un esercito di guasconi e detiene il controllo in ogni conversazione perché nessun altro è in grado di cogliere le sue metafo. L’unica cosa che non può controllare è il suo aspetto fisico e proprio da questo deriva la sua tragedia: Cyrano in vita ottiene tutto tranne ciò che più desidera. La sua storia è complessa e sfaccettata come lui e forse per questo si presta a così tante rielaborazioni: a differenza di molti prodotti divenuti classici, Cyrano è ancora oggi una storia che ha tanto da dirci.
Come da tradizione, la scena si apre con un metateatro: Montfleury è un attore ormai affermato nonostante manchi di talento e Cyrano è stufo di vederlo usurpare uno dei palchi più importanti di Parigi. Dopo aver interrotto la scena intimandolo ad andarsene, contro di lui si scagliano alcuni dei grandi nomi di quella che oggi definiremmo “Parigi Bene”, in particolare del duca De Guiche. La prima scena mostra immediatamente i personaggi dando loro collocazioni ben precise che hanno un che di simbolico. Non teme di farsi nemici e si rifiuta di nascondere la sua verità: “Piuma di fermezza, pernacchio di franchezza”.
Cyrano si sposta agilmente dall’alto al basso della scena -dinamico, veloce, inafferrabile – appartiene alla nobiltà parigina, ma si circonda soprattutto di personaggi ben al disotto della sua appartenenza sociale.
Il duca è in un palchetto in alto, distante, insieme a Rossana: entrambi ben al disopra di Cyrano e di tutti i suoi compagni sia per rango che per reputazione, saranno a lui sempre distanti. La distanza che separa Cyrano da questi due personaggi è fondamentalmente diversa: si allontana ideologicamente e volontariamente dal duca De Guiche (antagonista avido ed egoriferito); si allontana, invece, suo malgrado da Rossana, ponendosi lui stesso su quel gradino inferiore che il fato non gli avrebbe riservato.
Sempre in quel teatro dove tutto comincia, appare l’ultimo dei personaggi principali: Cristiano. È ultimo membro dell’esercito di Cyrano, è un abile spadaccino e gode di un aspetto a dir poco invidiabile. Mentre il protagonista ruba la scena a Montfleury e si pone al centro della vicenda, Rossana schiva ogni suo movimento concentrando lo sguardo su Cristiano, del quale si innamora profondamente.
Dal teatro la scena si sposta in diversi luoghi emblematici di Parigi: le strade, quasi sempre percorse al buio; la pasticceria dove si nascondono i poeti malfamati della città; il palazzo di Rossana, infine, dove tutte le macchinazioni avvenute nei luoghi precedenti vedono il loro svolgimento.
In ogni luogo Cyrano è un leader carismatico e un abile stratega: ogni personaggio è affascinato dalla sua intelligenza e segue i suoi piani senza potersi opporre. L’ambizione di Cyrano non si ferma davanti a nessun ostacolo sociale o politico: “Non dovere nulla a Cesare, prendere tutto il merito per te solo e, disprezzando l’edera, salire, anche senza essere né una quercia né un tiglio, salire, magari poco, ma salire da solo!”. Tutto il suo coraggio si sgretola solo davanti all’amore, dove rinuncia alla lotta pur avendo la possibilità di vincerla. Nonostante si possa pensare che le sue motivazioni derivino da orgoglio (“Fare in modo che mi rida sul naso? È la sola cosa al mondo che mi metta terrore”), esso è invece solo ciò che egli intende mostrare in superficie. La sua convinzione di essere inferiore per natura a Rossana (“Io non sono che un’ombra e voi l’eco di un’aurora”), la sua insicurezza è ciò che lo porta a rinunciare all’unica cosa che gli avrebbe permesso di godere di tutti i suoi traguardi: essere amato.
La storia di Cyrano non necessita di grandi cambiamenti per poter essere percepita come attuale, eppure a volte è cambiando alcuni dettagli di una storia che se ne capiscono per la prima volta le verità intrinseche. Questa riflessione deriva dal genio di Joe Wright, che durante la pandemia ha girato in Sicilia Cyrano (2021) con Peter Dinklage nei panni del protagonista e Haley Bennett a interpretare Rossana.
Il Cyrano di Wright è un musical, tanto per cominciare, eppure questa scelta non risulta forzata visto che l’opera originale è scritta in rima e si presta perfettamente ad essere musicata. La colonna sonora è inoltre molto ben fatta: i testi sono quasi tutti scritti da Aaron Dessner (co-scrittore e o-produttore di Evermore e Folklore), con un sound abbastanza moderno da risultare piacevole anche alle nuove generazioni, ma non così tanto da stridere con il contesto in cui è ambientata la storia.
Alle scene tradizionali se ne aggiungono molte che permettono di cogliere la profondità di Rossana: se dall’opera risultava una nobile un po’ viziata, qui è una donna che non vuole rinunciare alla sua indipendenza sposando un uomo del suo rango che non ama.
Ma il cambiamento più importante sta nella scelta di Dinklage: l’attore scelto per interpretare Cyrano è affetto da nanismo, il suo aspetto non è più danneggiato da un difetto fisico di poco conto ma da una vera e propria patologia. Modificando il difetto fisico di Cyrano, di fatto Wright ha provato che il dramma del personaggio non sta nel naso di per sé, esso è solo una metafora e potrebbe essere sostituito da una qualunque imperfezione fisica o morale. Cyrano ha tutto, ma crede di non avere niente e questa convinzione lo rovina:
quando crediamo di non essere abbastanza per qualcosa che fa parte di noi e non possiamo controllare, siamo tutti Cyrano.
Molte scene celebri dell’opera sono state tagliate per le esigenze cinematografiche, ma il film ha comunque ricevuto una nomina agli Oscar ed è un altro splendido esempio del talento del già vincitore all’Academy Peter Dinklage.
L’opera tradizionale è stata rispettata maggiormente dalla versione di Corrado d’Elia – Cirano di Bergerac – in scena al Teatro Leonardo a Milano dal 20 al 30 ottobre. Il protagonista è stato interpretato dallo stesso Corrado d’Elia che ha alternato momenti d’intensità fisica a scene emozionanti e riflessive. L’intera compagnia, formata da moltissimi professionisti, ha concesso al pubblico di sentirsi parte della Parigi viva ed esuberante in cui vive Cirano; l’attenzione alla creazione di scenografie semplici e versatili ha rappresentato ambienti diversi donando una fotografia quasi cinematografica di ogni scena. Sono state rappresentate nella loro interezza anche le scene più complesse da seguire e lunghe, come il monologo dell’uomo arrivato dalla Luna: d’Elia è stato in grado di offrire dinamica alla scena e far ridere il pubblico grazie alla combinazione tra gesti ridicoli, un’espressività estremamente eloquente e le geniali parole di Rostand.
Seppur il naso sia rimasto il difetto per eccellenza del protagonista, anche d’Elia ha voluto renderlo universale:
il naso di Cirano, infatti, diventa un oggetto di scena che si stacca, si riattacca, è di tutti e di nessuno. Quando Rossana mostra di vedere Cirano per quello che è, il suo naso scompare: ritorna poi, quando il protagonista si accorge di aver mal interpretato le sue intenzioni. Ad uno ad uno, nel corso della storia, altri personaggi vengono esposti per le loro debolezze: le maschere cadono, nessuno è superiore a nessuno e tutti hanno un naso che li precede di 15 minuti.
Nel salutare il pubblico, tutta la compagnia ha il naso ben in vista e fa sentire un po’ delusi non averne ricevuto uno col biglietto per poterselo portare a casa durante il viaggio di ritorno. Per essere un po’ Cirano, avendo imparato la sua lezione.