Seguendo la traccia del saggio di Fabio Fazio e Flavio Caroli dal titolo Voi siete qui, tendiamo un filo tra la parola “arte” e altri termini di vario genere, nel tentativo di mostrare che l’arte è davvero una realtà iperconnessa. C’è arte ovunque attorno a noi e dentro di noi, anche se molto spesso non ne siamo consapevoli. Ad ogni filo teso, appendiamo un’immagine, rappresentativa del collegamento e ricca di significato.
Segue la prima delle tre parti in cui sarà diviso questo articolo.
Artigianato
L’arte e l’artigianato hanno sicuramente qualcosa in comune, a partire dalla radice del termine. Sembrerebbe questo un filo alquanto corto: naturalmente un’opera d’arte deve essere legata a qualcosa di “artigianale”, fatto con le mani, senza l’ausilio di macchinari. Un pezzo d’arte è qualcosa di unico e quindi non può essere un prodotto industriale, ripetuto in serie un gran numero di volte.
Tutto ciò viene messo in discussione dal Dada, che infatti si propone come anti-arte. Basti pensare alla Fontana di Duchamp, un esempio di ready-made: quell’orinatoio era un oggetto come tanti, prima di essere scelto dall’artista per la sua opera. Senza aprire il capitolo della riproducibilità dell’arte (riguardo a cui lettura imprescindibile è il celebre saggio di Walter Benjamin), resta il fatto che la maggior parte delle opere non possono essere facilmente “copiate”. Tutti possiamo tentare di disegnare una signora a mani conserte con un mezzo sorriso e un paesaggio collinare sullo sfondo, ma solo quella di Leonardo è la Gioconda. Questo vale anche per l’orinatoio di Duchamp: che sia stato prodotto dall’industria o meno, dopo essere stato scelto e modificato dall’artista, quell’oggetto è diventato unico.
C’è quindi un legame tra l’opera e l’artista molto stretto, che ha proprio a che fare con l’artigianato. Forse come immagine rappresentativa di questo legame, la prima che salta in mente è un vaso in terracotta modellato a mano con il tornio, stile Ghost. Un altro esempio, forse più inusuale ma più espressivo, di questa profonda connessione tra opera e artista, è Self, opera di Marc Quinn. Si tratta di un calco in silicone della testa dell’artista, realizzato riempiendo il calco con 4,5 litri del suo stesso sangue. Qualcosa che va addirittura oltre l’artigianato, ovvero l’artista che crea con le proprie mani la propria opera d’arte: qui l’artista si dona alla sua opera d’arte, entrandone a far parte.
Mimesi
“Tutta l’arte è imitazione della natura”, recita un aforisma di Seneca. Se il filosofo avesse avuto la possibilità di vivere il Novecento, avrebbe dovuto ricredersi, o perlomeno riformulare la sua concezione di ciò che è arte. Come ricorda Fazio nel saggio, durante il secolo scorso, “per la prima volta, si vede l’invisibile, quello che non c’è”. Paul Klee è maestro in questo senso, cerca davvero di andare oltre alla realtà, lasciandosi ispirare dall’astratto.
Ma torniamo al periodo pre-novecentesco, quando ancora gli artisti cercavano nel mondo visibile l’ispirazione artistica. Mettiamoci nei panni di un Claude Monet, che, sistemata la sua tela sul cavalletto davanti alla cattedrale di Rouen, si prepara a dipingere la facciata “en plein air”. Qui l’arte è davvero mimesi della realtà.
D’accordo, forse anche le figure astratte di Kandiskij sono imitazione di qualcosa, dei suoi pensieri magari, ma certamente non di qualcosa che ciascuno di noi può sperimentare nel mondo attorno a sè. Restringendo il campo al mondo esterno, possiamo appendere al filo che connette arte e mimesi le “specchiature”, finto marmo in voga durante il Rinascimento. È frequente trovarle al primo ordine nelle pareti dipinte, come ad esempio accade nella Cappella degli Scrovegni. Se in scultura il marmo è il materiale prediletto in epoca rinascimentale, l’arte è fatta di marmo, in pittura l’arte si fa imitazione del marmo.
Tempo
Nel saggio di Fazio e Caroli, si insiste più volte sul fatto che ogni istante comprende tutti gli istanti precedenti. Siamo frutto di una storia da cui non possiamo prescindere, non solo perché sarebbe un gesto irresponsabile, ma perché fisicamente non abbiamo la facoltà, in quanto prodotto del nostro passato, di agire indipendentemente da quello che è stato prima.
“Ogni parola è la somma di tutte le parole che sono state pronunciate prima”, si dice tra le pagine del libro, ricordando le idee junghiane. In questo senso, il tempo lascia una traccia indelebile nell’esistenza di ogni persona, animale, perfino di un oggetto. Il tempo non è un giro di orologio, ma una cicatrice sulla pelle, una crepa sul muro, una lacuna sulla tela. In quest’ottica, la Natura morta di Caravaggio diventa rappresentazione concreta del tempo, più sottile eppure più efficace de La persistenza della memoria di Dalì.
Il vero protagonista della tela non è il cesto di frutta, bensì il tempo, che si manifesta sotto forma di una mela bacata, una foglia rinsecchita, un acino d’uva più scuro del dovuto. Ai segni del tempo dipinti da Caravaggio sulla tela si aggiungono quelli accumulati nel corso degli anni dall’opera: l’arte è immagine e contemporaneamente vittima del tempo.
Rivoluzione
Il primo pensiero quando si pensa a questa parola è qualcosa di grandioso, che coinvolge grandi masse e aspira ad un cambiamento radicale. E in effetti questo vale perfettamente per la Rivoluzione francese, ad esempio, oppure la Rivoluzione d’ottobre. Ma come ricorda Fazio, “ci sono rivoluzioni che si compiono nel perimetro di una tela o si leggono tra i versi di una poesia”. È vero, non serve scendere in piazza per apportare un cambiamento permanente, basta qualcosa di efficace. Un dettaglio, un gesto inconsapevole o una frase possono cambiare la storia.
È rivoluzione la prospettiva scoperta da Brunelleschi, la prima figura di spalle introdotta da Giotto, la prima figura che si spinge oltre la tela nel Miracolo della Mula di Donatello. Così, invece del 3 maggio 1808, esplicita rappresentazione della Guerra d’Indipendenza spagnola, potremmo collocare sul filo che collega arte e rivoluzione il giottesco Compianto sul Cristo morto. Quelle pie donne collocate di spalle hanno rivoluzionato la disposizione dei personaggi attorno al punto focale in tutti i dipinti successivi.