Del: 15 Febbraio 2023 Di: Redazione Commenti: 0

Quando si nomina il settimanale satirico Charlie Hebdo, la mente è chiamata a ricordare il tragico evento che ha coinvolto la sede parigina: l’attentato terroristico del 7 gennaio 2015, durante il quale 12 persone, tra giornalisti e disegnatori, hanno perso la vita. L’attacco, rivendicato dalla branca yemenita di Al Qaeda, ha portato con sé alcuni cambiamenti: in primis la posizione della sede, che ora è mantenuta segreta per ragioni di sicurezza; altrettanta segretezza è riservata ai contatti di tutti i giornalisti, collaboratori inclusi. Ma ciò che non ha subìto alcun mutamento è il carattere irriverente e provocatorio del periodico.

È Philippe Val, direttore del giornale dal 2004 al 2009, a farlo sapere: «Charlie Hebdo non è cambiato, ha continuato a portare avanti battaglie coraggiose come questa».

L’ex direttore si schiera così in favore del settimanale che, nei giorni in cui la strage viene commemorata, ha pubblicato un numero speciale con cui ha attirato, di nuovo, le ire del mondo islamico, specialmente dei vertici del potere iraniano.

copertina del numero speciale del 4 gennaio di Charlie Hebdo

Lo speciale, risalente al 4 gennaio 2023, è incentrato sulle proteste che scuotono tutt’ora il regime dell’Iran. Nell’editoriale, dal titolo “Il disegno satirico, guida suprema della libertà”, il direttore Laurent Sourisseau (noto come ”Riss”) sottolinea la presenza di un legame che unisce, al di là della distanza temporale che li separa, le rivolte e l’attentato del 2015. «Chi rifiuta di sottomettersi ai dettami delle religioni rischia di pagarlo con la vita» è quanto dice ”Riss”, suggerendo tra le righe che le vittime dell’attentato e i protestanti iraniani hanno qualcosa in comune: il desiderio, espresso da entrambe le parti in modi e tempi differenti, di essere liberi nell’azione e nel pensiero.

La collera del governo iraniano è sorta non solo perché il settimanale si è schierato a favore dei rivoltosi, ma anche (se non soprattutto) per le 25 vignette di cui è tappezzato lo speciale.  Agli occhi del ministro degli Esteri, Hossein Amir-Abdollahian, la pubblicazione delle illustrazioni è un’«azione offensiva e indecente contro l’autorità religiosa e politica della Repubblica islamica», talmente irrispettosa che «non rimarrà senza risposta».        

 Le vignette non hanno incontrato l’approvazione del regime in quanto non sono altro che caricature dell’ayatollah Ali Khamenei, l’attuale Guida Suprema religiosa dell’Iran.

l’ayatollah Ali Khamenei (ANSA)

Le illustrazioni sono frutto di un concorso che, nel dicembre 2022, Charlie Hebdo ha rivolto ai disegnatori di tutto il mondo, in segno di solidarietà con il popolo iraniano; una sola condizione per potervi partecipare: il leader religioso Khamenei sarebbe dovuto essere incluso nelle vignette. Sono stati così realizzati più di trecento disegni dell’ayatollah, emblema di un’oppressione verso cui Charlie Hebdo si è sempre dimostrato intollerante, e tra essi solo venticinque hanno meritato la pubblicazione, grazie al divertimento che suscitano e i singolari aspetti grafici che li contraddistinguono. Purtroppo, la redazione non ha solo ricevuto vignette, ma anche una notevole quantità di minacce da parte dei sostenitori del regime. Va anche detto che Charlie Hebdo è ormai avvezzo a reazioni di tale portata: risalgono infatti al 2006 le note caricature di Maometto, che avevano scatenato minacce dal mondo islamico e reso il periodico bersaglio dei terroristi nel 2015.

Se da una parte le vignette intendono denigrare il regime iraniano, dall’altra la volontà è di celebrare coloro che, con la consapevolezza che un solo urlo di dissenso avrebbe potuto condurle a un passo dalla morte, sono insorte per prime: le donne. All’interno delle vignette, sono immortalate mentre compiono atti di protesta più o meno plateali: in alcuni casi si ”limitano” ad agitare in aria il proprio velo oppure, come accade nel disegno firmato ”Lp” (che detiene per diritto, insieme a poche altre, il titolo di immagine più irreverente), la protagonista urina su un mullah (dotto musulmano).

Vignetta pubblicata nel numero speciale di Charlie Hebdo, firmata da “LP

A dir la verità non è la prima volta che il governo dell’Iran diviene vittima della satira; da diversi anni è infatti al centro delle illustrazioni del celebre vignettista iraniano Mana Neyestani, che sedici anni fa si è allontanato dal Paese, dopo aver passato qualche mese in carcere per un disegno mal interpretato. Lo stesso Neyestani ha rivolto un commento positivo circa l’attività satirica di Charlie Hebdo (tra le vignette pubblicate nello speciale, vi è una dedicata al fratello maggiore Touka); ha poi rivelato, riguardo al rapporto del governo iraniano con la satira: «il regime non può accettare la satira, perché rompe il concetto di ‘santità’ di cui ha bisogno per manipolare le persone religiose e giustificare la sua dittatura». Il fumettista, con una manciata di parole, ha così esposto un’osservazione singolare: la satira è in grado di far tremare le certezze, anche quelle di un governo interno.

Articolo di Sahra Hocson

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