(FOMO) Fear of missing out (‘paura di rimanere escluso’), si riferisce alla sensazione d’ansia provata da chi teme di essere privato di qualcosa di importante se non manifesta assiduamente la sua presenza tramite i mezzi di comunicazione e di partecipazione sociale elettronici interattivi.
Dover controllare compulsivamente le storie pubblicate dagli altri, durante ogni momento della giornata, mentre dovremmo seguire una lezione all’università o mentre siamo sui mezzi pubblici. Controllare il profilo dei nostri account preferiti per vedere se sono stati pubblicati dei nuovi post, andare in panico se non vi è connessione internet, rimanerci male nel vedere in una storia su Instagram che i nostri amici sono usciti senza di noi.
Tutte queste situazioni (e molte altre ancora), hanno dato origine, nell’ultimo decennio, ad una nuova forma di ansia sociale, diffusa specialmente tra chi si ritrova ad essere socialmente isolato.
Stiamo parlando della FOMO, acronimo per Fear Of Missing Out, “paura di essere tagliati fuori”, la cui intensità è in continuo aumento, specialmente tra i millennials.
Vedendo un coetaneo raggiungere un traguardo che desideriamo ardentemente, può talvolta essere interpretato, nella nostra mente, come qualcosa che ci viene “portato via”. È stato rilevato come la Fear of missing out sia associata a maggiori livelli di ansia, depressione, e ad una minor soddisfazione di vita.
Sul piano scientifico, la FOMO è composta da principalmente due elementi, uno conseguente all’altro. Il primo elemento è l’ansia legata al fatto di poter perdere esperienze gratificanti e divertenti vissute dagli altri. Il secondo, è avere il desiderio costante di accedere ai social network, di essere connessi, per poter essere in contatto con gli altri in qualunque momento della giornata.
Ciò che si cela dietro questo termine però, non è una semplice pressione sociale relativa al “fare” qualcosa, il disagio in questo caso è passato ad un “livello superiore”. L’ansia, la paura e lo sconforto, infatti, derivano dal non fare una determinata azione, dal non controllare le notifiche, dal non controllare il feed di Instagram.
Chi soffre di FOMO si sente inconsapevolmente costretto a compiere queste azioni per non rimanere tagliato fuori da ciò che accade e per non rischiare di perdere un’interazione sociale, rimanendo un passo indietro a tutti gli altri.
La percezione alla base è legata alla convinzione che gli altri, amici, conoscenti, persone che seguiamo sui social, stiano vivendo esperienze migliori delle nostre, che abbiano una vita migliore, più divertente, e che noi, non essendo connessi in quell’esatto momento, potremmo correre il rischio di non potervi partecipare, di rimanere all’oscuro.
Da qui, nasce la necessità di essere costantemente connessi spendendo sempre più tempo sui social media, aggiornando continuamente il nostro feed e controllando ciò che gli altri condividono in maniera del tutto compulsiva. È stato evidenziato come il lato comportamentale non comprenda esclusivamente il controllo costante e ossessivo dei propri social network, ma anche la necessità di leggere tempestivamente le notifiche dello smartphone, proprio per il timore di poter perdere informazioni cruciali.
Secondo uno studio pubblicato dalla rivista accademica Computers in Human Behavior, quando nell’ottobre del 2021 miliardi di persone, a causa di un guasto tecnico al servizio di Meta, non hanno potuto effettuare l’accesso ai loro account social (Facebook, Instagram, Messenger, e WhatsApp) per ben 6 ore, si sono sperimentati diversi livelli di stress, noia, fastidio e disagio.
Nei due giorni seguenti a questo evento, che ha creato un’opportunità più unica che rara di apprendere qualcosa di più sull’utilizzo dei social networks da parte degli adulti, due studiosi israeliani, Tal Eitan e Tali Gazit, hanno deciso di condurre un sondaggio online. 571 persone hanno partecipato esprimendo la loro opinione in merito.
Grazie all’utilizzo di analisi quantitative e qualitative, sono stati raccolti dei dati, con lo scopo di identificare i fattori che potrebbero spiegare i diversi livelli di stress sperimentati dalle persone durante il periodo di malfunzionamento del sistema e di esaminare le loro esperienze emotive durante queste ore.
Quattro tipi di reazioni sono state individuate tra i partecipanti:
(1) sentirsi ansiosi inizialmente, ma poi sentirsi meglio dopo aver capito che l’interruzione era globale; (2) provare solo sentimenti negativi; (3) provare solo sentimenti positivi e persino una versione della gioia di non essere connessi; (4) provare sentimenti di indifferenza.
È stato portato alla luce anche come lo stress possa essere significativamente predetto dalla Fear Of Missing Out, combinato ad altri fattori come: l’intensità dei social media, l’esperienza emotiva, l’età e lo stato civile. Inoltre, sono state trovate associazioni tra stress, genere e occupazione: ad esempio, le donne che lavorano in proprio sperimentano meno stress degli uomini e delle donne che non lavorano in proprio.
Il problema alla base è l’ostinazione nel cercare la felicità sui social media. Potrebbe sembrare un cliché, ma se ci pensiamo, è fin troppo facile definire le nostre vite misurandole semplicemente a quelle ipoteticamente perfette degli altri.
Secondo Darlene McLaughlin, professoressa al Texas A&M Health Science Center College, gli individui colpiti dalla FOMO tendono a guardare verso “l’esterno”, focalizzandosi sulle vite degli altri e non verso “l’interno”, concentrandosi sulla propria.
Quando si è così ossessionati dagli altri e sul dover trovare sempre “il/la migliore” (nella propria mente) si perde il senso autentico di sé. Questa costante ansia di perdersi altro non è che il risultato di una mancata partecipazione come persona reale al proprio mondo.