Del: 25 Febbraio 2023 Di: Thomas Brambilla Commenti: 0
Il sabotaggio del Nord Stream 2 (secondo S. Hersh)

Seymour Hersh è un giornalista investigativo e scrittore statunitense specializzato in report inerenti a sicurezza, intelligence, questioni geopolitiche militari. Nel corso della sua carriera è stato insignito del Premio Pulitzer, una grande onorificenza che rende da anni, al netto di ogni considerazione, le sue produzioni degne di nota e grande attenzione. Alcune delle sue indagini più recenti però hanno destato particolare clamore e spesso sono state criticate poiché prive di fonti e documentazioni attendibili e, come nel caso del documento che andiamo a trattare, basate sull’esclusiva affidabilità di fonti anonime e informate dei fatti. 

Questa scarsa attendibilità ha fatto sì che due delle testate per le quali abitualmente egli scrive rifiutassero ogni tipo di pubblicazione inerente a queste informazioni da lui possedute e che quindi il giornalista ripiegasse su una pubblicazione tramite mailing list di Substack. Indipendentemente da queste considerazioni doverose è però importante, vista la caratura del personaggio, dedicare delle riflessioni sugli spunti offerti da Hersh mantenendo sempre la consapevolezza che si tratta di insinuazioni documentate in maniera parziale e secondo alcuni anche piuttosto debole. 

Il documento recentemente pubblicato si sofferma su una questione che è stata al centro delle cronache per diversi giorni verso la fine di settembre e che sembra, a distanza di mesi, essere stata declassata dalla scala delle priorità della stampa internazionale nonostante abbia una manifesta e diretta connessione con la guerra in corso in Ucraina. 

Si tratta del sabotaggio del gasdotto Nord Stream 2, avvenuto il 26 settembre dello scorso anno, che ha reso inutilizzabile il collegamento di fornitura energetica che dalla Russia sarebbe dovuto arrivare in Germania per poi raggiungere svariati Paesi europei e che avrebbe sancito un legame energetico ancora più forte fra Russia e Repubblica Federale Tedesca. 

La rivelazione piuttosto importante però sta nel fatto che Hersh nel suo articolo, attraverso la testimonianza di una fonte anonima direttamente coinvolta nel piano di sabotaggio e quindi pienamente a conoscenza dei dettagli tecnici con cui esso è stato portato a compimento, attribuisca una diretta responsabilità all’amministrazione statunitense e ai suoi servizi segreti (in particolare la CIA) per le azioni che hanno condotto alla distruzione parziale del gasdotto e che saranno al centro del prossimo consiglio ONU su forte pressione russa. 

Prima di entrare nel merito di come secondo la tesi si sia svolto il piano è importante ribadire, come fatto dallo stesso Hersh, una serie di premesse sull’importanza strategica che questo gasdotto ha rappresentato per la situazione geopolitica attuale in Europa. 

Innanzitutto le linee di fornitura di gas naturale denominate Nord Stream che collegano Russia e Unione Europa sul suolo tedesco sarebbero dovute essere in realtà due. La prima, il Nord Stream 1, già attivo da anni e la seconda, per l’appunto il Nord Stream 2, completata a fine 2021 ma mai entrata definitivamente in funzione. L’azienda principale che ha gestito la costruzione è il colosso di stato russo Gazprom, che con i suoi enormi ricavi è una di quelle aziende che rende la Russia un petrolstato in grado di sostenere anche enormi spese militari con cui sta conducendo di fatto oggi la campagna di aggressione sul suolo ucraino. 

L’eventuale apertura del gasdotto Nord Stream 2 avrebbe quindi ampliato ulteriormente le rendite provenienti da materie prime per la Russia di Putin: 

motivo per cui questo progetto è stato da sempre osteggiato dagli USA in quanto percepito come minaccia di una eccessiva indipendenza energetica europea, e in particolare tedesca, rispetto agli USA, e di un legame sul piano politico e della cooperazione troppo stretto e rafforzato con Mosca che nel frattempo avrebbe potuto moltiplicare le sue entrate finanziarie. 

La decisione di imporre una fine drastica e finale alla realizzazione di questa possibilità, ricostruisce Hersh, è giunta in ambienti statunitensi quando l’invasione russa dell’Ucraina era ormai elemento alquanto probabile che avrebbe contraddistinto la politica internazionale da lì ai mesi a venire. In questo senso la dichiarazione improvvisa di Biden, precedente all’invasione russa, in una conferenza con il cancelliere tedesco sembrerebbe non lasciare molti dubbi sul fatto che l’intelligence USA stesse già da tempo meditando su come intervenire per distruggere definitivamente il Nord Stream 2. 

Tra l’altro, come si apprende dalla fonte di Hersh, sembra che queste dichiarazioni abbiano creato molto scalpore interno ai servizi segreti americani, poiché ritenute pericolose e in diretto conflitto con l’obiettivo di mantenere la segretezza dell’operazione vista la sua intrinseca pericolosità. Infatti, è cosa ben nota che qualora ci fosse una prova effettiva e documentata del coinvolgimento diretto degli USA si potrebbe anche trattare sul piano giuridico di un vero e proprio atto di guerra nei confronti della Germania alla quale giuridicamente appartiene il gasdotto. 

Nel corso di pochi mesi si è poi successivamente passati all’elaborazione effettiva del piano strategico di sabotaggio ordinato e richiesto dalla Casa Bianca. 

A prendere in mano la questione è stata fin da subito la CIA con il supporto diretto di J.Sullivan, consigliere in carica per la sicurezza nazionale. Dopo una serie di riflessioni congiunte si è arrivati alla formulazione di una direttiva finale e l’operazione, che si sarebbe dovuta svolgere sotto copertura, avrebbe coinvolto la CIA nel piazzamento sottomarino di esplosivi C4 supportata dalla Norvegia e dall’azione specializzata della Naval Diving. La possibilità di far detonare gli esplosivi non nell’immediato ma a mesi di distanza è stato un elemento di cruciale importanza e di accesa discussione, ma la conclusione finale ha stabilito un’organizzazione tale per cui questa operazione fosse possibile. 

Il luogo prescelto per l’operazione sarebbe stato quindi il mare di appartenenza norvegese, di certo non scelto casualmente. La Norvegia infatti, oltre ad essere uno storico membro della NATO, può contare su una vasta presenza militare statunitense e su ottimi ed avanzati rapporti di cooperazione militare e politica con gli Stati Uniti e inoltre, in base ad un recente accordo, alcune aree militari del paese sono state poste direttamente sotto giurisdizione statunitense. L’operazione tra l’altro avrebbe potuto portare vantaggi da un punto di vista economico anche alla stessa Norvegia, interessata ad ampliare le quote di gas naturale esportate proprio nel mercato europeo: e come infatti è stato attestato nel settembre del 2022 la Norvegia ha aumentato del 300% i ricavi ottenuti dalla vendita di gas all’Unione europea fino a toccare quota 60 miliardi e diventando definitivamente primo fornitore in termini quantitativi per tutta l’UE. 

La realizzazione definitiva del piano strategico secondo Hersh sarebbe avvenuta esattamente durante un’esercitazione della NATO svoltasi in Norvegia nel giugno del 2022 denominata Baltops 22, creando in questo modo la perfetta copertura per una buona riuscita del piano in totale segretezza. 

Si ricorda inoltre che, all’indomani dell’avvenuto sabotaggio, la responsabilità della Russia dietro all’azione è stata spesso ricalcata da più voci senza però fornire delle motivazioni strategiche credibili e attendibili. 

L’unica motivazione razionale per cui la Russia potrebbe aver agito in tal senso sarebbe l’obiettivo di svincolarsi dagli obblighi contrattuali di mancata fornitura di gas a causa della riduzione delle quote avvenuta in risposta alle sanzioni applicate alla Federazione dopo l’invasione dell’Ucraina nel febbraio 2022. I costi di riparazione infatti sono esorbitanti e rimane difficile pensare a quale vantaggio avrebbe potuto trarre la Russia nel sabotare di fatto una propria struttura strategica come il Nord Stream 2. 

A fronte delle dichiarazione successive alle esplosioni del segretario di stato Blinken, il quale ha parlato di «grossa opportunità» derivata dalla messa fuori gioco del Nord Stream 2, non resta che domandarsi quali possano essere gli innumerevoli interessi dell’apparato militare e industriale statunitense relativamente al florido e vasto mercato dell’energia europeo, il quale si è già spostato verso l’acquisto di GNL di provenienza americana garantendone almeno fino al 2030 un aumento di domanda pari a 50 miliardi di metri cubi in più rispetto a prima dell’invasione, il tutto però con costi notevolmente maggiorati per i governi e i cittadini europei.

Thomas Brambilla
Sono studente in scienze politiche e filosofiche alla Statale di Milano. Mi piace riflettere e poi scrivere, e fortunatamente anche riflettere dopo aver scritto. Di politica principalmente, ma senza porsi nessun limite.

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