Del: 11 Febbraio 2023 Di: Silvia Natoli Commenti: 0
Park Chan-Wook, Decision to Leave

«Dagli antichi miti alle storie moderne la vendetta è il tema più popolare fra gli scrittori. È affascinante poiché ognuno la possiede dentro di sé ma, allo stesso tempo, è anche un tabù». 

Così Park Chan-Wook, il pluripremiato regista sudcoreano definisce il tema della vendetta, uno dei principali leitmotiv utilizzati nelle sue opere come trampolino di lancio per indagare il più ampio spettro delle emozioni umane e le azioni che queste possono determinare, quando sentite nella loro forma più profonda. 

Nel cinema di Park, spesso le vittime diventano carnefici e il dolore non viene mai veramente esorcizzato: 

questo è particolarmente evidente nelle tre opere che costituiscono la famosa Trilogia della Vendetta ovvero Mr. Vendetta (2002), Oldboy (2003), Lady Vendetta (2005); ma c’è anche spazio per la rappresentazione di compassione, pietà e persino dell’amore, come nel dramma I’m a Cyborg, But That’s OK (2006) e, in particolare, in Thirst (2009) l’attesissimo horror di vampiri ispirato al romanzo Teresa Raquin di Émile Zolà, dove viene presentato come forma di cannibalismo mentale e morale che intrappola gli amanti. 

L’intersezione tra sessualità e violenza, tra eros e thanatos come altro cardine della sua poetica cinematografica è alla base di Stoker (2013), thriller appassionante e seducente con cui il regista approda alla realizzazione di un film in lingua inglese, che non lo esime dal piegare l’ordinamento del cinema hollywoodiano alle sue personalissime regole. Lo stesso vale per Mademoiselle (2016), thriller dalle sfumature erotiche, riadattamento del romanzo Ladra della scrittrice britannica Sarah Waters, in cui l’eros appare come l’ultimo vero baluardo di difesa dalla prepotenza maschile che domina un mondo in cui la femminilità viene continuamente soggiogata e oppressa attraverso inganni e sfruttamenti.

A sei anni dalla sua ultima fatica, Park Chan-Wook torna infine alla regia con un incredibile noir in cui coniuga sapientemente classico e moderno, la detective story con il melodramma romantico. 

Si tratta di Decision to Leave, sbarcato nelle sale cinematografiche italiane il 2 febbraio, ma distribuito in quelle sudcoreane a partire dal 29 giugno 2022 e vincitore al 75º Festival di Cannes del Prix de la mise en scène

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La trama del film si sviluppa attorno alle indagini condotte dal detective Jang Hae-Jun (Park Hae-Il) sulla misteriosa morte di un ufficiale dell’immigrazione in pensione ai piedi di una montagna nei pressi di Busan. L’incontro con Song Seo-rae (Tang Wei), la misteriosa e seducente vedova della vittima, che non appare per nulla turbata dal recente lutto, segnerà un punto di svolta nella vita dell’investigatore, che fino a quel momento ha vissuto un’esistenza consumatasi in un lento progredire fatto di inerzia e declino. 

Anche questa pellicola non si sottrae alla logica consolidata che fa sì che le opere di Park Chan-Wook non seguano un percorso lineare e che siano raramente prevedibili. 

Ad orientare le vicende ci sono fonti d’ispirazione assai diverse tra loro, in primis i romanzi della serie di Martin Beck scritti da Maj Sjöwall e Per Wahlöö e poi, una delle canzoni preferite del regista ovvero Mist, il brano di debutto della famosa cantante folk sudcoreana Jung Hoon-Hee. 

Si sposano poi perfettamente atmosfere, estetica e inquadrature desunte dal cinema dei grandi registi dell’Espressionismo tedesco, quali Fritz Lang e Friedrich Wilhelm Murnau (sorprendente il lavoro del direttore alla fotografia Kim Ji-Yong) e dei registi del noir «classico» quali Billy Wilder, John Huston, Orson Welles ed Alfred Hitchcock, con la narrazione della struggente storia d’amore raccontata con quell’incredibile raffinatezza e introspezione che solo un regista del suo calibro può concepire.

Silvia Natoli
Studentessa al secondo anno di editoria. Bevo tanti caffè, leggo molti libri, dormo poco e mi interesso principalmente di letteratura, storia e politica.

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