Del: 15 Marzo 2023 Di: Laura Colombi Commenti: 0
Giradischi, gli album consigliati di marzo

Il 15 di ogni mese, 5 album per tutti i gusti: Giradischi è la rubrica dove vi consigliamo i dischi usciti nell’ultimo mese che ci sono piaciuti.


The Necks, Travel – recensione di Gabriele Benizio Scotti

Il trio di jazz d’avanguardia australiano torna dopo 3 anni dall’ultimo album ufficiale con Travel. La copertina dice già molto, un album dalle tinte oscure, dai suoni estremamente ripetitivi e soffocanti in suite di jazz avanguardistico molto interessanti. I The Necks riescono a non suonare “fuori tempo massimo”, e seppur non sarà il migliore dei loro lavori questo Travel scorre molto bene nell’ora e ventisei che dura. La misteriosa Signal apre le danze e lascia il posto all’opprimente Forming, per poi chiudersi con la meccanica Imprinting e col rumorismo di Bloodstream. Quattro tracce tutte con la loro identità e tutte scritte come si deve. Senza dubbio un disco da prendere in considerazione.


Giovanni Lami, Michele Buda, Marco Zanella, Monumento fiume – recensione di Gabriele Benizio Scotti

In 2021, the Municipality of Cotignola, Ravenna, invited sound artist and composer Giovanni Lami to participate in an artist residency as part of a broader project aiming to investigate the anthropic landscape of the local area.

Questo recita la descrizione bandcamp dell’ultimo album del ravennate Lami, che è un disco di registrazioni da campo, per l’appunto fatte a Cotignola. Non c’è molto da dire a livello musicale, se non che a volte è utile ricordarsi che la musica è composta anche da questi esperimenti che talvolta sanno essere molto interessanti come in questo caso. Lami, che ci aveva fatto già sentire cose positive in lavori come Bias, cambia ora leggermente il tiro, rendendo il tutto se possibile ancora più astratto. Ad ogni modo per spiegare il disco pensiamo non ci siano parole migliori che le parole che vengono usate sempre su bandcamp:

The two-piece composition Monumento Fiume stems from the huge body of field recordings collected by Lami throughout his residency period, which is going to contribute to the soon-to-be Sound archive of Cotignola. As Massimiliano Fabbri points out in the liner notes, “Monumento Fiume” is an oxymoron: this may reflect the both static and dynamic ecology rendered in these two pieces almost entirely crossed by a constant, throbbing tension.


Slowthai, Ugly – recensione di Gabriele Benizio Scotti

Slowthai aveva iniziato la carriera in maniera discreta, per poi tirare fuori un album un po’  anonimo deludendo parzialmente le aspettative. Con questo album prova qualcosa di nuovo, ovvero a congiungere l’hip hop britannico al post-punk. Ultimamente il post-punk sembra in grande rispolvero, dunque l’operazione di Slowthai non suona così originale, anzi suona anche un po’ stereotipata. Ma detto ciò non suona male, e questo è l’importante. Brani come Selfish hanno il piglio giusto e intrattengono l’ascoltatore, l’intro Yum funziona e anche il resto del disco va in questa direzione. Dunque se si va oltre quel senso di già sentito, si trova un disco post-punk interessante, reso dinamico dagli influssi hip hop e con buone idee.


Kali Uchis, Red Moon in Venus – recensione di Laura Colombi

Tra le voci che ci seguiranno la prossima estate troveremo probabilmente quella di Kali Uchis, cantante pop statunitense già celebratissima e con alle spalle ormai dieci anni di carriera.

Il suo Red Moon in Venus, pubblicato lo scorso 3 marzo da Geffen e EMI, si rivolge volutamente a un pubblico ampio, e il bello è che sa farne un elemento di pregio, creando un prodotto che sa captare varie fasce d’età, mercati – come intuiamo anche dai sottotitoli automatici della hit I Wish you Roses, in coreano su YouTube – e generi, pur presentando una spiccata vena di femminilità.

Red Moon in Venus si compone di tante piccole tracce – quasi sempre rigorosamente da 2 minuti e 30 – che, come perle, compongono la collana di una signora. Non per nobilitare con una similitudine, ma proprio a significare che in questo ascolto le immagini e le sensazioni hanno un ruolo fondamentale: ciò accade fin dalla prima traccia, la già citata I Wish you Roses, e regala una bel brano come Moonlight, da un certo punto di vista il più riuscito.

Anche se si poteva fare qualcosa di più sui testi (che, come spesso succede, diventano a volte banali) e l’ascolto per intero può divenire perfino stucchevole, avevamo bisogno di un lavoro pop/r&b senza troppe pretese ma allo stesso tempo fatto come si deve.


Young Fathers, Heavy Heavy – recensione di Laura Colombi

In verità l’ultimo lavoro del gruppo alternative rap britannico Joung Fathers non ci ha entusiasmati come ci aspettavamo.

Mentre al primo ascolto Heavy Heavy suona piuttosto suggestivo, a un secondo sembra di ritrovarsi ad ascoltare i Coldplay. Quella che è la cifra dei Joung Fathers, ovvero la costruzione di brani a partire da semplici motivi, che vengono poi di continuo intensificati o diluiti, questa volta non funziona.

L’album contiene tuttavia degli spunti interessanti, che si potrebbero sviluppare diversamente: I Saw (uscito come singolo già a ottobre) è per esempio un pezzo gradevolissimo e sicuramente d’impatto. Più in generale, buone le commistioni con la musica afro, con le voci a ripetere motivi semplici ma significativi (come nel caso della frase “I need to eat more rice” contenuta nella prima traccia Rice), meno il ritorno agli ‘80 che in qualche caso si fa sentire senza donare niente di più.

Laura Colombi
Mi pongo domande e diffondo le mie idee attraverso la scrittura e la musica, che sono le mie passioni.

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