Del: 19 Marzo 2023 Di: Candida Battaglia Commenti: 0

Una tortuosa vicenda che ancora oggi fa parlare di sé e necessita una spinta da parte degli attori istituzionali ad una maggiore rigidità politica e attenzione al tema, che sempre più ci tocca da vicino.

Una storia di continue lotte politiche, aziendali e sindacali, giudiziarie, quella del Gruppo Solvay, stabilimento in prima linea nella fabbricazione della soda presente in Italia, a Rosignano Solvay in Toscana dal 1912, ma di fatto istituita nel 1863 in Belgio da Ernest Solvay. Con headquarters situato a Bruxelles, oggi è attivo a livello internazionale nel settore dei materiali avanzati e delle specialità chimiche, presente in 64 paesi, con 110 siti produttivi e 20 centri ricerca. L’attività ha un impatto non indifferente sull’ambiente provocando seri danni alla salute.

I pericoli dei processi e delle sostanze chimiche di Solvay sono diventati evidenti al pubblico a metà degli anni Ottanta. 

Le “spiagge bianche” lungo la costa sono diventate una meta turistica gettonata a partire dagli anni ’60. Si tratta delle cosiddette “Maldive della Toscana”, slogan perfetto che nasconde la vera origine del loro candore, dovuto alla dispersione del 90% di calcare e per il 10% circa di cloruro di calcio, rientrando così tra i 15 tratti costieri più inquinati del Mediterraneo, per non parlare della presenza di metalli pesanti quali mercurio, arsenico, cadmio, cromo e piombo.

L’inquinamento sulla costa di Rosignano Solvay (Livorno) è visibile dal satellite

Per sapere quali sono le sostanze scaricate attualmente in mare dalla Solvay è necessario consultare la dichiarazione PRTR raccolta nell’E-PRTR, l’European Pollutant Release and Transfer Register, un registro che contiene le informazioni su inquinanti in aria, terra e acqua di tutti gli stabilimenti presenti sul territorio europeo. 

Solvay dichiara di aver scaricato in mare 3,88 tonnellate di arsenico, 3,7 tonnellate di cromo, 59 chili di mercurio e svariati altri inquinanti.

Nel corso degli anni sono stati siglati non pochi accordi tra la Regione Toscana e la fabbrica in questione, insieme ad altri enti istituzionali e non, sfiorando cifre da capogiro per finanziamenti a lungo termine.

Nel marzo 2001 è stato avviato un procedimento amministrativo di bonifica, dalla Regione Toscana, ma mai concluso. Nel 2003 Solvay ha firmato un accordo con le autorità locali per raggiungere specifici obiettivi ambientali. Per ottemperare a tali accordi, Solvay ha ottenuto dal Ministero dell’Ambiente un contributo a fondo perduto di 30 milioni di euro. Nel 2007, tuttavia, l’impianto era in gran parte inadempiente ai suoi impegni. 

L’anno seguente la Onlus Medicina Democratica ha sporto denuncia alla Procura della Repubblica di Livorno contro Solvay per la presenza di quattro canali di scarico illegali e l’elusione dei limiti alle emissioni di sostanze nocive, compreso il mercurio, oltre sei volte il limite di legge.

Il processo si è concluso nel 2013 dopo che la società ha negoziato un patteggiamento secondo il quale, tra l’altro, attuerebbe un piano per ripulire l’impianto e garantirne la conformità entro il 2015. Tuttavia, Solvay ha continuato a contestare le conclusioni del pubblico ministero, affermando che i livelli di metalli pesanti non avevano violato la legge, e lo ha fatto non rivelando la sentenza di patteggiamento agli investitori.

Diversi blackout elettrici risalenti agli anni 2007 e 2017 hanno causato la fuoriuscita di azoto ammoniacale, finita poi in mare attraverso l’unico fosso di scarico (Fosso bianco) causando la presenza di pesci morti sulla spiaggia.

L’Agenzia Regionale per la protezione Ambientale (ARPAT) aveva accertato la presenza di ammoniaca in acqua e, nonostante ciò, non è stato applicato alcun divieto di balneazione.

I risultati hanno evidenziato un eccesso di mortalità per malattie cronico-degenerative nell’area ad alta concentrazione di attività inquinanti. La vicinanza agli stabilimenti industriali è stata ritenuta un fattore di rischio per tali malattie.

L’azienda da sempre cerca di migliorare gli impatti sull’ambiente tramite il rinnovamento dei processi produttivi. Sempre in quegli anni, infatti, la regione Toscana ha stanziato 500.000 euro (che si aggiungeranno agli 11,1 milioni di euro che metterà il Mise) per il miglioramento energetico dello stabilimento Solvay a Rosignano Marittimo.

Nel 2019 l’agenzia di rating Msci ha assegnato alla Solvay il punteggio massimo (AAA), altre società le hanno assegnato comunque dei voti buoni, anche se operano in campo chimico o petrolifero. Questo ha prodotto degli anticorpi interni all’ambiente industriale e finanziario.

Secondo queste valutazioni acquistare un titolo Solvay sarebbe considerato un investimento “sostenibile”.

Infatti, ormai miliardi di dollari vanno su asset Esg cioè Environmental, Social and Governance (ossia le istanze ambientali, sociali e di governance), che sarebbero i criteri chiave di natura non finanziaria che gli investitori possono integrare nel loro processo d’investimento.

Solvay risponde affermando che «lo stabilimento di Rosignano produce carbonato di sodio da oltre un secolo e si attiene a rigorosi standard ambientali». Nel 2021 sono stati presentati due esposti alla procura di Livorno contro la Solvay: il primo curato dal deputato M5s Francesco Berti, dalla consigliera grillina Silvia Noferi e dall’avvocato Vittorio Spallasso, il secondo da Berti insieme a Giuseppe Bivona, cofondatore del fondo internazionale di investimento Bluebell Capital Partners. Entrambi gli esposti contestano le comunicazioni ufficiali dell’azienda che starebbe adottando tecniche esplicite di greenwashing.

E nel gennaio 2022 il ministro per la Transizione Ecologica ha rinnovato a Solvay per 12 anni il permesso di prevenzione e controllo integrato dell’inquinamento per Rosignano. Dichiara Berti: «Il nostro obiettivo è fargli bonificare tutta l’area».

La Solvay ha pensato bene di introdurre un piano d’azione da 15 milioni di euro per ridurre le emissioni di calcare del 20% nel 2030 e del 40% entro il 2040. 

«Siamo impegnati nel migliorare costantemente la sostenibilità dei nostri processi» ha dichiarato Philippe Kehren, presidente della divisione Soda Ash & Derivatives di Solvay.

Nonostante In Italia ci sia il più vasto e pesante disastro causato da PFAS, non vi è una regolamentazione. A un anno dalla richiesta da parte di nove associazioni e comitati (tra i quali Greenpeace, Comitato Stop Solvay, Medici ISDE, Legambiente), indirizzata al Ministero della Transizione Ecologica, al Ministero della Salute, al Ministero dello Sviluppo Economico e al Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, di una legge nazionale che tuteli ambiente e persone, non risultano evidenze di una bozza costituzionale al riguardo.

Marcos Orellana, relatore speciale Onu si esprime così nella sua relazione a seguito dell’ispezione a giugno 2021: «L’Italia ha il dovere di prevenire l’esposizione a sostanze e rifiuti pericolosi. L’unico modo per proteggersi dalla violazione dei diritti umani che l’Italia si è impegnata a sostenere è prevenire l’esposizione. Questo è un obbligo fondamentale che spetta allo Stato. Tuttavia, anche le aziende hanno responsabilità critiche per prevenire l’esposizione».

Come affermato da Orellana, nonostante le ingenti risorse pubbliche ricevute da Solvay (oltre 100 milioni di euro), la situazione ambientale del sito non è migliorata in modo significativo.

Qualcosa sembra che si stia muovendo a livello europeo: Toxic Waters. Stop polluting our seas! è stato infatti lo slogan dell’evento organizzato per mercoledì 15 giugno 2022 al parlamento europeo dall’eurodeputata Eleonora Evi, co-portavoce nazionale di Europa Verde, per mettere in evidenza lo stato di salute degli oceani e dei mari e ragionare delle misure da adottare per «arginare un fenomeno che ha ormai assunto dimensioni allarmanti», sostiene Evi. E continua: «Bisogna mettere in atto una politica seria e previdente, che metta al primo posto la salute di cittadini e ambiente, non i profitti delle multinazionali».

Articolo di Candida Battaglia

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