Domenica 26 febbraio oltre un milione di elettori ha espresso la propria preferenza alle primarie organizzate dal Partito Democratico, e il risultato è tanto inaspettato quanto meritevole di analisi:
vince Elly Schlein con il 53,8% dei voti contro il 46,2% dell’avversario Stefano Bonaccini.
«Ce l’abbiamo fatta, insieme abbiamo fatto una piccola grande rivoluzione, anche questa volta non ci hanno visto arrivare» ha dichiarato la neoeletta segretaria: è stato di fatto ribaltato quanto era emerso nel primo turno di votazioni, a cui potevano partecipare solo gli iscritti al partito, dove il Presidente dell’Emilia-Romagna appariva in netto vantaggio.
Nonostante l’affluenza sia comunque inferiore rispetto alle primarie degli anni scorsi, per il Pd era importante raggiungere almeno quota un milione di votanti vista la scarsa partecipazione alle ultime elezioni politiche e regionali e gli scoraggianti risultati raccolti dal partito.
L’evidente discrasia tra il voto dei circoli e il risultato definitivo può trovare una giustificazione proprio nelle adesioni alla seconda fase di primarie: a presentarsi presso i gazebo di tutta Italia sarebbero stati anche i simpatizzanti e gli scontenti in cerca di una riscossa del Pd, spinti a votare per una candidata nuova che si è presentata con un’idea chiara di partito. E quest’idea è nettamente orientata verso sinistra rispetto alle posizioni assunte dal Pd negli ultimi anni.
Tale inclinazione a sinistra si ritrova in modo evidente sia guardando alla carriera di Elly Schlein, sia leggendo il suo programma.
Oltre ad aver lavorato come volontaria per la campagna elettorale di Barack Obama, Schlein emerge nello scenario politico italiano promuovendo OccupyPd in protesta contro i 101 franchi tiratori che impedirono l’elezione al Quirinale di Prodi, lanciando già allora un appello di riforma per il Pd. Viene eletta europarlamentare, ma abbandona il partito a causa dei contrasti con il segretario Matteo Renzi, sostenendo e collaborando con Pippo Civati.
Il primo grande successo di Schlein è entrare nel consiglio regionale emiliano nel 2020 con 22mila preferenze, nominata poi vice-presidente con delega al welfare proprio dal suo futuro contendente Bonaccini. Si afferma dunque come rappresentante del volto più giovane e rinnovatore del Pd, pur non essendosi tesserata fino alla candidatura per la segreteria.
Schlein si è sempre presentata al suo elettorato assumendo posizioni forti, dando voce alle istanze dei più giovani, spesso delusi dal poco coraggio dimostrato dal partito che doveva rappresentare la più grande forza di sinistra italiana. Basti ricordare il video diventato virale in cui affronta Matteo Salvini chiedendogli di rendere conto delle mancanze del suo operato in Unione Europea circa le questioni migratorie.
Quando parla di “piccola grande rivoluzione”, Schlein non abbonda troppo con la retorica.
Il programma che ha presentato per riformare il Pd, che è stato votato e quindi apprezzato dalla maggioranza degli elettori, è fedele e coerente rispetto al suo passato.
Primaria importanza è data all’ambiente, alla conversione ecologica, all’investimento sulle energie rinnovabili (il no al nucleare è invece netto) e alle tasse green. Riguardo la politica fiscale sottolinea l’importanza della tassazione progressiva, impegnandosi anche nella lotta contro le disuguaglianze e discriminazioni sociali. Propone maggiori investimenti nella scuola pubblica e nel sistema sanitario nazionale a scapito del settore privato. Infine, cardine del programma sono i diritti: legge contro l’omobilesbotransfobia, diritti delle famiglie omogenitoriali, piena attuazione della legge 194 sull’aborto, legalizzazione della cannabis e regolamentazione dell’eutanasia.
Il trionfo dall’ala più giovane e a sinistra del Pd è sicuramente sintomo di una volontà di cambiamento, specialmente a seguito della perdita di consensi duramente constatata alle elezioni di settembre 2022. Si concretizza la possibilità di riabbracciare frange del corpo elettorale che si erano allontanate dalla nave madre a causa di governi di larghe intese e compromessi, così come si cercherà di ricompattare i diversi partiti satellite di sinistra.
È in questo senso emblematico il riavvicinamento di Pier Luigi Bersani: non sono soltanto le nuove leve a poter spingere per la rinascita del Pd, ma anche tutti coloro che hanno attraversato la lunga storia di questo partito (a partire dal Pci, passando per Pds e Ds). La stessa neoeletta segretaria ha fatto riferimento a storici elettori che si sono recati alle urne con un fermo desiderio di novità: «Mi ha molto colpito la voce di alcune centenarie che oggi sono andate a votare per me e hanno detto che erano più di 90 anni che aspettavano di votare una segretaria». Oltre ad attirare a sé le nuove generazioni in fermento, il Pd di Schlein ha l’opportunità di fare affidamento sull’importante tradizione di sinistra che non è mai stata dimenticata da alcuni strati della popolazione.
D’altro canto però Schlein dovrà fare i conti con un partito animato da numerose correnti senza l’appoggio di una maggioranza assoluta.
La nuova segretaria ha ricevuto il supporto da molti “big” durante la campagna per le primarie (Franceschini, Zingaretti, Orlando, Provenzano), ma le prime defezioni sono arrivate immediatamente dopo l’elezione: Beppe Fioroni ha abbandonato il Pd, di cui è uno dei fondatori, perché ormai orientato troppo a sinistra. Il rischio è che i ritiri aumentino e sarà compito di Schlein tenere unito il partito, senza però rinunciare al suo progetto.
Si allontana definitivamente la possibilità di un’alleanza con l’asse Renzi-Calenda, e il Terzo Polo si starebbe già preparando ad accogliere gli esuli del Pd a seguito di questa virata a sinistra. Non tardano ad arrivare anche le reazioni da parte degli esponenti di centrodestra. Gasparri si dichiara contento dell’elezione di Schlein, prevedendo future divisioni e dissidi interni al centrosinistra che finiranno per favorire l’attuale maggioranza. Arrivano congratulazioni e auguri di buon lavoro anche da Matteo Salvini e Silvio Berlusconi, mentre il dialogo con la premier Giorgia Meloni sembra già animarsi.
Già nelle sue prime parole da segretaria, Elly Schlein ha sottolineato che il Pd come forza di opposizione sarà “un bel problema per il governo Meloni”. E nella replica della Presidente del Consiglio si intravede già una possibile anteprima di un aspro scontro politico: «mi aspetto una opposizione durissima […] per noi la democrazia non è stata un problema mai, semmai lo è stato per la sinistra, per noi il confronto se è fatto sulle idee è una buona notizia».
Per la prima volta nella storia della Repubblica i due principali partiti italiani sono guidati da donne. E non potrebbero essere più opposte di come sono.
Da un lato, la segretaria del partito più a destra tra quelli in Parlamento, dall’altro chi si propone di fondare una nuova forza maggioritaria di sinistra. Al famoso slogan “sono una donna, sono una madre, sono cristiana” di Giorgia Meloni, Elly Schlein ha contrapposto “sono una donna, amo un’altra donna e non sono una madre, ma non per questo sono meno donna”. Non esiste un modo più chiaro per esprimere le due diverse concezioni politiche e di femminismo che hanno le due leader.
Sono molteplici gli ambiti in cui le loro visioni divergono completamente. La segretaria di FdI è spesso stata al centro delle polemiche per le sue dichiarazioni sull’aborto (“daremo alle donne il diritto a non abortire”) ed è stata accusata di voler indebolire la legge 194. Schlein invece vorrebbe rendere gratuita la pillola abortiva RU486. Meloni si è sempre opposta alle famiglie omogenitoriali (diventato virale il suo accanimento contro la terminologia “genitore 1 e genitore 2”). La nuova segretaria dem ha una compagna e promuove la cessazione della discriminazione verso le cosiddette famiglie arcobaleno.
La battaglia politica è dunque aperta: ci si aspetta che ad ogni inciampo del governo Meloni Elly Schlein e il suo Pd sappiano rispondere con un’opposizione seria e coerente. Ma la neoleader dovrà affrontare un’ulteriore sfida, ossia proporsi come guida autorevole e capace per la sinistra italiana, trasformando i discorsi programmatici in fatti concreti e tangibili e compattando attorno a sé partito ed elettorato.
Il mandato che le è stato affidato con la vittoria delle primarie è estremamente chiaro, ma non altrettanto semplice: trovare la giusta miscela per unire la tradizione politica del suo partito e la voglia di un cambiamento che è ormai irrimandabile.