Del: 20 Marzo 2023 Di: Giorgia Fontana Commenti: 0
Pillole di economia. La trappola della liquidità

Le tematiche di carattere economico rientrano senza dubbio nel ventaglio di argomenti spesso difficili da comprendere a fondo per chi non ne ha mai approfondito lo studio. Abbiamo deciso di dare vita a questa rubrica nella quale cercheremo di sviscerare, con il linguaggio più semplice e accessibile possibile, vari temi economici legati all’attualità. A questo link trovate le scorse puntate.


Se un tempo questa tematica veniva trattata dai macroeconomisti come un problema marginale, le recenti dinamiche finanziarie hanno riportato al centro dell’attenzione la trappola della liquidità. 

Nonostante il termine “trappola della liquidità” sia più recente, il suo concetto fu sviluppato da Keynes già negli anni ’30. Dopo la sua definizione, tuttavia, non si presentò mai un’occasione in cui la teoria si concretizzò, o almeno non fino ai tempi nostri. Dal 2009, infatti, i mercati finanziari hanno subito importanti shock, di cui tuttora mostrano le cicatrici: un esempio lampante è il recente crollo di SVB e Credit Suisse. Ma cosa c’entra la trappola della liquidità con il mercato odierno?

Per comprendere appieno questo fenomeno finanziario, è necessario prima un breve ripasso su cos’è e come viene regolato il tasso d’interesse dalle banche centrali. 

Il tasso di interesse è per definizione il costo-opportunità del detenere moneta anziché titoli. Facciamo un esempio. Se come risparmiatore ho accumulato una somma equivalente a 100 €, mi troverò di fronte ad un bivio: liquidare l’ammontare accumulato e convertirlo in contanti, oppure, per lo stesso valore, acquistare dei titoli che mi garantiscano un interesse alla loro maturazione. In numeri, un titolo annuale al tasso d’interesse del 5% mi ripagherà, una volta scaduto, 105 € (al lordo dell’inflazione). Quei 5 € rappresentano il tasso di interesse e, in senso lato, quanto mi costa non investire i 100 € iniziali. Dunque, è logico dedurre che più alto sarà il tasso di interesse, più propensi saranno i risparmiatori ad optare per i titoli anziché per la moneta. 

Dall’altro lato la Banca centrale, scegliendo opportunamente l’offerta di moneta (ossia quanta moneta immettere sul mercato), è sempre in grado di modificare il tasso di interesse fino a quello desiderato. Questo perché, riducendo la moneta in circolazione, essa diventerà più “rara” e ciò farà crescere il tasso di interesse. Viceversa, un aumento della moneta in circolazione la renderà più comune e permetterà la riduzione dei tassi.  A sentirla così, sembrerebbe che le banche centrali detengano il totale controllo sul mercato della moneta. In realtà, non è così, ed è proprio qui che subentra il concetto di trappola della liquidità.

È importante rendersi conto che il tasso di interesse può fluttuare tra valori alti e bassi, ma non può mai scendere sotto lo zero, un limite conosciuto con il nome di zero lower bound. 

Il ragionamento che vi sta dietro è abbastanza semplice: se il tasso di interesse scendesse al di sotto dello zero, significherebbe che i creditori dovrebbero “pagare” per prestare del denaro. Riprendiamo l’esempio dei 100 € risparmiati. Se il tasso di interesse, anziché essere al 5%, fosse al -5%, non solo mi converrebbe convertire tutto il mio risparmio in contanti, ma investire in titoli sarebbe addirittura una perdita: allo scadere del titolo avrei indietro soltanto 95€. 

Era convinzione comune che per le banche centrali portare i tassi di interesse al di sotto dello zero non potesse mai risultare conveniente. Tuttavia, la crisi finanziaria recente ha cambiato le carte in tavola. Banche come la Fed e la BCE avrebbero voluto abbassare il loro tasso di interesse a livelli negativi, ma lo zero lower bound non lo ha permesso. Perché? Quando il tasso di interesse diventa uguale a zero, le persone scelgono di tenere una quantità di moneta almeno pari a ciò che gli serve per gli scopi transattivi. Infatti, quando hanno abbastanza moneta per effettuare le transazioni, i risparmiatori diventano indifferenti tra tenere il resto della loro ricchezza finanziaria in titoli o in moneta. 

La ragione è sempre la stessa: se i tassi di interesse sono pari a zero non si avrà né guadagno né perdita nell’acquistare titoli o venderli, né nel detenere moneta.

In questa situazione, la politica monetaria non è in grado di ridurre ulteriormente il tasso di interesse. Pur immettendo nuova moneta nel mercato, la Banca centrale non otterrebbe il risultato sperato, ossia influenzare il tasso di interesse, e cadrebbe così in una trappola monetaria. La mancanza di potere delle banche centrali sul tasso di interesse è un fenomeno complesso e pericoloso, perché implica che non esistano stimoli finanziari per migliorare le condizioni economiche in una situazione di crisi. È quello che è successo prima negli Stati Uniti e poi in Europa nel 2008 e, più recentemente, durante la pandemia. 

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J.P. Morgan Private Bank

Informazioni tratte da: Macroeconomia. Una prospettiva europea di Olivier Blanchard, Alessia Amighini, Francesco Giavazzi (Il Mulino).

Giorgia Fontana
Ciao! Sono Giorgia, ho 19 anni e frequento il corso di Economia e Management all'Università degli Studi di Milano. Nella vita, mi piace essere green e far sapere agli altri che la sostenibilità non deve essere per forza noiosa! Qui su Vulcano, mi troverete come referente della rubrica di Economia :)

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