
Centinaia di persone di ogni età si sono riversate nelle strade della capitale georgiana, Tbilisi, in questi ultimi giorni, sventolando bandiere dell’Unione Europea come simbolo di protesta e libertà. A scatenare la rabbia del popolo georgiano è stato un disegno di legge sugli “Agenti stranieri”, che ha ricevuto l’appoggio da parte del governo. In particolare, la proposta è stata portata avanti dal partito di maggioranza, ormai al potere da più di dieci anni, il “Georgian dream party” e dal primo ministro Irakli Garibashvili. Garibashvilli ha infatti ribadito che le disposizioni della legge “soddisfano gli standard europei e globali”, confermando il suo pieno supporto alla proposta di legge. Al contrario, la presidente georgiana Salome Zourabichvili, alla guida del paese dal dicembre 2018, si è apertamente dichiarata contraria in un video-messaggio di sostegno alle proteste, in quanto limiterebbe la libertà delle ONG, e sarebbe estremamente dannoso per la trasformazione democratica della società georgiana, ma soprattutto per l’integrazione Europea. Zourabichvili ha poi concluso promettendo di porre veto al disegno di legge.
Secondo il provvedimento, tutte le ONG e i media che attualmente ricevono più del 20% di finanziamenti da stati esteri dovrebbero registrarsi e fornire una dichiarazione finanziaria annuale, dichiarandosi come “Agenti stranieri”, pena la pubblica umiliazione e multe molto salate. La proposta è stata fin da subito definita una “Legge russa”. Infatti, non a caso, nel 2012, è stata proprio la Russia ad aver adottato una legge simile, per identificare le organizzazioni che ricevevano fondi dall’estero come “Agenti stranieri” e mettere a tacere i dissensi e la libertà di espressione. La legge, all’epoca segnò un momento cruciale che consentì al governo di Putin di affossare alcuni dei gruppi militanti più importanti nel campo dei diritti umani.

Il termine “agente” è evidentemente portatore di una connotazione negativa che impatterebbe fortemente l’opinione pubblica. A detta di molti, lo scopo del governo in carica, nell’ipotetica adozione di una simile legge, sarebbe la marginalizzazione delle organizzazioni della società civile con l’accusa di tradire gli interessi dello stato. Tuttavia, le stesse organizzazioni messe sotto accusa oggi stanno lavorando per migliorare la società e allontanarla il più possibile dalla pesante e onnipresente presenza russa.
L’adozione di una simile legge in Georgia significherebbe non solo limitare la libertà del popolo georgiano, ma anche azzerare la possibilità del paese di divenire uno stato membro dell’Unione Europea e della NATO.
Inoltre, rappresenterebbe una vera e propria svolta autoritaria del paese. La spaccatura politica tra il governo e l’opinione pubblica si era già resa evidente quando il governo georgiano si era rifiutato di schierarsi nella guerra in Ucraina ormai più di un anno fa, nonostante molti georgiani simpatizzassero per l’Ucraina. La Russia è infatti vista come uno stato “nemico” e una presenza scomoda da molti georgiani. In particolare, la situazione è precipitata dopo il secondo sanguinoso conflitto avvenuto nel 2008 in un territorio riconosciuto dai russi come “Ossezia del sud”. La guerra si concluse con la dichiarazione di indipendenza, sostenuta dalla Russia, dei due territori: dell’Ossezia del Sud e quella dell’Abkhazia, un’area ricca di risorse minerarie situata sul Mar Nero. I territori sono ad oggi riconosciuti solo da alcuni stati: Russia, Venezuela, Nicaragua, Nauru e Siria. Per il resto della comunità internazionale, rimangono territori georgiani.
Attualmente, circa il 20% del territorio nazionale georgiano risulta occupato da truppe russe.
La reazione del popolo georgiano, pronto a difendere i valori democratici ed europei, non si è fatta attendere, migliaia di persone si sono riversate per le strade della capitale fin da subito, sventolando la bandiera dell’Unione Europea e quella Ucraina, intonando l’Inno alla Gioia fuori dal parlamento e soprattutto, un coro forte e chiaro: “NO to the russian law”. La polizia della capitale ha immediatamente reagito, utilizzando sulla folla cannoni ad acqua, gas lacrimogeni e spray al peperoncino per disperdere l’enorme e crescente protesta. Tutto ciò però non è servito a fermare l’amore del popolo georgiano per la loro nazione e per le istituzioni europee.
I politici del partito che aveva sostenuto il nuovo disegno di legge hanno deciso di ritirarlo dopo due intensi giorni di proteste dell’opinione pubblica. La loro posizione in merito però rimane invariata. Il “Georgian dream” ha infatti ammesso che la proposta di legge ha “Causato divergenze di opinione nella società“. Incolpando i media, o meglio la “macchina di menzogne” di averla messa in una luce del tutto negativa, ingannando il pubblico.