Del: 4 Marzo 2023 Di: Armando Cencini Commenti: 0

Il lavoro dell’operatore sanitario è oltremodo complesso e in nessun caso può ad esso imputarsi responsabilità giuridica per il mancato raggiungimento del risultato sperato. Difatti, così come per le altre professioni intellettuali, il rapporto che s’innesta tra sanitario e paziente configura lo schema giuridico dell’obbligazione di mezzi: il medico non promette nulla al malato, ma si impegna a tenere un comportamento che soddisfi il suo interesse, senza che il raggiungimento di un particolare risultato sia da ritenersi essenziale.

In poche parole, come non si può far valere una responsabilità professionale se l’avvocato perde il processo, non è imputabile il medico, sulla semplice constatazione che il suo paziente sia morto.

Per questi motivi, in ravvisati casi di errore medico o di più generale “malasanità”, può essere opportuno proporre una richiesta di risarcimento danni. Di seguito alcune indicazioni.

Finalità del danneggiato

In primo luogo, è necessario appurare quale sia lo scopo dell’attore. Nei successivi paragrafi sarà fatto richiamo ad un procedimento denominato “azione civile”, atto con il quale non si cerca di infliggere una punizione al responsabile dell’illecito, bensì compensare la vittima con un’equa riparazione del danno (cioè una somma di denaro).

D’altra parte, affidarsi alla giustizia penale per la risoluzione di un sinistro di questo tipo è sempre una scelta da prendere con cautela: un’azione penale comporta grosse problematiche a livello processuale, ed è sconsigliata nella maggior parte dei casi; può essere invece indicata quando sia necessario compiere indagini urgenti o irripetibili; quando sia necessario procedere al sequestro di luoghi, strumenti, dispositivi o documenti per i quali si teme la manomissione; infine, quando vi siano particolari istanze morali e/o deontologiche da far valere.

Quando fare causa all’ospedale per ottenere il risarcimento dei danni?

È possibile ottenere un risarcimento danni nei confronti dell’ospedale nei casi in cui il paziente risulti danneggiato a causa di carenze organizzative e/o igieniche (le infezioni rappresentano una tra le più rilevanti casistiche) direttamente riconducibili alla struttura. Inoltre, può ravvisarsi responsabilità anche quando i danni siano provocati da condotte, attive od omissive, tenute dai sanitari (medici, infermieri, operatori etc..) che si discostano dal modello scientifico di riferimento, un esempio di diligenza qualificata.

In questo frangente si ricordi che a seguito di una recente riforma legislativa (l. 24/2017 Gelli-Bianco) la responsabilità civile del singolo medico è stata subordinata a quella della struttura.

Più precisamente, è stata “risolta” una lunga questione giurisprudenziale che riteneva l’esistenza di un contatto sociale qualificato (sanitario-paziente) tale da far sorgere, in ossequio al principio di buonafede (artt. 1175 e 1375 c.c.), taluni doveri di protezione di natura contrattuale. Questa elaborazione permetteva che la responsabilità professionale del medico seguisse i dogmi della responsabilità contrattuale ex art. 1218 c.c., implicante un onere probatorio semplificato e subordinato ad un termine prescrizionale di dieci anni.

La “decontrattualizzazione” della responsabilità operata dalla legge “Gelli-Bianco” comporta maggiori oneri probatori a carico del paziente con una serie di ostilità – l’attore dovrà dimostrare tutti gli elementi costitutivi della fattispecie entro un termine di prescrizione quinquennale – ponendo il singolo medico in una situazione di vantaggio. Dunque, ai fini risarcitori, ci si rivolgerà (di norma) contro la struttura, civilmente responsabile ex art. 1218 c.c.

Richiesta della cartella clinica

La cartella clinica redatta dal medico di una struttura sanitaria, in ogni sua parte, ha natura di atto pubblico munito di fede privilegiata. Essa consiste nella documentazione completa di tutte le informazioni anagrafiche e cliniche del paziente, indicando le attività diagnostico-terapeutiche svoltesi nell’intero arco della degenza.

Nell’ottica di un’eventuale richiesta di risarcimento un tale documento assume una duplice importanza:

dal punto di vista funzionale rappresenta un indispensabile strumento medico-legale per ricostruire la vicenda e accertare la presenza di responsabilità; invece, in termini di prova, un’irregolare compilazione della cartella clinica non consentirà alla struttura di trovare utilità nelle annotazioni ivi contenute, comportando, quindi, un non indifferente vantaggio per il danneggiato (in questi casi, infatti, è consentito il ricorso a particolari mezzi probatori, le presunzioni, art. 2727 c.c.).

Esse possono essere utili per fondare una responsabilità seguendo il seguente ragionamento: se l’incertezza di stabilire un’eventuale responsabilità del medico deriva dalla cattiva tenuta della cartella clinica, in linea generale, si ritiene provata la relazione tra la (non diligente) condotta del medico e il danno subito dal paziente.

Richiedere la cartella clinica è relativamente semplice e può procedervi direttamente lo stesso paziente presentando istanza alla Direzione Sanitaria del presidio che detiene il documento. L’Azienda Sanitaria deve rilasciare la cartella clinica entro il termine legale (di 30 giorni) dal ricevimento della richiesta.

Richiesta di risarcimento

Conseguita la documentazione, è possibile procedere con la richiesta risarcitoria (che precisiamo esser rivolta alla struttura e non al medico, a proposito vedi “punto 2”), un procedimento che richiederà il necessario intervento di un avvocato competente e di una preventiva consulenza medico legale.

Esistono più strade per ottenere il risarcimento stragiudizialmente (evitando dunque il contenzioso).

Anzitutto, l’accordo informale. Il tutto ha inizio con una formale diffida all’ospedale, supportata da precostituita documentazione medico legale (indicante la somma determinata a titolo di risarcimento) idonea a dimostrare il danno causato.

Se l’ospedale riconosce la propria responsabilità, si potrà valutare una trattativa sulle somme da liquidare (normalmente gestite dall’azienda attraverso fondi di garanzia regionali). In alternativa l’ospedale può aprire il sinistro presso la propria compagnia assicurativa, in tal caso ci si dovrà sottoporre ad una visita di riscontro presso un soggetto incaricato da quest’ultima. Se i risultati delle visite medico-legali coincidono e la compagnia assicuratrice rileva l’errore sanitario, sarà possibile giungere ad un accordo e comporre la vertenza in via stragiudiziale.

Nel caso di accoglimento della richiesta, l’azienda ospedaliera, o l’assicurazione garante, provvederà a liquidare il danno inviando la relativa quietanza in tempi brevi, compresi in media tra 90 e i 180 giorni, se non si verificano forti contestazioni e se il caso non è particolarmente complicato.

Oltre all’accordo informale è possibile percorrere la strada del procedimento per consulenza tecnica preventiva (o “ATP”).

Il Tribunale competente incaricherà per estrazione un collegio di periti (un medico specializzato in medicina legale e almeno uno specialista nella disciplina oggetto del procedimento), il quale dovrà accertare la sussistenza della responsabilità mediante un’apposita perizia (che potrebbe diventare il punto di partenza per il raggiungimento di un possibile accordo, evitando così il giudizio).

Il termine massimo fissato dalla legge per concludere il procedimento è di sei mesi: termine che inizia a decorrere dal momento in cui è stato depositato il ricorso. In pratica, salvo rinvii ed imprevisti, un procedimento di media complessità si conclude in circa un anno e mezzo/due anni.

Infine, ci si potrà rivolgere alla Camera di Conciliazione, organismo creato con l’intento di agevolare la risoluzione di una controversia. La sua funzione principale è quella di creare un confronto fra le parti e, grazie alla presenza di un professionista della mediazione, trovare un accordo pacifico per risolvere velocemente il problema. Il procedimento dovrebbe concludersi al massimo entro tre/sei mesi.

Problematiche nella trattativa

Nei casi in cui non venga raggiunto un accordo, l’atto per iniziare il successivo giudizio di merito dovrà contenere tutti gli elementi necessari ad evidenziare, non soltanto la responsabilità dell’operatore sanitario e, quindi, il/i fatto/i da cui emerge la stessa, ma, altresì, l’entità del danno biologico e il nesso di causalità tra la condotta e la causazione di questo. I tempi di una procedura di giudizio ordinario dinnanzi al tribunale sono ben più lunghi (e costosi) e possono variare dai 3 ai 5 anni.

Studente di Giurisprudenza all'Università degli Studi di Milano. Scrivo del dinamico rapporto tra tecnologia e diritto con particolare riguardo al mondo dell'impresa.

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