Del: 19 Marzo 2023 Di: Michele Cacciapuoti Commenti: 1
"Uccidetela". Perché Milano non è più Bella da Dio

Nel 2019 veniva creata la pagina Instagram Milano Bella da Dio, che oggi ha quasi 180.000 follower ma che supera i 370.000 se si sommano anche quelli di Facebook, YouTube, TikTok e Telegram (comunque costituiti plausibilmente dalle stesse persone), come affermano loro stessi sul proprio sito web.

Per quanto sia oggi cresciuta al punto da avere un’agenzia e organizzare eventi in discoteca, la pagina deve la sua fama alla natura simile a quella di uno spotted, un tipo di account che condivide segnalazioni da parte dei seguaci. Nello specifico segnalazioni a tema Milano che, pur spaziando dagli scioperi al meteo, si sono presto concentrate sull’elemento del disagio cittadino, alla stregua della più nota Welcome to Favelas: risse, incidenti, rapine e aggressioni.

Se ancora nel biennio 2020-21 la facevano da padrone notizie di episodi microcriminali ad opera delle cosiddette baby gang (termine spesso abusato), dall’anno scorso il focus si è spostato su un gruppo di scippatrici attive principalmente in metropolitana e battezzate come “le borseggiatrici”: da tempo presenti nelle segnalazioni, costituiscono però ora l’elemento maggioritario e più iconico di Milano Bella da Dio, che la scorsa primavera ha aperto un account apposito per i borseggi.

Una prima cosa che negli anni è passata sottotraccia è il diffuso razzismo con cui molti follower reagivano nella sezione commenti («Fiamme nel campo rom» è un commento di poche settimane fa).

Ancora più presente è però la violenza, razzista o meno, intrinseca alla quasi totalità dei commenti sotto i post di Milano Bella da Dio:

«Quello deve morire», «Non hanno ancora trovato quello […] che gli rompe i denti», «Io […] le avrei ammazzate di botte», «L’avrei pestata a sangue», e così via.

Il panorama peggiora quando, da mere invocazioni, queste divengono proposte in prima persona: «[…] mai nessuno che le ammazzi di botte? Inizierò a prendere la metro», «Quanto spero di capitare io in una situazione simile». Un leitmotiv è poi quello di alcune delle borseggiatrici, apparentemente incinte: c’è chi propone «Una sberla così forte da farle abortire il finto figlio», chi un calcio nel ventre «così non si riproducono più».

In alcuni casi si propongono delle vere e proprie spedizioni punitive: nel 2021 scrivevano «Quando organizziamo una simpatica crociata contro i maranzelli?» e «Non avete gente che le massacra di botte […] che se ne frega delle telecamere?», nel 2022 invece «Pestatela per favore se no vengo io», «Organizziamo un raid punitivo?», «Ho proprio voglia di andare a Porta Vittoria con una spranga».

C’è chi suggerisce proprio il modus operandi per cavarsela impuniti:

un utente, presupponendo che le borseggiatrici non avessero i documenti in regola, spiegava che «Se fate reato contro di loro, lo Stato non può fare nulla contro di voi», mentre un altro follower illustrava anche come agire in caso di intervento della polizia.

In alcuni casi il sapore è quello del vecchio squadrismo e i riferimenti ideologici traspaiono da commenti più o meno seri sotto questi video: molti invocano Hitler, Mussolini e i forni crematori, si propone di colpirne uno per educarne cento, o di appenderne uno in ogni piazza descrivendo il reato commesso.

Sarebbe tuttavia un errore ricondurre questo intero microcosmo a pulsioni fasciste alla law and order: in altri casi l’ispirazione è più l’anomia individualista da Far West, come testimonia un utente che fa esplicito riferimento alla serie TV western Yellowstone.

Il vero denominatore comune è l’idea di una giustizia fatta da soli, dell’autodifesa, in sostanza dei vigilantes (si trovano menzionati esplicitamente i personaggi dei fumetti Batman e Punisher).

A questo punto è bene specificare che no, non è tutto quanto imputabile ai gestori di Milano Bella da Dio, che sostengono associazioni benefiche e si sono più volte spesi contro vari tipi di discriminazioni. Per quanto una pagina con questi numeri abbia una responsabilità sul sottobosco che prolifera sotto i propri contenuti, nessuna di queste frasi è stata pronunciata o sostenuta dagli amministratori.

E loro stessi denunciano questa giustizia fai-da-te come conseguente all’indifferenza dello Stato e della giunta Sala: «Non è una società sana» ammetteva uno degli inviati la scorsa settimana, mentre una passeggera del tram li contestava invano.

A dirla tutta, però, descrivere queste azioni come l’estremo rimedio a mali estremi suona molto come una legittimazione.

Milano Bella da Dio ha certo il nobile intento di informare e aiutare i concittadini, con particolare riferimento alla sicurezza delle donne, ma diversi aspetti paiono essere sfuggiti di mano. Mentre la loro battaglia cresceva in notorietà (arrivando all’attenzione di Fuori dal Coro, del Giornale, di Striscia la Notizia e del TG4), si faceva sempre più stagna la bolla dei follower che condividevano la stessa violenta radicalità.

Sono nati dei topoi ricorrenti nel loro lessico, talvolta funzionanti come dog-whistle (linguaggi allusivi comprensibili solo ad un certo uditorio, che agli altri passano inosservati come un fischietto a ultrasuoni): l’uso di “topi” o “sorci” per riferirsi ai loro bersagli, anche in forma di emoji; l’uso di “norvegese” o “scandinavo” per designare antifrasticamente l’etnia delle persone, aggirando il ban.

La prova è che, non appena i loro contenuti invece fuoriescono dalla bolla, è inevitabile lo scontro con chi richiama alla moderazione: è il caso di un video delle borseggiatrici approdato su una pagina Instagram da 800.000 seguaci.

Sotto gli occhi di molti le cose hanno cominciato a passare dal teorico al pratico.

L’estate scorsa sono comparse le “sentinelle”, poi la “squadra antiborseggio” della pagina (nella più ampia galassia degli account a tema che vietano ai membri di condividere ciò che fanno). Ad agosto hanno iniziato ad affiggere volantini segnaletici con le fotografie delle borseggiatrici, cosa ricapitata a novembre.

A dicembre un passeggero della M3 ha spinto a terra una di loro; lo scorso gennaio un altro sulla M1 ne ha bloccata una per il collo; a febbraio un’altra donna è stata mandata all’ospedale in Centrale, e un’altra aggressione è avvenuta di recente.

Un altro episodio è di febbraio: l’inviato spiega di aver pedinato un supposto molestatore sulla circolare (sulla base di segnalazioni Telegram) e di aver chiamato la polizia asserendo che ci fossero già molte denunce a suo carico, portando al suo arresto – nei commenti, però, si chiede alle persone di denunciarlo per consolidarne l’arresto ex post (e un utente propone la «falsa testimonianza […] piccola bugia»).

Prevenendo la risposta polarizzata (evidente nell’interazione con una ragazza che li ha recentemente contestati, ma anche affiorante in un articolo de La Ragione), no: dire tutto questo non significa stare con le borseggiatrici, che commettono dei reati e aggrediscono a loro volta, né tanto meno con i molestatori. Come spiegano inoltre Gianni Santucci ed Emilio Mola, le scippatrici approfittano di alcuni cavilli legali riguardanti le donne incinte.

Non le si difende in quanto criminali, non si vogliono fermare le “sentinelle” al posto delle borseggiatrici, bensì entrambi.

Questo modo di fare non è solo utilitaristicamente inefficace, ma proprio sbagliato, e fa anche un po’ paura. Quello che non si capisce è come, se scippi e rapine ci spaventano, la prospettiva delle ronde armate dovrebbe farci sentire più sicuri.

Michele Cacciapuoti
Laureato in Lettere, sono passato a Storia. Quando non sto guardando film e serie od osservando eventi politici, scrivo di film, serie ed eventi politici.

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