
“Che posto incantevole la Sicilia, e quanto potenziale, peccato che…”
È così che iniziano molte riflessioni dei giovani siciliani, costretti a trasferirsi altrove in cerca di un futuro migliore, e di una terra che sia disposta ad offrirgli la possibilità di realizzare i propri sogni, cosa che purtroppo in Sicilia spesso non avviene. Per fortuna, in un contesto che spesso scoraggia i ragazzi, che decidono di andar via, c’è ancora chi vuole investire nella propria terra, e con non poche difficoltà, impiega tempo e volontà per cercare di emancipare una realtà che ha bisogno di espandersi e respirare un’aria multiculturale e internazionale.
Ci troviamo a Catania, dove gli investimenti nel settore artistico sono ben pochi, nonostante sia una città che pullula di turisti, terra di cantautori e tradizioni popolari.
Nonostante manchino molte infrastrutture necessarie per poter costruire una realtà culturale basata su musica dal vivo, mostre, concerti di artisti emergenti, vari ragazzi si stanno mettendo in moto per iniziare a costruire una nuova realtà che possa portare in città un’ondata di musica, condivisione, arte.
Il 7 aprile, il centro culturale Zo ha ospitato il primo di una serie di concerti che verranno organizzati per portare in Sicilia artisti emergenti italiani e non, al fine di diffondere nuova musica di nicchia nella nostra isola, e al tempo stesso far scoprire a questi artisti le potenzialità che questa città ha da offrire.
Noi giovani siciliani vogliamo cambiare la nostra terra, perché dover andare a Milano, Roma, Torino per vedere un concerto? Perché non creare a Catania un ambiente proficuo per piccoli concerti, spettacoli, centri culturali?
È questo il punto di partenza di Francesco Galazzo, uno dei tre ragazzi che hanno avviato questa iniziativa, in collaborazione con vari locali di Catania, proponendo nuovi eventi e realtà per i giovani catanesi. Insieme a lui stanno collaborando Federico Guarnaccia e Simone Trischitta, e a piccoli passi hanno già raggiunto i primi risultati.
Il primo di questi eventi ha visto come protagonista il musicista e cantautore Nile Marr, figlio di Johnny Marr, chitarrista e cofondatore degli Smiths, una delle band più iconiche del panorama britannico. Dopo varie esperienze musicali, il suo album di debutto Are you Happy Now è uscito nel 2020, e attualmente l’artista fa parte dell’orchestra del grandissimo Hans Zimmer. Durante il concerto, Nile ha portato sul palco il suo nuovo album Lonely Hearts Killer, insieme con la batterista Aicha Djidjelli e il bassista Callum Scott.
Ad aprire il concerto di Nile, abbiamo avuto il piacere di ascoltare una delle band indie-rock più forti nel panorama emergente italiano: gli Helen Burns.
La band composta da 5 giovanissimi ragazzi catanesi, si è esibita portando sul palco i nuovi inediti, stupendo il pubblico per la loro performance grintosa, incisiva e sicuramente personalissima. Nile stesso è rimasto piacevolmente stupito dai ragazzi, invitandoli a Manchester a suonare, e supportando il grande talento della band siciliana. A seguito del concerto abbiamo avuto la possibilità di scambiare qualche parola con il cantautore britannico.

L’intervista è stata editata per motivi di brevità e chiarezza.
Nile, come descriveresti la tua musica in una parola?
Mh… è una domanda difficile, probabilmente “sunny” (solare) o “sparkly” (brillante).
Cosa pensi invece della musica Italiana, quali artisti conosci?
Mina, decisamente, è la prima artista che mi viene in mente, è grandiosa. La sua canzone Se telefonando è la migliore canzone mai scritta. Questa canzone si basa tutta sul ritornello, che viene ripetuto ancora, e poi ancora un tono più in alto, questo ritornello è così iconico che regge l’intera canzone. Avere un personaggio del genere deve essere stato rivoluzionario per gli anni ’60.
Cosa pensi invece degli Helen Burns?
Penso che questi ragazzi siano sorprendenti, meritano tantissimo successo e il problema è forse l’Italia. Mi spiace parlare così, ma mancano le infrastrutture per ospitare piccoli concerti per artisti emergenti. Fuori, a Parigi, Londra, Manchester, Utrecht, Berlino, ci sono tantissimi club che ospitano realtà più underground, indie, realtà di nicchia dove suonano piccoli artisti. Questo settore viene parecchio finanziato, c’è spazio per l’arte, che invece in Italia, specialmente al Sud, viene sottovalutata. Nonostante vi siano moltissimi artisti, ma soprattutto moltissimi fans, qui come in Sud America ad esempio, la cultura non viene enfatizzata e valorizzata come dovrebbe, per lo meno nel caso della musica dal vivo e dei piccoli concerti.
Invece che mi dici di tuo padre? È strano vivere con un personaggio pubblico?
In realtà affatto! È stato utile per me, chiaramente ho avuto molte porte aperte e ho ottenuto moltissimi contatti. Mio padre mi ha insegnato moltissimi segreti e mi ha tramandato la sua cultura musicale, non ho dovuto studiare da solo per costruirmela. Certamente ci sono anche i lati negativi, come il fatto che molti hanno delle aspettative nei tuoi confronti, si immaginano una mini versione di Johnny. È difficile quando vuoi avere un’identità discostata dalle tue origini, perché non parti da zero, ma tutti hanno già un pregiudizio verso di te, ti associano già a qualcun altro.
Quali sono i tuoi progetti?
Sto lavorando a nuova musica con una band, io oltre a cantare ho questo progetto dove suono come chitarrista. Inoltre, suono con l’orchestra di Hans Zimmer.
Che consiglio daresti ai ragazzi che devono tuffarsi nel mondo dei grandi?
Non importa se non va come avevi programmato. Le cose migliori che ho fatto le ho fatte quando mi sono buttato nelle cose che si sono presentate, senza forzare ciò che non stava andando. Devi sforzarti di uscire dalla tua comfort zone, è molto semplice restare dove è comodo, e le volte che ho preso una grossa decisione, poi dopo si sono sempre dimostrate le volte migliori. La scelta più difficile ha sempre dimostrato di essere la decisione giusta. Devi essere propenso ai grandi cambiamenti, anche se fanno paura, alla fine ti divertirai!