Del: 23 Maggio 2023 Di: Giulia Maineri Commenti: 0
Spot pubblicitari, pochi secondi che non passano mai

E ora mandiamo la pubblicità, ma state con noi, a tra poco!

È con questa frase che la maggior parte dei conduttori televisivi annuncia la pausa pubblicitaria, nota al grande pubblico come momento per andare in bagno. Se a chi lavora nei programmi trasmessi in diretta quei minuti possono fare comodo, allo spettatore solitamente danno fastidio: o si trova qualcosa da fare oppure cambia canale. Sono in pochi quelli che effettivamente “guardano” gli spot commerciali. Eppure tutti li ricordano. Alcuni slogan entrano nella testa senza volerlo e non vanno più via.

Ognuno ricorda ciò da cui è più stato colpito e di spot ce ne sono e ce ne sono stati davvero di tutti i colori.

Ma ciò che sorprende e che accomuna un po’ tutti gli spot è l’elemento di non-sense, che lascia spiazzati ma allo stesso tempo fa sorridere e sicuramente contribuisce a far rimanere impresse nella memoria le immagini. 

Partiamo dal lontano 1965, con lo spot del detersivo Ava Bucato, il cui protagonista era Calimero, pulcino nero entrato nell’immaginario collettivo e anche nel vocabolario: è un calimero qualcuno di sfortunato e ingiustamente poco considerato. La voce petulante e le sfortunate vicende del pulcino a scuola strappano un sorriso a tutti, ma lo spot trasmette un messaggio profondamente razzista, in cui Calimero viene addirittura “lavato” con il detersivo per sbiancare il suo piumaggio. Il motivo dello “sbiancare un etiope”, derivante dalla favola del servo che viene lavato dal padrone nel tentativo di schiarirne la pelle attribuita ad Esopo, etichetta il colore scuro della pelle come sporco – idee che oggi fanno rabbrividire – e ad esso contrappone il binomio pulizia/civiltà.

Non è il solo stereotipo presente nello spot, che si conclude con la comparsa di una donna impegnata nel bucato, che mostra ai telespettatori l’efficacia del detersivo. Naturalmente era la donna l’unica responsabile delle faccende domestiche, ma allo stesso tempo il prodotto ha in qualche modo bisogno di essere validato dalla voce di sottofondo maschile, che conferisce autorevolezza e qualificazione. Stereotipi e schemi culturali di cui oggi vorremmo parlare soltanto in riferimento al passato e invece tristemente troviamo ancora attorno a noi. Calimero comunque poi è tornato nel piccolo schermo nel 2013, in una serie animata per bambini, in cui si è riusciti a salvare il personaggio, di per sé buffo e divertente, inserendolo in una cornice adeguata e spoglia da ideali arcaici.

Volendo essere pignoli, nello spot è nascosto un terzo principio diseducativo, quello dell’insegnante severo che alza i toni e intimorisce gli studenti: un modello scolastico antiquato e controproducente.

Per restare in tema bucato, pochi anni dopo protagonista dello spot del Bio Presto Lavatrice è Franco Cerri, noto come l’uomo in ammollo proprio per questa pubblicità in cui si immerge nell’oblò della lavatrice. Uno spot sobrio, in cui l’uomo mostra l’efficacia del prodotto, rispondendo alle lamentele delle casalinghe che non riescono a smacchiare lo “sporco impossibile” dai tessuti.

Sempre durante il Carosello, andava in onda lo spot del Caffè Paulista, un prodotto Lavazza. La storia di Carmencita e Caballero, opera del famoso Armando Testa, è di nuovo un po’ out of time – la giovane fanciulla salvata dall’uomo forte che la chiama “bambina” – ma resa divertente dal dialogo in rime e dall’antropomorfizzazione del prodotto. Carmencita e Caballero sono infatti due caffettiere. Si scherza quindi sui personaggi, con l’iconica frase “Carmencita sei già mia, chiudi il gas e vieni via!”, confinando la storia in un contesto fantastico e surreale.

Facciamo un salto verso gli Anni 80. C’è chi ricorda lo spot del dentifricio Macleense, in cui Paolo, un ragazzo di 14 anni, impegnato in una gara di moto-cross, guarda dritto nella telecamera ed esclama “Mai avuto carie in vita mia!”. Quello che strappa il sorriso è poi il fatto che l’azienda “metta le mani avanti”, una cosa abbastanza rara in uno spot di pochi secondi in cui si di solito si cerca a tutti i costi di spacciare il proprio prodotto come il migliore sul mercato: “Non vi promettiamo la fortuna di Paolo, ma certo è che Macleense è un passo avanti nella prevenzione della carie”. Fin troppo onesti. Comunque uno spot molto più simpatico delle banali e ripetitive pubblicità di dentifrici degli ultimi anni, stile “consigliato da 9 dentisti su 10”.

È rimasto in un cassettino della mente di tanti italiani anche lo spot del The Lipton, in cui Dan Peterson, occhiali Ray Ban Aviator ben calcati su naso, presenta il fenomenale prodotto a bordo piscina: “Ehi ehi! Qui a Chattanooga, Tennessee, quando il sole ti spacca in quattro, non si sbaglia: Lipton Ice Tea. Fenomenale!”. Uno spot più ordinario che punta sull’orecchiabilità e rimane nel cuore per la simpatia di Peterson e del suo accento americano indimenticabile. Quello che sorprende sono la location, Chattanooga, posto probabilmente sconosciuto alla stra-grande maggioranza degli italiani all’epoca, e il successo dello spot, che porta l’azienda a raggiungere il picco di vendite per l’Ice Tea. Anche la vita di Peterson cambia all’improvviso: da quel momento in poi non può più uscire di casa senza essere riconosciuto, come dice lui stesso nel suo libro “Non fare una cosa stupida è come fare una cosa intelligente”.

Compagno di pubblicità di tanti telespettatori è stato poi Nino Castelnuovo, che per decine di anni ha saltato la staccionata nello spot dell’Olio Cuore. O ancora, le due bambine della Pasticceria Lazzaroni, che in un altro spot alquanto out of time, giocavano a fare le grandi: “Che peso la spesa…con queste scarpe poi!”. La parabola delle bambine che fin da piccole vedono davanti a sé un’unica opzione, quella di diventare mamme (“I miei bambini li divorano questi pasticcini”), mogli (“Anche mio marito ne va matto”) e brave casalinghe alla guida del carrello con le scarpe con il tacco – piuttosto che al volante con le sneaker, ad esempio –  è troppo stretta e sicuramente limitante.

Le bambine comunque sono belle e tenere e alla fine dello spot siamo un po’ tutti come l’amica di Maria, che dice di volere due biscotti mostrando tre dita.

Nei primi anni ’90, la signora in giallo della pubblicità è Lee Skelton, che nello sketch dei Ferrero Rocher viene presa dalla “voglia di qualcosa di buono” mentre si trova a bordo di una lussuosa Rolls-Royce tra le strade di New York. “Ambrogio, ammetto di avere un certo languorino”. A risolvere il problema ci pensa il suo autista. È incredibile come Paul Williamson, nonostante l’apparizione in numerose serie tv britanniche, sia ricordato soprattutto per il ruolo di Ambrogio.

Nel 2006 George Clooney diventa protagonista, oltre che del grande cinema, anche del piccolo schermo, con la campagna “Nespresso – what else?”. Gli anni passano e gli stereotipi sessisti iniziano a cambiare: si gioca con il topos dell’uomo affascinante e delle donne che cadono ai suoi piedi. I complimenti e gli apprezzamenti delle due ragazze nel bar, che in un primo momento l’attore pensa siano rivolti a sé, si rivelano essere per il caffè. 

Nel 2009 fa scalpore la pubblicità delle patatine Fonzies, con il popolare slogan “Se non ti lecchi le dita, godi solo la metà”.  Lo spot è alquanto inquietante e l’allusione sessuale troppo esplicita per passare inosservata. Il messaggio però è vero, provare per credere: per quanto sia poco educato, il pacchetto di Fonzies si può dichiarare finito solo quando anche le dita sono state perfettamente ripulite. La cosa interessante è che l’azienda ha dovuto modificare lo spot dopo la pandemia di Coronavirus del 2019, quando mangiare con le mani diventa quasi un gestaccio, mani e bocca non devono assolutamente toccarsi se non dopo un accurato lavaggio. “Leccarsi le dita” è di conseguenza una parolaccia e come tale nello spot viene goffamente ma volutamente censurata.

Ancora una volta lo spot pubblicitario è figlio dell’epoca in cui viene prodotto.

Recentemente ha fatto scalpore la pubblicità di Tim Vision, in cui Lino Banfi, arrabbiato per l’assenza di connessione che gli impedisce di guardare la partita di calcio in TV, si affaccia sul balcone a sistemare l’antenna, esclamando “Porca puttena!”. In risposta allo spot si mobilita addirittura il Moige, Movimento Italiano Genitori, che emana un comunicato in cui accusa Banfi di essere “di cattivo gusto e volgare, rendendo sgradito lo spot alle famiglie e ai minori”. L’attore, da parte sua, non si capacita di tante proteste e considera l’espressione un’imprecazione non volgare, parte del dialetto e non intesa a insultare nessuno, tanto che anni prima l’aveva scelta come nome per un piatto del suo ristorante. Lo spot viene rimosso, ma all’Orecchietteria Banfi arrivano in numerosi per assaggiare la pasta “porca puttena”. 

Altro dibattito viene aperto dalla pubblicità del Buondì Motta, in cui una mamma viene colpita da un meteorite dopo aver affermato che lo spuntino perfetto per la colazione non esiste. Anche in questo caso lo spot non intende essere un’offesa a nessuno, ma solo un gioco di ironia. A concludere lo spot, una schermata azzurra con la dicitura “Nessuna mamma è stata maltrattata durante le riprese e anche la bambina è in buona salute”. Le polemiche riguardo la violenza fisica e psicologica dello spot non sono efficaci: i toni del corto sono volutamente eccessivi, il contesto surreale è evidente. Del resto il sarcasmo non è una novità per gli spot Motta, già presente ad esempio nella pubblicità del Panettone.

Sul sarcasmo gioca anche il famoso spot di Idealista, con protagoniste due persone in visita in un appartamento. I due prima di entrare si promettono di contenere le emozioni per non lasciare margine alla contrattazione del prezzo, probabilmente, ma la strategia non funziona visto che entrambi svengono alla vita dell’ambiente spazioso della casa. Lo spot, in un momento storico come questo in cui il caro affitti è tema di dibattito quotidiano, è molto attuale.

Un altro dibattito acceso fu scatenato dallo spot promozionale della regione Liguria, andato in onda nel 2022. Elisabetta Canalis, di cui tutti conoscono le origini sarde, presenta “la sua Liguria”, con tanto di skyline di Los Angeles alle sue spalle. Uno scenario discutibile, non tanto per la scelta dell’attrice non autoctona –più che legittimo che le bellezze di una regione possano essere apprezzate da tutti e non solo dagli autoctoni – quanto piuttosto per il paesaggio dietro di lei e per l’utilizzo dell’aggettivo possessivo. Scenario discutibile che si è riproposto in maniera analoga recentemente con la chiacchierata campagna del nuovo Ministro del Turismo Daniela Santanchè, “Open to meraviglia”, in cui lo spot promozionale dei luoghi italiani è stato girato in Slovenia.

Per concludere, un jingle entrato nella storia e ancora presente nel piccolo schermo è quello dei prodotti Negroni: “Le stelle sono tante, milioni di milioni, la stella di Negroni vuol dire qualità!”. Uno spot decisamente semplice, in cui il focus è (sorprendentemente!) sul prodotto, mostrato in primo piano senza dare spazio ad altro. A dare la voce al ritornello attraverso gli anni, sono stati in tanti, tra Enrico Ruggeri, Mario Biondi, Noemi e Federico Zampaglione dei Tiromancino.

Gli spot di pochi secondi che compaiono in televisione sono quindi avvolti da aneddoti e background culturali che riflettono l’epoca in cui nascono, sono figli e sintomi dei periodi storici a cui appartengono. Alcuni funzionano. Alcuni fanno arrabbiare. Alcuni lasciano indifferenti. Ma tutti, non si sa bene perché, ne ricordiamo almeno qualcuno.

Giulia Maineri
Instancabile curiosona, ho sempre una domanda sulla punta della lingua. Leggo di tutto e di tutti per capire chi sono. Coltivo la passione per la storia dell'arte per capire chi siamo. Studio fisica per rispondere ai come. Esploro il mondo in un’esasperata, ma entusiasmante, ricerca dei perché.

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