In occasione del ventesimo anniversario dalla fondazione di Vulcano Statale, il giornale degli studenti dell’Università Statale di Milano, abbiamo pensato alla creazione di un numero speciale, di carta, che a partire da questa settimana potrete trovare nelle diverse sedi dell’Ateneo, oltre che leggere giorno per giorno sul nostro sito. Per ulteriori informazioni, seguici sulla nostra pagina Ig: @vulcanostatale.
«Un campus costituito da edifici tecnologici, con servizi innovativi, aree comuni specificamente progettate per favorire le relazioni, con un’attenzione sempre più marcata al tema della sostenibilità».
Così l’Università Statale di Milano descrive Campus Mind, il campus universitario che, a partire dal 2026, ospiterà le Facoltà scientifiche ora situate in Città Studi, fatta eccezione per Informatica e Matematica.
Il polo sorgerà all’interno di MIND – Milano Innovation District, un nuovo quartiere che si prepara ad essere costruito da zero a Rho, nell’area che aveva ospitato Expo 2015, dalla stessa azienda che si occuperà della costruzione e della gestione del Campus sulla base di un contratto di concessione trentennale: Lendlease.
Secondo quanto si evince dal progetto definitivo, approvato lo scorso 20 dicembre, il Campus si estenderà su una superficie lorda pavimentata di circa 160.000 mq, in cui gli spazi disponibili al netto dei servizi, dei corridoi, dei locali tecnici etc., occuperanno circa 105.000 mq. Sarà presente anche una biblioteca di circa 1.500 posti ed è prevista la costruzione di una mensa da 1.000 posti, in grado di servire su quattro turni circa 4.000 persone, a cui si prevede di affiancare altri servizi di ristoro a regime convenzionato.
L’idea, insomma, è quella di dare vita ad un Campus scientifico all’avanguardia, alimentato da energia rinnovabile all’interno di un quartiere green, andando al tempo stesso a creare un nuovo Campus umanistico in Città Studi, in modo che Unimi possa articolarsi su tre poli: le sedi centrali, Città Studi e MIND.
Un progetto ambizioso e che sembrerebbe mosso da intenzioni lodevoli – quella, ad esempio, di fornire agli studenti delle Facoltà scientifiche dei laboratori moderni e ben attrezzati – ma che sin dall’inizio ha presentato numerose criticità, alcune delle quali tutt’ora irrisolte. Senza contare le difficoltà che Unimi sta riscontrando nella relazione con Lendlease, motivo per cui il progetto sta subendo dei forti rallentamenti.
Come ci è stato raccontato da pressoché tutte le liste di rappresentanza da noi contattate, a settembre Lendlease ha infatti aggiornato i costi del progetto, chiedendo a Unimi quasi 130 milioni in più sulla base dell’aumento dei costi delle materie prime e dell’energia. L’Università, dopo essersi rivolta anche all’Avvocatura dello Stato, ha ritenuto di dover riconoscere a Lendlease soltanto parte di questi soldi, e l’azienda avrebbe dovuto approvare il nuovo Piano Economico Finanziario entro metà marzo, ma ha chiesto numerose proroghe che hanno dunque impedito di arrivare nei tempi inizialmente previsti alla conclusione del contratto di concessione, ultimo step giuridico prima di poter dare inizio ai lavori.
Un grosso problema è dato dal fatto che i lavori dovranno terminare entro il 31 dicembre 2025, altrimenti Unimi rischia di perdere gli importanti finanziamenti (circa 130-135 milioni) ottenuti da Regione Lombardia per la realizzazione del progetto.
Alle difficoltà legate alle spese – che, come ha spiegato Chiara Azzolin, rappresentante per Studenti Indipendenti in Senato Accademico, stanno spingendo l’Università a valutare possibili tagli, per esempio quello delle biblioteche aperte la sera e nei weekend – si aggiungono inoltre quelle di natura logistica. Il trasferimento di 20.000 persone tra studenti, dottorandi e personale tecnico-amministrativo in un’area altamente periferica della città risulta infatti problematico sotto molti punti di vista, che analizzeremo nel dettaglio.
Ma perché, allora, all’epoca del rettorato di Vago, Unimi si gettò a capofitto in questo progetto?
«La necessità da parte di Regione Lombardia di trovare una destinazione all’area ex-Expo, essendo andato a vuoto il bando del 2015 per il suo utilizzo, unitamente ai fondi arrivati dalla Commissione Europea per lavorarci e alla necessità di rinnovare i laboratori presenti in Città Studi, spinsero il rettore Vago ad aderire al progetto, senza preoccuparsi troppo delle necessità degli studenti» ha spiegato Benedetto Longobardi, rappresentante di UniSì – Uniti a Sinistra.
«Il precedente rettore Vago fece capire che MIND era stato pensato per la ricerca, più che per la didattica – ha aggiunto Ivan Zeduri di Sinistra Universitaria – UDU Statale – Lo scopo era quello di andare il più vicino possibile alle aziende private. C’è da dire che, effettivamente, in Città Studi molte strutture stanno cadendo a pezzi. Tuttavia, a nostro avviso, l’errore è stato quello di non premurarsi, negli anni, di mantenere moderne queste strutture, mettendoci mano poco alla volta».
La vicinanza alle 32 aziende private che troveranno posto all’interno del nuovo quartiere, con la possibilità che didattica e ricerca vengano subordinate alle loro esigenze, preoccupa anche Studenti Indipendenti. «L’Università sarà sempre più spinta a fare ricerca sugli ambiti che interessano alle aziende presenti a Mind, che si occuperanno di assorbire i risultati raggiunti e di farne un prodotto commerciabile – ha spiegato Chiara Azzolin – In questo modo sarà favorita la ricerca con scopi applicativi, finalizzata alla realizzazione di progetti proposti da multinazionali come Astrazeneca o del fossile, e non una ricerca di base, già poco finanziata e stimolata».
Di diverso avviso è invece Unilab, che vede in Campus Mind un’opportunità per la Statale di Milano, dal momento che le consentirebbe di distinguersi tra vari campus addirittura europei, affermandosi come polo scientifico affiancato e supportato da grandi aziende finalizzate alla ricerca. «Il progetto consentirà all’ateneo di affiancare alla ricerca didattica quella aziendale, essenziale per uno sviluppo a 360 gradi – ha affermato Gabriele Motta, rappresentante per Unilab, che ha poi aggiunto – L’affiancamento di grandi aziende alla ricerca praticata dai dottorandi consentirebbe anche la presenza di nuovi fondi».
Altro tema centrale, vista la posizione periferica del Campus, è certamente quello dei trasporti, su cui sembrano ancora esserci poche certezze.
Attualmente l’unico modo per raggiungere il Campus è la fermata Rho della linea rossa M1. Si parla della possibile realizzazione di due linee ferroviarie (Stephenson e Mind Merlata) che collegherebbero la zona, rendendola accessibile anche dalla stazione Centrale, nonché dalle altre zone periferiche e non.
Vi è inoltre un punto del progetto che, seppur ambizioso e lodevole, potrebbe comportare delle difficoltà. MIND infatti è stato pensato come quartiere interamente green, in cui, a quanto si evince fino ad ora, non potranno circolare auto. Pur trattandosi di un’iniziativa apprezzabile – soprattutto in una città incentrata sulle automobili e per nulla attenta ai bisogni di ciclisti e pedoni –, in mancanza di un modo agevole per raggiungere il Campus in molti potrebbero comunque optare per l’auto, da lasciare peraltro in un grande posteggio che si prevede di realizzare appena fuori dal quartiere. Senza contare il disagio cui potrebbero andare incontro studenti con difficoltà motorie.
Anche in merito agli appartamenti realizzati per gli studenti si parla di edifici sostenibili a 0 emissioni di CO2: per quanto ciò sia ammirevole da un punto di vista ecologico, potrebbe comportare per gli studenti delle difficoltà da un punto di vista economico, perché l’affitto di questi alloggi potrà rappresentare un costo non indifferente.
Il tema relativo alle residenze universitarie è, peraltro, uno dei più preoccupanti in relazione a Campus Mind.
Il progetto prevede infatti la realizzazione di 1.000 posti letto, di cui 400 verranno assegnati a beneficiari DSU, mentre in merito ai restanti 600 non ci sono ancora notizie ufficiali, specie per quanto riguarda i costi.
«I 400 posti destinati a studenti beneficiari DSU saranno forniti a canone concordato; il problema è che gli altri 600/700 saranno liberi sul mercato, con i prezzi decisi da Lendlease – ha spiegato Ivan Zeduri di Sinistra Universitaria – Temiamo che 400 posti DSU su 20.000 studenti non siano sufficienti, inoltre il problema è che il fabbisogno della casa andrà probabilmente a sfogarsi sui Comuni limitrofi, che vedranno un aumento dei prezzi di locazione a livello generale, cosa che rientra nell’opera di gentrificazione che Milano sta portando avanti ormai da un decennio abbondante».
Anche la lista di rappresentanza Obiettivo Studenti si espone su questi punti confermandone la criticità; tuttavia, Tommaso Bertacco propone di non guardare a queste questioni come problemi, bensì come potenzialità dell’Ateneo per crescere ed espandersi, rafforzandosi a partire dalle questioni più spinose.
Un’altra criticità emersa riguarda la realizzazione di un intero quartiere da zero, in un’area al momento ancora dismessa e dunque priva dei servizi necessari: a tal proposito, come dichiarato dalla lista UniSì – Uniti a Sinistra, la società immobiliare LendLease ha organizzato dei workshop con la rappresentanza studentesca, durante i quali ha tuttavia manifestato scarsa consapevolezza nei confronti delle necessità di studentesse e studenti.
Lendlease avrebbe infatti previsto di dotare l’area di bar, ristoranti e palestre: ma così MIND si ridurrebbe, come sottolineato da Benedetto Longobardi, ad un grande «centro commerciale all’aperto», un corrispettivo in scala maggiore del Bicocca Village privo di indispensabili servizi culturali, quali «cinema, teatri, spazi per le associazioni e biblioteche» (eccezion fatta per quella interna al Campus stesso), ma anche di «scuole, poste, luoghi di culto». Il rischio sarebbe insomma di assistere all’edificazione di un “quartiere vetrina”, ultramoderno, sì, ma pressoché disumanizzato, inadatto a rispondere alle più profonde esigenze sociali così come individuali.
A ciò si aggiunge il timore di un effetto gentrification.
Essendosi Lendlease dimostrata ben poco propensa a comprendere quali siano le effettive possibilità economiche di chi studia e già deve sostenere costi non indifferenti – con resistenze opposte persino ai progetti di residenzialità per DSU – è probabile che sorgeranno in loco svariati locali e ristoranti di lusso, inaccessibili ai più, in aggiunta al previsto aumento dei prezzi sia nell’area MIND che nei Comuni circostanti.
Diverse liste hanno inoltre riferito che, in un confronto diretto con Lendlease, quest’ultima avrebbe chiesto ai rappresentanti se fosse necessaria una cucina nella residenza del Campus o se i membri della comunità studentesca avrebbero ordinato i propri pasti con Glovo: aldilà della scarsa eticità di questo tipo di consegna a domicilio, come si potrebbero sostenere tante spese?
Viste le dimensioni del progetto e le riflessioni che questo porta con sé anche dal punto di vista del diritto allo studio, è allora lecito domandarsi: quanto è stata informata e coinvolta la comunità studentesca?
Per nulla, secondo UniSì, mentre Sinistra Universitaria – UDU Statale sottolinea che studenti e studentesse non hanno nemmeno avuto la possibilità di partecipare ad incontri illustrativi in merito al progetto MIND e la rappresentanza stessa, per giunta numericamente ridotta, si è sentita «sminuita» nel suo interfacciarsi con la componente docenti. Studenti Indipendenti aggiunge che la comunità studentesca si sente «presa in giro», e che risulta dunque ancor più difficile renderla partecipe.
Più positive le liste Unilab e Obiettivo Studenti, che ritengono adeguato il coinvolgimento della rappresentanza nelle decisioni ed affermano che sarebbe d’altro canto stato difficile consentire all’intera popolazione studentesca di esprimersi in merito; Obiettivo Studenti ammette, tuttavia, che ci sia stata una sostanziale carenza nella comunicazione, mentre Unilab sottolinea il disinteresse manifestato da studenti e studentesse che non saranno coinvolti dallo spostamento.
Ci siamo quindi recati nella sede di Città Studi, per sondare direttamente l’opinione della comunità studentesca: quasi tutti gli intervistati, compresi tra il primo e il terzo anno di frequentazione, hanno manifestato una scarsa o nulla conoscenza del progetto MIND e dichiarato di non essere stati sufficientemente informati e coinvolti.