
Sono passate circa due settimane dal terremoto che l’8 settembre ha colpito la regione dell’Alto Atlantide, nel Marocco centrale, causando distruzione nel paese magrebino. Per il momento si registrano circa tremila vittime, altrettanti feriti e danni materiali ingenti, anche ad importanti siti culturali come diverse moschee storiche a Marrakech, una delle città più colpite dal sisma.
Di fronte alla distruzione, sono giunte diverse offerte di aiuti internazionali, ma il governo marocchino, per il momento, ha accettato solamente quelle di Regno Unito, Qatar, Spagna ed Emirati Arabi Uniti, a fronte di richieste provenienti da oltre 60 paesi.
L’approccio appare diverso da quello adottato dalla Turchia in seguito al terremoto che a febbraio ha devastato la regione al confine con la Siria.
Nelle ore successive al sisma, oltre 90 squadre di soccorso internazionali erano presenti o dirette sul luogo del disastro, offrendo un aiuto prezioso alle operazioni di ricerca e salvataggio.
Per ora il Marocco non ha richiesto nemmeno l’aiuto delle agenzie dell’ONU specializzate nel rispondere ad eventi quali disastri e catastrofi naturali, quali la Disaster Assessment and Coordination (UNDAC) e l’International Search and Rescue Advisory Group (INSARAG). Al momento le Nazioni Unite sono presenti in loco con un gruppo di esperti con funzioni consultive e di coordinamento degli sforzi di soccorso guidati dal governo marocchino.
In particolare, offerte di aiuto da Francia, Germania, Italia, Stati Uniti, Israele, Turchia e Belgio non sono ancora state accettate. La ministra degli esteri francese, Catherine Colonna, in un’intervista al canale televisivo BFM TV, ha precisato che il Marocco non ha rifiutato le richieste di aiuto francesi e che la Francia contribuirà alle operazioni di salvataggio mettendo a disposizione oltre cinque milioni di euro. Il “rifiuto”, anche se non viene definito in questo modo, degli aiuti francesi ha portato a speculazioni sul rapporto tra Francia e Marocco, il quale si è raffreddato negli ultimi anni. La Francia, inoltre, è stata la potenza coloniale dominante sul paese maghrebino fino al 1956. A febbraio 2022 l’ambasciatrice francese Helen Le Gall ha lasciato il paese in seguito a tensioni tra Parigi e Rabat riguardanti restrizioni all’immigrazione attuate dalla Francia. Inoltre, a gennaio 2023 l’ambasciatore marocchino in Francia è stato richiamato, segnale di un peggioramento delle relazioni tra i due paesi.
La ministra francese ha comunque tenuto a precisare che quella creatasi intorno alla questione degli aiuti è una “controversia inappropriata”, nonostante i già citati toni tesi delle relazioni tra i due paesi. Su ciò è intervenuto anche il ministro degli interni, Gérald Darmanin, il quale ha dissipato ulteriormente le polemiche, precisando che il rapporto col Marocco è da considerarsi “fraterno”.
Se quindi il rifiuto da parte marocchina degli aiuti francesi può, nonostante i proclami, essere inquadrato in un maggiore desiderio d’indipendenza negli affari interni, bisogna chiedersi come hanno reagito gli altri paesi, i cui aiuti non sono stati accettati.
Anche la Germania non è stata ricontattata in seguito all’offerta di aiuti, con una squadra di esperti e soccorritori pronta a decollare dall’aeroporto di Colonia-Bonn. La linea comunicativa mantenuta è stata simile a quella adottata dalla Francia, ovvero non si è inquadrata la questione in senso politico o polemico. Il portavoce del Ministero degli Esteri tedesco, Sebastian Fischer, ha affermato che la decisione da parte marocchina “non è in alcun modo politica”, che “le relazioni diplomatiche tra la Germania e il Marocco sono buone”, sottolineando come la Germania sia stata ringraziata per l’aiuto offerto, anche se questi non è stato accettato.
Le relazioni tra Germania e Marocco hanno subito in passato degli scossoni, ora placatesi, legati al riconoscimento o meno della sovranità marocchina sull’area del Sahara Occidentale, contesa tra Marocco e popolazioni locali. Proprio il supporto o meno da parte di Paesi esteri circa il controllo marocchino sulla regione può essere vista come una delle possibili cause dietro il rifiuto o meno degli aiuti umanitari.
La posizione marocchina può essere inoltre compresa guardando due punti di vista differenti. Il primo è prettamente di tipo logistico. La regione colpita dal sisma è fortemente montuosa e il terremoto ha reso inagibili o difficoltose le poche strade che uniscono le varie città e villaggi dell’Alto Atlante, rendendo ulteriormente complicate le già difficili operazioni di salvataggio. In un contesto simile il coordinamento degli sforzi di soccorso è una sfida ardua; se alle unità marocchine sul campo si aggiungono diverse squadre internazionali, la gestione diventa problematica, col rischio di creare colli di bottiglia di uomini, materiali e mezzi che andrebbero ad intasare vie di comunicazione vitali per il trasporto di feriti.

Caroline Hold, direttrice della sezione disastri, clima e crisi preso la Federazione Internazionale della Croce Rossa, ha descritto la situazione come “estremamente complessa”. Hold ha inoltre riconosciuto come le questioni politiche possano avere un ruolo quando si tratta di accettare o meno aiuti internazionali in seguito ad un disastro naturale, ma ha sottolineato come il Marocco non sia stato l’unico paese a fare ciò. Anche l’Armenia, nel 1998, sempre in seguito ad un sisma aveva rifiutato diverse proposte di aiuto giunte dall’estero.
Il Ministero degli Interni marocchino ha ribadito la linea finora adottata, affermando in una nota che finora non ha rifiutato nessuna offerta di aiuto, ma che allo stesso tempo il sovrapporsi di diversi strati di governance degli aiuti umanitari sarebbe controproducente.
Il secondo punto di vista che permette di inquadrare le decisioni marocchine è, invece, eminentemente politico. Il Marocco vuole dimostrare di essere in grado di gestire la situazione senza rivolgersi ad un ampio ventaglio di attori esterni, soprattutto senza doversi rivolgere a nazioni estere. Facendo ciò vuole rendere noto come le sue istituzioni, attualmente al lavoro per affrontare l’emergenza, quali l’esercito, la protezione civile e le forze dell’ordine siano capaci di prendersi cura della popolazione. Il rifiuto degli aiuti internazionali, o comunque di parte di essi, può quindi essere visto come la volontà da parte marocchina di riaffermare la propria sovranità anche in un contesto delicato come quello emergenziale che attualmente caratterizza il paese. Se interpretata in questa chiave, la volontà di non voler appoggiarsi ad ex potenze coloniali, ovvero la Francia, appare comprensibile seppur discutibile al netto delle considerazioni umanitarie, in un momento in cui i soccorsi sono in cima alla lista in ordine d’importanza.
Le motivazioni marocchine sono quindi varie e di diverso orientamento. Al momento non si comprende quale sia la differenza, se veramente questa esiste, tra la linea ufficiale e quella ufficiosa adottata. Se considerazioni comprensibili riguardanti la logistica dei soccorsi vanno a scontrarsi o a sovrapporsi con questioni di tipo politico una cosa è certa, ovvero che probabilmente non verranno messe in moto tutte le risorse per alleviare le sofferenze della popolazione marocchina.
Articolo di Lorenzo Pellegrini