Del: 20 Ottobre 2023 Di: Laura Colombi Commenti: 0
(R)esistiamo. Al fianco dei lavoratori

«Per il rinnovo dei contratti con adeguamento al costo della vita, per il divieto all’uso del fondo PNRR per armamenti, per la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, per la cancellazione degli aumenti delle tariffe dei servizi ed energia». 

Questi i motivi dello sciopero generale indetto per oggi venerdì 20 ottobre dai sindacati CUB (Confederazione Unitaria di Base), Adl Cobas, Si Cobas, SGB (Sindacato Generale di Base) e Usi (Unione sindacale italiana). Lo sciopero riguarda tutti i settori, con interruzione dei servizi specialmente per quanto concerne trasporti, scuole e sanità.

Come studenti e, in molti casi, pendolari, le conseguenze dello sciopero sono ovviamente negative. Ma questo deve servire come stimolo ad accrescere in noi la consapevolezza che oggi i diritti dei lavoratori non sono tutelati e che un domani, che in qualche caso è già un oggi, questo ci riguarderà

Per capirne di più abbiamo parlato con Mattia Scolari, sindacalista di CUB Milano. 

«Al momento, il monopolio corporativo affidato a CGIL, CISL e UIL, introdotto con il sistema della contrattazione sociale degli anni Novanta, ha smobilitato i lavoratori. Oggi chiediamo una piattaforma rivendicativa più generale che preveda una serie di interventi, in primis aumenti di almeno 300€ sugli stipendi, reintroduzione della scala mobile, unico strumento per contrastare l’impoverimento in corso, nonché l’introduzione del salario minimo per abbattere il proliferare di paghe povere. Ma a questi va affiancata una legge sulla rappresentanza sindacale e i contratti collettivi, che definisca quali parti sono effettivamente rappresentative, per ridare protagonismo ai lavoratori e alle loro istanze». 

«Abbiamo organizzato per oggi una protesta coordinata a Milano all’Ikea di Carugate e anche a Collegno (Torino), perché l’azienda rappresenta a pieno titolo un sistema fatto di bassi salari, contratti collettivi che non vengono rinnovati, esternalizzazione a cooperative o srl che applicano contratti collettivi con stipendi incostituzionali, come accade nel settore dei servizi fiduciari».

Quello di oggi è solo l’ultimo di una lunga serie di scioperi, e i motivi sono molteplici. 

I salari, specie quelli bassi e medio-bassi, sono fermi dal 1990, e siamo arrivati al punto in cui non è detto che la paga raggiunga una somma sufficiente a mantenersi. I dati Ocse 2022 mostrano che tra il 1991 e il 2021 il livello medio degli stipendi è cresciuto di appena lo 0,36%, mentre nello stesso periodo in Germania e in Francia l’aumento è stato pari al 33%. 

La divergenza risulta ancora più netta se si considera che nel 1991 Italia e Francia partivano dallo stesso punto di partenza, dato che il livello medio degli stipendi era per entrambi appena inferiore a 30 mila euro annui. Di più: se si accorcia l’orizzonte temporale di un anno, considerando quindi il periodo 1991-2020, si nota che addirittura gli stipendi sono diminuiti del 3,5%.

Nel frattempo, il costo della vita è cresciuto.

Considerando lo storico dei prezzi di affitto a Milano (dove solo il 29% dello stock immobiliare è in locazione, contro al 70% di Parigi o il 60% di Berlino), ad esempio, a settembre 2023 il prezzo al metro quadro è pari a 23,1€, con un tasso di variazione annuale pari addirittura al +15,4%. In verità, nella nostra città gli affitti variano annualmente del +7% già da settembre 2017, quando il prezzo al metro quadro era di 16,7€. 

Parliamo di cifre importanti e che in ogni caso superano, solo per l’affitto, l’intero stipendio di coloro che percepiscono una paga media: per 100 metri quadri siamo a 2310€ al mese attuali, contro i 1670€ di settembre 2017. E, ciò che più colpisce, le amministrazioni non stanno attuando delle strategie che permettano di invertire la rotta. Anzi, si lascia che la gentrificazione agisca indisturbata anche nelle zone periferiche, come è ora il caso del Sud Milano: ad essere colpito è il ceto medio «intellettuale e non benestante di famiglia», «povero e privo di voce», come commenta Bertram Niessen.  

A pesare sono anche due problemi che, come studenti e/o lavoratori, ben conosciamo. 

Da un lato, il progressivo aumento di forme di lavoro instabili, che rappresenta peraltro un notevole fattore di rischio per quanto riguarda la sicurezza sul lavoro. Secondo, in modo particolare, l’incapacità del mercato del lavoro italiano di inserire i giovani lavoratori in modo stabile sin da subito, dato che si riscontra anche in università, dove l’età del personale accademico supera quasi in tutti i casi i 30 anni, e nella scuola secondaria (medie e superiori), dove la situazione che riguarda le nuove assunzioni è ancora più critica in seguito al nuovo decreto ministeriale del 25 settembre, che prevede per i nuovi insegnanti l’ottenimento di crediti aggiuntivi e un anno di tirocinio non pagato prima dell’accesso alla cattedra – in aggiunta ai crediti da ottenersi preventivamente, la laurea magistrale e il concorso da superare.

In questo contesto di crisi e instabilità, con lo sciopero generale di oggi i lavoratori chiedono, in definitiva, che le spese in armi siano dirottate sul finanziamento del welfare: sanità, trasporti, diritto all’abitare. Più in generale, sempre CUB ritiene che «serva una politica più strutturale e strategica da parte del Governo in favore delle parti popolari. Il Governo mira anzi a destrutturare il mercato lavoro e a dare sgravi alle imprese, mentre si dovrebbe intervenire mettendo i tetti ai prezzi energetici, problema generale che tocca l’emergenza salariale che viviamo». 

Charles Dickens li chiamava Tempi difficili. Noi siamo chiamati a resistervi, e a fare la nostra parte.

Laura Colombi
Mi pongo domande e diffondo le mie idee attraverso la scrittura e la musica, che sono le mie passioni.

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