Un film storico da Ridley Scott ce lo aspettavamo. Una commedia, no.
Come regista, Scott è sempre stato capace di trasformare momenti grandiosi d’amore e terrore in film tanto audaci quanto polarizzanti: negli ultimi anni, ha diretto The Last Duel (che rispolvera un caso di stupro del XIV secolo) e The House of Gucci (che si concentra sul tentato omicidio di Maurizio Gucci ad opera della moglie), usciti entrambi nel 2021 e accolti con recensioni contrastanti, indecise su come digerire quell’eccessiva drammaticità del regista che non spesso funziona alla perfezione.
Questa volta c’è Napoleone a calcare la scena.
La pellicola, in sala dallo scorso 22 novembre, esplora vita e fallimenti dell’imperatore francese a partire dalla fine della rivoluzione, principalmente attraverso scene di guerra e il tumultuoso rapporto con la moglie Joséphine de Beauharnais.
La decisione del regista di riunirsi a Joaquin Phoenix, scelto per il ruolo del protagonista, costituisce il primo indizio su quanto Napoleon non sia affatto lusinghiero verso il suo omonimo storiografico – come sa chi si ricorda l’infelice ritratto di Commodo ne Il gladiatore (2000) a opera dello stesso Scott.
Una rappresentazione quindi di tormento psicologico, ormai routine per un Phoenix temprato da Maestro (2023) e Joker (2019), che fluttua tra estremi alienanti di patetismo e pura apatia. Il risultato è un Napoleone al tempo stesso impaziente e pacato, contemplativo e volatile, arduo da comprendere ma facile da deridere; se gli ufficiali militari interpretano i suoi gesti come quelli d’un grande veterano, segnato da carismatico distacco, il pubblico non può che concentrarsi sulla piccolezza di un ometto erratico, che piange e dubita di se stesso a ogni decisione presa.
Si tratta d’una scelta narrativa certo intrigante, ma purtroppo non del tutto convincente – troppo iperbolizzata da non risultare comica, troppo poco consapevole del suo potenziale umoristico da potersi dedicare pienamente al genere comedy.
Scott preferisce infatti concentrarsi sul lato (pseudo)storico e militare degli eventi, dirigendo immaginazione e cinepresa a spettacolari battaglie – il vero punto forte della pellicola, che seppur ripetitivo con la sua grandiosità riesce a inghiottire lo spettatore e a trascinarlo nella frenesia del campo di combattimento. L’assedio di Tolone prende il via con la decapitazione del cavallo del generale, e non risparmia sulle inquadrature di soldati colpiti in pieno dalle cannonate nemiche.
Quando però s’arriva a Waterloo, il magnifico e imponente set piece crolla sotto una direzione narrativa dolorosamente indecisa tra comicità e realismo biografico.
Napoleone è sì un talentuoso stratega, ma è anche un bambino alla mercé dei suoi desideri. La magia svanisce nel momento in cui si passa al momento riflessivo, quando il focus ritorna insomma su di lui e sulle interazioni che è costretto da copione ad avere.
A risplendere è invece l’imperatrice Joséphine (Vanessa Kirby), motivata da nient’altro che il desiderio di portare l’uomo più ambizioso del mondo sotto suo controllo. Nello stabilire il ruolo della sovrana in questo complicato matrimonio, Scott imposta il primo incontro della coppia in un formale salotto di società, per poi invertire del tutto la prospettiva e mostrare Kirby mezza nuda, a gambe aperte, in una scena che dovrebbe saper di ridicolo ma riesce alla perfezione grazie alle capacità dell’attrice.
Tutte le scene di sesso sono di fatto impostate sullo stesso tono, a sottolineare l’oggettiva ilarità che si prova – tra i vari esempi – nel guardare Joséphine accogliere il proprio amante appena otto secondi dopo che il marito parte per l’Egitto.
Napoleon non è mai più perspicace o illuminante di quando trova il suo personaggio titolare infuriato, rimpicciolito da vergogna e imbarazzo, dalla consapevolezza che sua moglie esercita una presa assai maggiore su di lui più grande di quella che egli è in grado di imporre sul regno.
Bonaparte mostra, in fondo, un ego abissale che gli proibisce di vedere la propria follia e spesso la propria incapacità, in guerra come in amore.
L’atto finale del film, dove perde in entrambi, potrebbe essere visto come tragico, se solo Scott non avesse dato per scontato l’affetto del pubblico per una controversa, non proprio ben vista, figura storica.
Il protagonista viene essenzialmente imposto allo spettatore come se la sua abilità militare, la sua fama di grande condottiero, fosse sufficiente a renderlo simpatico; Scott sembra frustrato e quasi spazientito nei confronti di un pubblico che non ha ben accolto le sue pellicole più recenti e che si trova diviso pure in merito a questa. Ecco dunque che ci presenta sullo schermo un egomaniaco, preda dell’ansia e della sua stessa sete di potere.
La performance di Phoenix è certo ammirabile, ma manca di mistero e risulta isolata in mezzo a un cast di supporto che non brilla particolarmente (eccezion fatta, come detto in precedenza, per Kirby) ma che viene fatto entrare e uscire di scena a seconda delle più banali esigenze di trama, senza molte distinzioni tra un personaggio e l’altro.
Ancora non è disponibile il tanto acclamato director’s cut, che agli occhi del regista dovrebbe essere il vero film – senza tagli, completo di epiche battaglie navali e aggiunte per oltre 4 ore in totale. Limitandosi però alla versione proiettata nei cinema, si può dire infine che Napoleon è un film audace e ambizioso, in grado di attraversare e raccontare senza difficoltà decenni di conflitti e cospirazioni.