Da almeno sei anni, ed è una stima al ribasso, esistono gruppi organizzati che più o meno sistematicamente teorizzano l’identità transgender di un gran numero di celebrità (e non solo), che, secondo queste ipotesi, terrebbero nascosto il genere assegnato loro alla nascita per una varietà di motivi, per la verità mai molto chiari.
Questi gruppi si fanno chiamare transvestigator, per l’appunto degli investigatori sulle tracce di una supposta comunità transgender segreta – si dica pure una cricca, o ancor meglio una lobby. Anche se i dati di Google Trends individuano dei picchi nell’uso di questo termine fra il 2004 e il 2005, fra i gruppi Facebook di sedicenti detective più vecchi che si riescono a individuare ce n’è uno creato nel 2017 (da oltre 11.000 membri), ma ne esiste anche un altro più piccolo nato tre anni fa.
Su altri social network, invece, i contenuti di questo tipo rintracciabili sono più recenti, come nel caso dell’apposita sezione creata quest’anno su Reddit.
La pletora di VIP oggetto di queste indagini spazia da socialite come Paris Hilton o Elon Musk a politici quali Michelle Obama, Kennedy o Macron, passando per cantanti, come Dua Lipa, Madonna, Justin Bieber e Miley Cyrus, ma il riferimento principale è quello degli attori cinematografici: Nicole Kidman, Jessica Chastain, Anne Hathaway, Lily Collins, Tom Holland, Meghan Markle, Ryan Gosling e altri ancora.
L’idea che di fatto emerge è quella di un complotto imperniato sulle star di Hollywood, che di nascosto avrebbero affrontato un percorso di transizione –anche operatorio, nella maggior parte di queste teorie.
Non solo, dunque, si tratta di diffondere informazioni fino a prova contraria false sulla sfera intima e privata di queste persone, ma a monte c’è l’esplicita stigmatizzazione della comunità transgender.
Non è un caso, infatti, che nel 2021 l’organizzazione non profit statunitense GLAAD abbia inserito la transvestigation nell’alveo di varie teorie del complotto di stampo omofobo o transfobico, di fatto vere e proprie fake news, come l’inclusione della pedofilia nella comunità LGBT+.
Come ritengono questi transvestigator di poter identificare le loro vittime, soltanto tramite foto e video? Secondo Ana Valens, come scriveva nel 2018 sul Daily Dot, in modo pseudoscientifico: di solito si concentrano sulla struttura degli arti, del torso (come con l’attrice Anya Taylor-Joy) o del viso, usando impropriamente come spia inequivocabile di mascolinità quello che a loro può apparire come il pomo d’Adamo, o la cosiddetta “cintura di Adone”, ossia dei solchi lungo il bacino, concetto peraltro più pertinente all’estetica che alla medicina.
Talvolta ci si può spingere a determinare l’identità di genere delle persone in questione anche sulla base di “energia” o “sensazioni”, come Miles Klee su MEL afferma essere il caso dell’attore Henry Cavill o persino di Anna Frank.
In Italia non sembrano essere emersi gruppi organizzati analoghi, nonostante le cicliche battute di tono transfobico rivolte a Elly Schlein o all’ex-first lady Agnese Landini, anche da parte di esponenti politici.
In ogni caso, il fenomeno dei transvestigator risulta rilevante almeno per tre motivi: il primo è che si tratta in modo evidente di teorie cospirazioniste, caratterizzate da molti degli aspetti classici del complottismo. C’è l’idea paranoica di un accerchiamento per cui non ci si può fidare di nessuno («sono TUTTI loro», scrive un account Twitter dedicato al tema), c’è l’identificazione del nemico in Hollywood, l’archetipo della lobby perversa dietro ogni complotto sin dal maccartismo.
In alcuni casi sono gli investigatori stessi a non nascondere un atteggiamento di tipo cospirazionista: quest’anno, Tricia Crimmins ha parlato della tiktoker Queen Awake che, oltre a portare nel nome il tipico riferimento all’essersi “risvegliati”, si definirebbe conspiracy realist.
È poi il milieu in cui si diffondono queste tesi a essere talvolta notoriamente complottista, come la piattaforma di estrema destra BitChute: su di essa nel 2021 veniva definita transgender Anya Taylor-Joy dall’utente HeatherGotRedPilled (altro riferimento al “risveglio”, legato al film Matrix), ma già nel 2019 si insisteva con analoghe teorie sulla cantante Taylor Swift.
Com’è caratteristico del fenomeno cospirazionista, inoltre, capita che gli stessi utenti che sostengono questa teoria del complotto supportino anche altre tesi lontane dalla realtà:
da una visione razzista degli standard di bellezza al negazionismo nel caso di Anna Frank, passando per i dubbi sulla recente morte di Matthew Perry fino al libro Tartaria: a transvestigation (2021), plausibilmente legato a teorie pseudoscientifiche su un’antica civiltà.
Il canale YouTube Nex Wex, in un video del 2022 ossessivamente intitolato Sono ovunque, presenta i propri contenuti accostando l’immagine di un Biden alieno rettiliano a una lista di decine di VIP (da Lady Gaga a Trump, dal principe Harry a Clint Eastwood, da Eddie Murphy a Tom Cruise) tra i quali supposti transgender.
Il riferimento occasionale alla pedofilia di questa cricca, peraltro, avvicina la transvestigation ad altre teorie del complotto legate agli ambienti di QAnon, coinvolti nell’attacco al Campidoglio del 2021, come quella del Pizzagate o il film Sound of freedom (2023) di cui su Vulcano abbiamo recentemente parlato.
Un secondo motivo d’interesse, chiaramente intrecciato al precedente, è l’ideologia che permea questo tipo di posizioni, di destra radicale estremamente conservatrice.
È il sintomo di una tendenza più generale visibile a partire dall’ultimo decennio o due, soprattutto negli USA ma non solo: alla progressiva normalizzazione dei diritti delle persone omosessuali (per quanto parziale e con numerosi distinguo), la destra repubblicana ha trovato un nuovo chiodo fisso e un nuovo spauracchio nella comunità transgender, peraltro usato come termine ombrello in cui far rientrare le drag queen e, in Italia, la cosiddetta “fluidità di genere” e la “teoria gender”.
È il caso della Florida di De Santis, ad esempio, ma anche del ddl Zan, cassato nel 2021 ufficialmente non per la proposta di tutela delle vittime di aggressioni omofobe, ma per la menzione di quelle transfobiche (espunta dalla contro-proposta del centrodestra).
Il radicalismo insito in questo tipo di destra, in generale prona a disconoscere anche il più ortodosso dei propri membri al primo passo falso, si riflette anche nel caso dei transvestigator: è ancora Klee su MEL a sottolineare come la scrittrice J.K. Rowling, forse tra le più note voci in aperto contrasto con i diritti della comunità transgender, nel 2022 sia stata accusata di aver seguito a sua volta un percorso di transizione.
Non solo: Klee racconta anche di come i membri del gruppo Facebook Transvestigation Disclosure NOW si siano ribellati alla loro stessa leader, Inanna Snow, accusandola di essere una donna transgender per via della forma del cranio e dell’energia sprigionata dai suoi occhi. Ciononostante, Snow è tutt’oggi attiva nel gruppo, il quale definisce le persone transgender “invertiti” e “strumenti di Satana“, pur invocando un atteggiamento pietistico e non di odio.
Il terzo punto d’interesse discende dal secondo: questo tipo di posizioni è spesso ascrivibile al mondo della manosphere, termine collettivo che indica i vari luoghi online che promuovono idee antifemministe, maschiliste e misogine, come il noto gruppo degli incel. Eppure questo non sembra essere il caso dei transvestigator, o sarebbe meglio dire delle transvestigator:
come si evince anche dagli esempi fatti in questo articolo, gran parte di questi gruppi è costituito da donne, come pure sono primariamente donne le vittime dei loro post.
Ci sono naturalmente delle eccezioni: Valens sul Daily Dot identifica uno degli investigatori come membro dei Men Going Their Own Way, comunità misogina ascrivibile alla manosphere. Inoltre, analizzando coppie di celebrità e asserendo che i loro generi siano stati “invertiti”, i transvestigator si innestano su secolari polemiche maschiliste nei confronti di uomini poco “virili” che stanno con donne poco “femminili”, polemiche che oggi hanno luogo proprio nella manosphere (è il caso delle analisi basate su quanto, nelle foto, un uomo stia dritto o inclinato verso la partner).
La maggior parte dei transvestigator è però donna: generalmente questa transfobia veicolata da gruppi femminili può rappresentare un mero esempio di sessismo interiorizzato, ma viene talvolta espressa come posizione femminista che vede l’accettazione delle donne transgender come un attacco alla femminilità stessa (è l’ideologia TERF di cui per l’appunto J.K. Rowling è una voce, come altri gruppi che si opposero alla parte sulla transfobia nel ddl Zan, o che fecero pressione sull’ex-premier scozzese Sturgeon appena prima delle sue dimissioni).
D’altronde, l’esistenza di queste diverse interpretazioni del femminismo è un corollario del concetto stesso di intersezionalità (intreccio di diverse discriminazioni: di genere, razziste, religiose e altre ancora), introdotto proprio negli ultimi trent’anni dalla terza e quarta ondata del movimento: come esiste il femminismo trans-inclusivo, esiste quello transfobico.
Se dunque il fenomeno dei transvestigator è importante per questi tre motivi, l’atteggiamento più utile e giusto non è quello della loro derisione dall’alto in basso – cosa che affermiamo da tempo su Vulcano in termini generali –, ma una consapevolezza degli addentellati ideologici che questi gruppi si portano dietro e che rischiano già oggi di diventare prassi quotidiana.
Le vittime di tali investigazioni, infatti, non sono più solo i VIP, ma anche persone comuni:
conoscenti dei transvestigator o persino sconosciuti fotografati per strada (come riporta Klee, secondo la paranoia cospirazionista del «vivono fra di noi»). L’anno scorso era circolato molto il video dell’attacco rivolto a una ragazza in un bagno pubblico perché ritenuta transgender, mentre quest’estate una donna cisgender è stata assassinata per lo stesso motivo.
Il breve passo dai video sulle star hollywoodiane a questi gesti sta nel verbo più usato dai transvestigator, ossia to expose. Nel gergo cospirazionista indica il disvelamento di un segreto, come il ricorrente verbo to disclose, ma significa innanzitutto esporre: al pubblico ludibrio, alla gogna mediatica e a ciò che ne consegue.