A una settimana dall’inizio della Cop28, la conferenza sul clima delle Nazioni unite, le discussioni sono entrate nella fase critica con la presentazione della prima bozza del global stocktake. Questa revisione globale è un’analisi degli sforzi compiuti dai paesi che hanno aderito all’accordo di Parigi del 2015 per ridurre le emissioni di gas serra e limitare l’aumento delle temperature a 1,5 gradi rispetto all’era preindustriale.
Il documento (il global stocktake) di 24 pagine è al centro di intense controversie, ma il punto di maggiore attrito riguarda l’eliminazione graduale delle fonti di energia basate sui combustibili fossili, conosciuta come phase out. Questa proposta, fin dalla sua prima menzione nella bozza, rappresenta una svolta senza precedenti nelle negoziazioni della Cop.
Gli Emirati Arabi Uniti sotto accusa per accordi su gas e petrolio durante il vertice climatico alla Cop28
In vista vertice climatico della COP28 in programma a Dubai, gli Emirati Arabi Uniti si trovano sotto la lente d’ingrandimento per manovre durante le riunioni preparatorie. Documenti visionati dalla BBC, preparati dal team della COP28 degli EAU, rivelano che gli EAU abbiano cercato di sfruttare il prestigioso evento per chiudere accordi commerciali sul petrolio e il gas con almeno 15 nazioni, tra cui la Cina, la Colombia, la Germania e il Brasile.
Secondo i documenti, infatti, la compagnia petrolifera Adnoc degli EAU avrebbe proposto “punti di discussione” con diversi paesi, annunciando la sua disponibilità a valutare opportunità internazionali di gas naturale liquefatto in Mozambico, Canada e Australia. Con la Colombia, Adnoc si sarebbe dichiarata pronta a sostenere lo sviluppo delle risorse di combustibili fossili. In Brasile, avrebbe chiesto al ministro dell’Ambiente di facilitare l’approvazione dell’offerta di 2,1 miliardi di dollari per acquisire una quota chiave della società Braskem.
Il rapporto indica che Adnoc avrebbe anche comunicato alle nazioni produttrici di petrolio, Arabia Saudita e Venezuela, che non esiste alcun conflitto tra lo sviluppo sostenibile delle risorse naturali di un paese e l’impegno nei confronti del cambiamento climatico.
In un contesto più ampio, il dibattito sul futuro energetico si fa sempre più acceso, con una società statale di energia rinnovabile che sfida la narrativa dominante. Secondo la stessa, non esisterebbe alcuna prova scientifica che dimostri la necessità di eliminare gradualmente i combustibili fossili per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C sopra i livelli preindustriali. Si afferma, inoltre, che l’eliminazione graduale dei combustibili fossili potrebbe minare lo sviluppo sostenibile, portando il mondo a una regressione invece che a un progresso.
In attesa del COP28, il mondo guarda con attenzione a questa problematica, che solleva interrogativi cruciali sulla connessione tra lo sviluppo e gli interessi economici legati ai combustibili fossili e la lotta contro il cambiamento climatico, mettendo gli Emirati Arabi Uniti sia sotto accusa che sotto i riflettori internazionali, in vista del prossimo vertice.
Tuttavia, il confronto è acceso poiché alcuni paesi, in particolare l’Arabia Saudita, hanno dichiarato con chiarezza la loro opposizione a questa opzione. La questione chiave al momento è se sarà possibile raggiungere un consenso su questo punto fondamentale.
Il phase out delle fonti fossili è considerato cruciale per affrontare il cambiamento climatico, e le posizioni divergenti potrebbero influenzare notevolmente l’efficacia e l’ambizione delle azioni globali. La comunità internazionale è in attesa di vedere come si evolveranno le discussioni nelle prossime fasi della Cop28 e se sarà possibile superare le divergenze per unire gli sforzi contro il riscaldamento globale.
Il nuovo fondo per la compensazione climatica
L’incontro ha preso il via con un’imponente accelerazione, con la giornata di apertura che ha già sancito un accordo cruciale sul nuovo fondo riguardante le compensazioni per le perdite e danni causati dalla crisi climatica, noto come loss and damage. Questo strumento era emerso nella precedente edizione a Sharm el Sheik, ma fino ad ora mancavano i dettagli operativi.
L’interim per la gestione del fondo è stato affidato alla Banca Mondiale. Questa assegnazione ha suscitato disappunto in un blocco di paesi che sospettano una predisposizione troppo marcata agli interessi dell’Occidente. Nonostante questo, c’è un compromesso dato che questa componente sarà adeguatamente rappresentata nel consiglio decisionale.
La giornata di apertura ha visto anche i primi contesti di finanziamento. Mentre gli Stati Uniti hanno assicurato solo 17 milioni e il Giappone ha stanziato 10 milioni, gli Emirati Arabi si sono distinti annunciando un contributo significativo di 100 milioni. Un sostegno altrettanto forte è arrivato anche dalla Germania e dall’Italia con una cifra analoga.
Nonostante ciò, la consapevolezza di fondi insufficienti tempera l’ottimismo per queste promesse finanziarie: gli esperti sottolineano che potrebbero essere necessari ben quattrocento miliardi all’anno per affrontare efficacemente la crisi climatica. Questo rivela l’importanza di un impegno ponderato da parte dei vari paesi e la strada verso soluzioni globali e finanziamenti adeguati, che rimane impervia.
Il Patto Mondiale per Triplicare le Fonti Rinnovabili e Raddoppiare l’Efficienza Energetica entro il 2030
Nella giornata di sabato 2 dicembre, 118 nazioni hanno formalizzato un impegno di portata significativa, mirato a triplicare l’utilizzo delle fonti rinnovabili e a raddoppiare l’efficienza energetica entro il 2030. L’iniziativa, coordinata da Europa, Stati Uniti ed Emirati Arabi, ha visto la partecipazione di paesi di rilevanza globale come Brasile, Nigeria, Australia, Giappone e Canada.
Il documento sottoscritto non si limita alla fissazione di obiettivi ambiziosi per la transizione energetica, ma affronta con decisione la questione dei finanziamenti, proponendo il blocco degli investimenti negli impianti alimentati a carbone. Questo accordo si pone come un passo significativo nel quadro internazionale per affrontare le sfide del cambiamento climatico e adottare pratiche più sostenibili per il benessere del pianeta.
L’Agricoltura nell’Agenda dei Piani Climatici Internazionali. Contemporaneamente, è stata firmata un’importante dichiarazione da ben 134 paesi, volta a integrare l’agricoltura nei piani climatici nazionali. Questo settore, notoriamente ad alto impatto ambientale, è responsabile di una considerevole quota, pari al 25%, delle emissioni globali di gas serra.
La dichiarazione pone sotto i riflettori la possibilità dell’agricoltura di contribuire al sequestro del carbonio attraverso l’innovativo concetto di carbon farming. Tale pratica sfrutta la naturale capacità del suolo di immagazzinare anidride carbonica, utilizzandola per migliorare diverse caratteristiche del terreno, come la fertilità. Un approccio che potrebbe rappresentare una pietra miliare nella costruzione di una strategia agricola sostenibile, allineata agli obiettivi di mitigazione dei cambiamenti climatici.
Durante la Cop28 per la prima volta è stata sancita l’inclusione senza precedenti della salute, con un’intera giornata dedicata a questa tematica. Questo passo avanti non solo amplia l’orizzonte delle conferenze al di fuori della tradizionale sfera degli specialisti del clima ma rivela anche una prospettiva più ampia sull’interconnessione tra cambiamenti climatici e benessere umano. La dichiarazione congiunta su clima e salute, sottoscritta da 123 Stati, si impegna a considerare non solo i danni fisici causati da eventi climatici estremi ma anche l’impatto psicologico, riconoscendo così la complessità delle sfide sanitarie globali. Tra gli obiettivi chiave figura la riduzione delle emissioni nell’industria sanitaria e nel comparto ospedaliero, delineando una prospettiva completa nella gestione delle implicazioni del cambiamento climatico sulla salute pubblica.
L’Incremento del Ricorso all’Energia Nucleare
Un audace appello ha preso forma con la firma di venti nazioni, chiedendo l’aumento triplicato nell’utilizzo dell’energia nucleare entro il 2050. La dichiarazione ufficiale riconosce esplicitamente il ruolo fondamentale dell’atomo nel perseguire l’ambizioso obiettivo delle zero emissioni nette, il fulcro di tutte le conferenze sul clima. Tra gli aspetti cruciali si annovera l’invito rivolto alle istituzioni finanziarie internazionali, a cominciare dalla Banca Mondiale, a promuovere l’inclusione dell’energia atomica nelle politiche di prestito.
I firmatari di questo appello, tra cui Francia, Stati Uniti, Giappone, Corea del Sud, Marocco, Polonia, Romania, Svezia, Ucraina ed Emirati Arabi, sottolineano la necessità di riconoscere il contributo dell’energia nucleare nella lotta contro le emissioni. Tuttavia, sorge un dilemma temporale: con le pressanti scadenze del 2030 per la riduzione delle emissioni, il piano potrebbe rivelarsi incompatibile con le esigenze immediate di una transizione energetica sostenibile.
Prospettive sull’esito della Cop28: Un Quadro Complesso
Anticipare l’esito della Cop28 si presenta come un compito impegnativo. Ciò che è certo è la presenza di blocchi di paesi con posizioni contrastanti. I paesi più svantaggiati, guidati da potenze come Cina e India, uniti a partecipanti chiave desiderosi di distanziarsi dalla leadership statunitense, possiedono la massa critica necessaria per influenzare significativamente la richiesta di una transizione energetica sostenibile a livello socioeconomico.
Questa dinamica sottolinea la complessità delle negoziazioni in corso, evidenziando la forza di un fronte coeso che promuove una transizione verso fonti energetiche più sostenibili. Resta da vedere come si svilupperanno gli sforzi congiunti e come si tradurranno in azioni concrete per affrontare le sfide ambientali e socioeconomiche.