Dopo la sfilata dei cantanti sul Green Carpet nella serata precedente all’inizio del Festival, finalmente martedì sera abbiamo potuto ascoltare i brani in gara nella 74esima edizione di Sanremo. Accanto ad Amadeus sul palco dell’Ariston, Marco Mengoni, vincitore della scorsa edizione. Un inizio con il botto: oltre 10 milioni di telespettatori hanno seguito la prima serata della kermesse.
Clara ha rotto il ghiaccio con il profilo tagliente dei suoi “Diamanti grezzi”. Una voce decisa e una canzone che graffia, che racconta i tormenti dell’amore. La prima volta, il bacio con la lingua, quell’uno su un milione, quel cadere in mille pezzi ma restare a galla. Un racconto disincantato e maturo, nonostante la giovane età della vincitrice di Sanremo giovani. La conosciamo nei panni di Crazy-J, il personaggio sfrontato e incline agli eccessi che interpreta nell’amatissima serie televisiva Mare Fuori; nella prima serata del Festival Clara domina invece il palco dell’Ariston con un look elegante e particolare, oltre che con la sua voce potente ed un’esibizione sicura.
La conclusione di una storia d’amore è un momento che si spera non arrivi mai, ma chi ci passa dopo qualche tempo impara a farne tesoro: è di questa fase che parla Sangiovanni. “Finiscimi” è una lettera di scuse e una presa di coscienza. Non è facile reagire alla fine di un amore e a volte, guardandosi indietro, si rimpiangono alcuni comportamenti, si vorrebbe poter tornare nel passato e modificarsi. Non si può fare. Ma si può chiedere scusa.
Sangiovanni non cerca di stupire il pubblico né con il look né con un’interpretazione particolarmente accesa del proprio brano. Rischia di annoiare, anche perché nonostante un testo così emotivo la sua proposta rimane abbastanza ripetitiva. Lo stesso potremmo dire per i Negramaro, Il Volo e il duo Renga–Nek. I brani proposti sono melodie già sentite e non delle migliori. Il “Capolavoro” dei tre tenori non convince, “Ricominciamo” del gruppo salentino crea l’aspettativa di qualcosa di nuovo che però non arriva mai e “Pazzo di te”, seppur intrisa di un grande sentimento, non propone nulla se non un collage non troppo ben riuscito degli altri brani dei due artisti. Sulla stessa lunghezza d’onda si pongono Il Tre, Fred de Palma e i Santi Francesi: basi e testi piuttosto mediocri, portati sul palco con esibizioni non particolarmente scenografiche o emozionanti.
Torna sul palco di Sanremo una grande interprete della musica italiana: Fiorella Mannoia. In una veste di pizzo bianco, a piedi nudi, la cantante di “Quello che le donne non dicono” parla ancora di femminilità e lo fa in una chiave diversa, più matura e sfaccettata. Il suo brano più che una canzone è un manifesto, una ballad con una base leggera e al contempo travolgente che richiama ora De André, ora Mannarino.
Chi si aspettava un’esibizione scandalosa da La Sad è rimasto deluso. Il trio è stato criticato fin dall’annuncio della sua partecipazione per il look punk e per i testi espliciti che annovera nella propria discografia; eppure sul palco portano dei completi neri aperti su una gabbia toracica d’argento, senza esagerare, e un brano che racconta una storia di malessere evitando di scendere nei particolari. Si fanno portatori di un messaggio forte e fondamentale, ma nel complesso la loro performance lascia con l’amaro in bocca sia chi si aspettava più irruenza, forse trattenuta nel timore di non incontrare l’apprezzamento del pubblico, sia chi invece apprezza brani più tipicamente “sanremesi”.
Irama non può fare a meno di suscitare un effetto di déjà-vu: il brano è fin troppo simile a tanti già sentiti, sia suoi che di artisti affini, e il look è di una banalità talmente spiazzante da far pensare che si sia dimenticato a casa ciò che effettivamente intendeva mettere. Sul palco non tentenna e l’esibizione è quella di un cantante affermato e competente, ma purtroppo al Festival non stupisce né colpisce, complici base e tematiche piuttosto dozzinali.
Il completo è azzurro cielo e tempestato di brillantini, la base è dinamica tanto quanto la performance: Ghali porta un brano inaspettato. Un dialogo immaginario con un extraterrestre, che a volte fa capolino nella sala, che racconta il mondo visto dai suoi occhi puri. Un punto di vista, denuncia il cantante, purtroppo raro nella società di oggi spesso infestata dalla violenza e dell’antagonismo. Un testo importante, da assimilare e mettere in pratica.
Quando è il suo turno, Annalisa prende il palco e lo tiene in maniera magistrale. Fin dalle prime note, si percepisce la potenza del brano: quel “quando quando quando” ti entra in testa e non ti esce più. Un ritornello che fa eco al famoso pezzo di Tony Renis all’interno di una canzone che è perfetta conclusione del percorso intrapreso da Annalisa con il suo ultimo album, “E poi siamo finiti nel vortice”.
Sarà che l’indole di artista ce l’ha nel sangue: Angelina Mango è un animale da palco. La sua esibizione è una grande festa, lei il palco lo riempie e lo occupa tutto, destra, sinistra, avanti e indietro. La sua canzone è tra le più originali del festival e forse anche la più difficile a livello tecnico.
Alessandra Amoroso fa il suo debutto da concorrente all’Ariston con un brano intenso. La melodia è quella classica che ci si aspetta da un brano in gara a Sanremo, ma lei è diversa. Un’interpretazione impeccabile ed emozionante, la cantante brilla di luce nuova. Dopo un periodo non facile anche a causa della shistorm di cui è stata vittima, è tornata più forte di prima.
In pochi ne hanno capito il testo, ma tutti sono già pazzi della canzone di Geolier. “I p’me, tu p’te” è una di quelle hit di cui non ci libereremo facilmente. Un brano talmente forte da essere in gara nonostante sia in dialetto napoletano, un’eccezione al regolamento decisa dal direttore artistico.
Forte della terza posizione ottenuta lo scorso anno, Mr Rain torna all’Ariston per raccontare una storia drammatica, con la sensibilità che lo caratterizza. Sul palco con lui quest’anno non ci sono i bambini, ma non è difficili immaginarseli, seduti su quelle due altalene che fanno da cornice all’esibizione. E in effetti questo è anche il senso del brano, dedicato a due bambini uccisi dal padre due anni fa a Mesenzana.
Bellissima ed elegantissima, Rose Villain fa qualcosa di rivoluzionario: il suo brano è un’unione equilibrata tra la melodia sanremese e il rap che fa parte del background musicale della cantante. La sua “Click boom” parla d’amore, un amore che confonde e travolge, che è condanna e cura allo stesso tempo.
Stessi capelli blu e stessa grinta annunciano l’arrivo di un’altra leggenda della musica italiana, Loredana Bertè. Una “pazza” di cui ci si innamora facilmente e che sembra non invecchiare mai. Una “ragazza che s’incazza” e meno male, perchè da quella rabbia scaturisce un pezzo fortissimo.
Non è facile essere artisti d’altri tempi e doversi adattare ad un mondo che si muove alla velocità della luce, eppure i Ricchi e poveri hanno capito come farlo e lo fanno alla perfezione. Il ritmo è vivace esattamente come gli interpreti di un brano moderno, che ci fa ballare senza scadere in una mediocre hit estiva. C’è chi ha definito “trash” l’enorme fiocco rosso in cui erano avvolti nella loro prima apparizione sul palco, ma è innegabile che il duetto abbia sorpreso il pubblico con un brano allegro. Il testo racconta di dinamiche relazionali in cui è facile identificarsi a tutte le età e l’esibizione è esuberante, accompagnata da un quartetto di ballerini che rapiscono il pubblico. Insomma, Angelo e la “brunetta”, nonostante la loro lunga carriera, riescono ancora a stupire.
Perfettamente in sintonia l’uno con l’altro, danno quasi l’impressione di divertirsi davanti ad un gruppo di amici; con i loro outfit strampalati e originali e un ritmo vivo, i Bnkr44 raccontano all’Ariston tutta l’inadeguatezza dei loro coetanei, inadeguatezza che però non paralizza, anzi fa venire voglia di fuggire e spaccare tutto. Grandissimo debutto per il collettivo indie-pop!
Voci di corridoio lo volevano squalificato proprio la mattina dell’inizio del Festival, e invece Alfa arriva sorridente sul palco. Forse le fake news l’hanno spaventato a tal punto che ha deciso di non preparare un look adeguato per l’esibizione. Il brano lancia un messaggio di grande ottimismo verso la vita; è perfettamente in linea con lo stile del giovane cantante e la sua leggerezza piace al pubblico, che tuttavia lo critica per l’eco un po’ troppo insistente degli One Republic nella sua proposta.
Il brano in cuffia ascoltato dalla playlist su Spotify non è per niente male, ma il modo in cui Gazzelle lo accompagna sul palco fa calare il livello di attenzione. Svogliato, poco incisivo, non lascia il segno. Del suo pezzo resta in mente soltanto il paragone con i “due panda” che in fondo nessuno ha capito. Forse nemmeno lui.
Non conquista in maniera decisiva con le note del suo brano, ma il testo di rivincita e l’energia con cui Big mama domina l’emozione di un palco così importante rendono la sua performance una delle più incisive della prima serata del Festival. Non è da tutti riscattarsi dopo anni di profonda sofferenza, ma la cantante si riprende tutto ciò che le è stato tolto da una vita di bullismo e dolore, di cui non si vergogna a parlare. Il coraggio non le manca: dedica la sua esibizone alla comunità queer. “Amatevi liberamente. Potete farlo”, dice dal palco dell’Ariston. Non serve aggiungere altro.
La voce di Diodato incanta: le note arrivano in maniera così candida e precisa e l’artista calca il palco con delicatezza e armonia. L’interpretazione è condita dalla coreografia meravigliosa di un corpo di ballo, che si sposa alla perfezione con la musica. Il movimento è presente tra le parole del brano così come nell’esibizione sul palco. Tutto è al suo posto.
Quando si esibiscono i The Kolors ci si sente già a luglio, quando sicuramente la loro canzone risuonerà nelle spiagge di tutta Italia. Il gruppo arriva a Sanremo dopo un anno di successo: la loro “Italodisco” ha dominato le radio nel periodo estivo, arrivando anche in altri Paesi europei. Al Festival portano un pezzo che rimane in testa e fa venir voglia di ballare. Non da podio, ma in linea con il loro mood e il loro scopo: portare allegria e spensieratezza.
La stessa voglia di ballare nasce dall’ascolto del brano di Dargen D’Amico; il ritmo è incalzante, l’artista come al suo solito è in grado di catturare il pubblico con un pezzo accattivante che però contiene un messaggio più profondo. Si riconferma un cantante che non ha paura di osare, e proprio grazie a questa sua audacia convince l’audience come pochi altri. E, a dirla tutta, lo amiamo anche per il suo impegno nell’accumulare bonus che aumentano esponenzialmente il punteggio di chi lo ha incluso nella sua squadra del Fantasanremo!
Emma torna a Sanremo con un brano che raccoglie tutto il percorso dell’artista degli ultimi anni. “Apnea” mischia il ritmo accattivante dei brani contenuti nei suoi album precedenti a suoni più elettronici, che la cantante ha sperimentato nelle recenti collaborazioni con Tony Effe, ad esempio.
Insomma, ce n’è per tutti i gusti: il rap napoletano di Geolier, i pezzi che ci fanno ballare dei The Kolors e di Annalisa, il rock senza tempo di Loredana Bertè. E ancora, l’energia e l’espressività di Angelina Mango, la voce limpida di Diodato, lo stile inconfondibile di Mahmood; quest’ultimo in particolare sembrava non convincere fino in fondo con la sua Tuta gold, eppure è impossibile non ritrovarsi a canticchiare “Cinque cellulari nella tuta gold”, con tanto di balletto che l’artista stesso ha eseguito sul ritornello.
Stasera sapremo chi è il 74esimo vincitore del Festival di Sanremo. Comunque vada, anche quest’anno il Festival ci ha regalato dei brani che ci accompagneranno per molti mesi e una settimana di serate in compagnia, confermandosi un appuntamento in grado di portare un po’ di leggerezza nelle case degli italiani. Leggerezza di cui, in questo momento storico in particolare, si ha davvero bisogno.
Articolo di Maria Cattano e Giulia Maineri