I volti più riconoscibili della cultura popolare, dai Simpson ad Angelina Jolie, usati come veicolo per parlare di guerra, violenza di genere o cancro al seno.
È possibile? La risposta appare affermativa, se si guarda alle opere di AleXsandro Palombo, che si definisce «artista pop e attivista» e «pioniere dell’arte sociale», una corrente artistica dedita alla sensibilizzazione e alla denuncia. Di stanza a Milano, pur concedendo raramente interviste Palombo realizza murales e opere d’arte digitali che spesso finiscono su testate anche internazionali.
Uno dei suoi lavori più noti è Breast Cancer Survivor (2015), serie di opere raffiguranti diversi personaggi di finzione (Wonder Woman, Olivia di Braccio di ferro, Cenerentola, Betty Boop, Wilma Flintstone, Jessica Rabbit, Lois Griffin…) dopo una mastectomia e col fiocco rosa, simbolo della ricerca contro il cancro al seno.
Contattato in merito da Vulcano, Palombo ha parlato di una ragione anche personale dietro questa serie:
«Le opere dedicate al cancro al seno partono tutte da una perdita, dalla scomparsa di una donna a me cara con cui ho condiviso anni importanti della mia vita, è stato un piccolo gesto per esortare, per incoraggiare, per ricordare.»
La stessa tematica era stata affrontata nel 2022 in Love Yourself, con Angelina Jolie come soggetto, in seguito rimossa dal Comune di Milano (e anche criticata da alcuni attivisti come stereotipo negativo e scoraggiante sulla mastectomia preventiva, dato l’aspetto emaciato di Jolie).
Un’altra situazione spesso raffigurata da Palombo è la violenza di genere: in What kind of man are you? (2014), le stesse sopracitate protagoniste dei cartoon vengono rappresentate insanguinate e affiancate dai propri compagni; in Break the silence (2015) ad essere vittime di violenza erano di nuovo loro insieme a VIP realmente esistenti, come Jolie, Madonna o Gwyneth Paltrow.
Nel 2021, la serie Just because i am a woman (2019) è passata da Milano alle sale del Louvre: in essa sono raffigurate diverse donne della politica internazionale (da Merkel a Clinton, passando per le first ladies Michelle Obama e Brigitte Macron), sempre vittime di violenza.
L’artista risulta del resto particolarmente sensibile alla tematica dei diritti femminili.
Si pensi all’opera The Cut 1: il dipinto raffigurava Marge Simpson dopo essersi tagliata l’iconica chioma blu, collocata nel 2022 davanti al Consolato iraniano a Milano in sostegno alle proteste per l’uccisione di Mahsa Amini, la giovane malmenata e uccisa dalla polizia religiosa di Teheran per l’inosservanza dell’obbligo del velo.
L’opera era stata rimossa in meno di 24 ore, venendo dunque sostituita con The Cut 2 (stessa posa ma dito medio alzato) e, nel 2023, con The Final Cut, in cui Marge tiene in mano una sciabola insanguinata e la testa mozzata dell’āyatollāh Khamenei.
Non è stata l’unica rimozione o vandalizzazione di un dipinto di Palombo: a giugno 2023 era comparso in Via Volturno (quartiere Isola, luogo d’infanzia di Berlusconi) Self-made man, dedicata all’ex-premier da poco defunto. Anche in questo caso l’opera era scomparsa (Palombo ha parlato di «cancel culture») e l’artista l’aveva sostituita con un Berlusconi che fa il gesto delle corna. Anche la seconda versione fu vandalizzata, da chi forse la riteneva celebrativa di un politico (il cui nome compariva come fittizia targa della via) lontano dai valori femministi di altre sue opere.
Già a luglio dunque Palombo aveva virato su una strada più conciliante («un lieto fine per tutti»):
un Berlusconi che va via ma anche un piccione che imbratta la nuova “Via dei Radical Chic”. Infine è comparso un ancor più accomodante The Unity, con targa ripristinata e abbraccio fra Berlusconi, Beppe Sala e il piccione.
Analogo appare il messaggio di Power is Female (2023), raffigurante Schlein e Meloni incinte, l’una con una scritta a favore dei diritti riproduttivi, l’altra contraria e ammiccante alla definizione della gestazione per altri come “utero in affitto”. Questa ambivalente non-presa di posizione, se non si conta il generico apprezzamento per la presenza di due donne a capo di governo e opposizione, è difficilmente conciliabile con il messaggio più divisivo di altre opere di Palombo, come quella a favore del regime di 41-bis che, condiviso o meno, è più netto.
Inutile dire che entrambe sono state rimosse, con accuse da parte dell’artista al Comune di «M-Iran».
Palombo, in ogni caso, non si limita ai diritti civili o alla politica interna, anzi: le sue opere oggi più discusse riguardano le due grandi guerre che stiamo vivendo, in Ucraina e a Gaza.
A marzo 2022, infatti, l’artista aveva dato la propria personale interpretazione dell’ “operazione speciale” russa con Russian Roulette. The Tsar’s Suicide, con Putin che si punta una pistola alla tempia. La rimozione del dipinto fu stavolta da Palombo attribuita a una sorta di longa manus della censura putiniana a Milano, un’accusa dalla gittata un po’ larga, nonostante la condivisibilità della condanna a Putin.
Lo stesso mese, in Corso Vittorio Emanuele e in zona San Lorenzo Remember mostrava invece Anna Frank intenta a bruciare la Z, simbolo putiniano qui ritratto con i colori della svastica nazista. Se il paragone a qualcuno può essere risultato esagerato sul piano storico (ma non lo è poi tanto, se vertente sull’autoritarismo espansionista), ancora una volta Palombo fa un conciliante passo indietro, parlando con Milano Today: «[…] non è un richiamo ai tragici eventi della Shoah ma una denuncia sull’impatto emotivo della guerra di propaganda […]».
L’equiparazione Putin-Hitler può effettivamente demistificare la retorica della “denazificazione” in Ucraina, ma difficilmente si potrà sostenere che l’uso di Anna Frank, i simboli nazisti e il titolo Remember non siano un richiamo alla Shoah, giusto o sbagliato che sia.
Il messaggio è in ogni caso apprezzabile e contrasta spiccatamente con l’operato del collega Ciro Cerullo (in arte Jorit), che nel 2023 ha dipinto nella Mariupol sotto occupazione una bambina oppressa dai missili NATO, mentre quest’anno ha chiesto in Russia allo stesso Putin una foto, che ha poi descritto come «messaggio di pace».
Non è stata l’ultima volta che Palombo ha impiegato la figura Anna Frank:
a novembre 2023 in Innocence, Hate and Hope (Piazza Castello) compariva di nuovo con una bandiera israeliana e accompagnata da una bambina palestinese che brucia la bandiera di Hamas, mentre sul volto ha scritto Gaza Free. La denuncia dell’antisemitismo e della brutalità del 7 ottobre è sacrosanta, così come sottolineare quanto Hamas non persegua gli interessi gazawi, ma l’opera è stata subito vandalizzata: stando ai commenti, deve aver avuto un ruolo l’assenza di una condanna delle azioni israeliane a ormai due mesi dall’offensiva, così come un secondo dipinto in Porta Nuova, in cui il celebre bambino ebreo del ghetto di Varsavia ha come carnefici due terroristi di Hamas.
Sempre a Vulcano, Palombo ha così spiegato il suo uso del simbolo della ragazza ebrea: «Anne Frank rappresenta in qualche modo quell’infanzia, quell’adolescenza che tutte le guerre negano, violano, rubano. C’è un continuum barbaro che si ripete in tutto questo, sempre bambini a cui viene strappata la vita dalla follia umana. […] Mi limito a mettere in scena la disumanizzazione rimettendo in luce un passato che dovrebbe allertarci ma che purtroppo dimentichiamo, è lì che si ripresenta continuamente, senza pause e interruzioni, anche nella nostra inutile contemporaneità.»
In altri casi, è innegabile che il vandalismo sia connotato in senso antisemita: Track 21. The Simpsons deported to Auschwitz (2023), serie di graffiti presso il Binario 21 che rappresenta la famiglia dei cartoon in versione ebraica ghettizzata e poi internata, è stata a più riprese deturpata, arrivando nel 2024 a scrivervi W Hitler.
Non è che recentemente che l’artista ha scelto di esprimere solidarietà alla popolazione palestinese tramite un’opera:
Gaza, comparsa il 7 marzo vicino alla Casa della Cultura Islamica di Via Padova, raffigura un Homer Simpson palestinese che piange la propria famiglia trucidata. A dimostrazione della cieca polarizzazione del dibattito in tema, i commenti più popolari sotto il suo post Instagram lo accusano di non aver parlato degli ostaggi israeliani, cosa poco fa ampiamente smentita.
Resta infine una domanda: il ricorso ai VIP, ai personaggi Disney e soprattutto ai Simpson è efficace?
Da un lato ci sono i potenziali problemi di copyright che nel 2017 Palombo respingeva, mentre viceversa era lui nel 2022 a diffidare legalmente la cantante Cardi B dal travestimento nei panni di una sua Marge, a sua volta ispirata a un vestito di Thierry Mugler (d’altronde Palombo ha richiamato spesso outfit famosi, dal 2013 al 2018).
Tralasciando le questioni legali, viene da chiedersi se l’uso dei Simpson in scenari come quello di Auschwitz o dell’omicidio di George Floyd sia stridente o rappresenti l’intento satirico verso la cultura di massa tipico della pop art, o se ancora non voglia essere un richiamo a colpo d’occhio veicolante un messaggio più serio, o se infine Homer non sia divenuto nell’usus di Palombo un everymancalabile in diversi panni, una tela bianca (gialla) su cui rappresentare la realtà.