«Questo fotografo, pittore, scultore e scrittore sapeva vedere tutto e dava alla realtà una qualità e un’aderenza che rendevano il mondo allo stesso tempo più strano e meno estraneo». Così lo scrittore francese Roger Grenier definisce il lavoro artistico di Brassai, fotografo parigino omaggiato da Palazzo Reale con la mostra Brassaï. L’occhio di Parigi.
Dal 23 febbraio al 2 giugno, si potranno osservare i suoi scatti grazie alla retrospettiva curata da Philippe Ribeyrolles, studioso e nipote del fotografo, nell’esposizione promossa dal Comune di Milano e prodotta da Palazzo Reale e Silvana Editoriale, realizzata in collaborazione con l’Estate Brassaï Succession.
Brassaï, pseudonimo di Gyula Halász assunto in onore della sua città natale Brassò, è stato uno dei protagonisti della storia della fotografia del XX secolo, inserito nella “scuola” francese definita umanista, data la centralità di donne, uomini e bambini nei suoi progetti.
Arrivato a Parigi nel 1924, durante il fermento culturale di quell’epoca, fu in grado di influenzare le tendenze artistiche avvicinandosi anche al movimento surrealista e a personaggi illustri quali Picasso, Dalí e Matisse. Nella capitale francese colse le occasioni che venivano offerte ad artisti, scrittori e poeti in un orizzonte estremamente ricco dal punto di vista culturale. Parigi divenne, non a caso, la capitale artistica del mondo e luogo prediletto da molti intellettuali.
Nel 1933 Brassaï pubblicò la sua prima raccolta fotografica, Paris de nuit, e negli anni seguenti seppe intensificare i propri rapporti a livello internazionale: venne infatti notato da Edward Steichen, fotografo e pittore lussemburghese. Quest’ultimo lo invitò a esporre al Museum of Modern Art (MoMA) di New York nel 1956, evento cruciale nella vita di Brassai in quanto gli aprì le porte per sviluppare legami solidi e concreti con gli Stati Uniti.
Per esempio, il fotografo collaborò con la rivista Harper’s Bazaar, di cui Aleksej Brodovič fu il rivoluzionario direttore artistico dal 1934 al 1958. I suoi scatti furono anche pubblicati sulla rivista surrealista Minotaure, di cui Brassaï divenne collaboratore, avendo la possibilità di conoscere scrittori e poeti surrealisti come Breton, Éluard, Desnos, Benjamin Péret e Man Ray.
Brassaï scomparve il 7 luglio 1984, subito dopo aver terminato la redazione di un libro su Proust, al quale aveva dedicato diversi anni della sua vita. È sepolto nel cimitero di Montparnasse, esattamente nel cuore di quella Parigi che ha tanto amato e celebrato per tutta la sua esistenza.
La mostra a Palazzo Reale presenta più di 200 stampe d’epoca, sculture, documenti e oggetti appartenuti al fotografo, fungendo da approfondimento del suo lavoro, con particolare attenzione alle celebri immagini dedicate alla capitale francese.
«Siamo lieti di presentare a Palazzo Reale la straordinaria mostra dedicata a Brassaï, uno dei precursori nel catturare l’atmosfera notturna di diverse zone di Parigi, fondendo magistralmente l’arte fotografica con la sua sensibilità» sostiene Tommaso Sacchi, assessore alla Cultura di Milano. «Le immagini narrano storie di incontri e divertimenti, e offrono uno sguardo privilegiato sulla società dell’epoca e sul quartiere di Montparnasse, luogo d’incontro di artisti e scrittori tra le due guerre».
Nel mondo della fotografia, ma non solo, hanno fatto la storia le sue raffigurazioni della Ville Lumière: quartieri operai, grandi monumenti simbolo, moda, ritratti di amici, graffiti e vita notturna sono oggi icone che nell’immaginario collettivo identificano immediatamente il volto di Parigi. Una città misteriosa e diversa, a volte punteggiata dall’illuminazione pubblica, altre avvolta nella nebbia o bagnata dalla pioggia.
La peculiarità del lavoro di Brassaï sta proprio nello sguardo con cui guardava alla realtà, captando l’atmosfera urbana dell’epoca e le caratteristiche delle persone che vi abitavano. Ma il fotografo non si limitava alla rappresentazione del paesaggio o alle vedute architettoniche, anzi il suo desiderio era avventurarsi anche negli spazi più intimi, mai ritratti da altri artisti, ma che coglievano pienamente l’essenza della società. Per questo nei suoi scatti sovente i protagonisti sono lavoratori, prostitute, clochard, artisti e girovaghi solitari.
Proprio nell’esposizione milanese si può esplorare a 360 gradi la produzione del fotografo:
i primi scatti vicini al movimento surrealista, le iconiche immagini della città francese, i nudi femminili, i ritratti del popolo, ma anche le sculture involontarie che la realtà offriva al suo sguardo e i graffiti, immortalati da Brassaï durante le esplorazioni dei muri parigini, interesse che sviluppò grazie ai rapporti che ebbe con Jean Dubuffet e in generale con le arti visive.
La mostra si divide in undici sezioni: si parte, ovviamente, dagli «Inizi», poi ci si addentra nella «Parigi di Giorno» e «Parigi di notte»; si proseguedando un occhio alla «Parigi segreta» e alla «Parigi delle illusioni». Dopo la parte dedicata ai «Graffiti», si prosegue verso «Il nudo: dal realismo al mondo onirico», «Moda e serate: l’eleganza parigina» e «Sguardi d’artista – Lo sguardo dell’artista». Il viaggio, infine, termina con «Tenera infanzia» e «Paradossi».
Tra le tante opere in mostra, per esempio, si possono osservare: Couple avec matelot, Pont de la Tour Eiffel (1932); Soirée Haute couture (1935); Couple au bal des Quatre Saisons e La Mome Bijou au Bar de la Lune (1932).
Il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha accolto con favore l’iniziativa, dichiarando che «La fotografia torna protagonista a Palazzo Reale con questa bella mostra dedicata a uno dei più importanti autori del Novecento. Un’occasione unica per accostarsi, a quarant’anni dalla sua scomparsa, all’opera di questo grande fotografo ungherese naturalizzato francese».
Brassaï rimase estremamente affascinato da Parigi e fu in grado di restituire il suo amore per la città riportando all’osservatore le mille sfaccettature e l’atmosfera magica che si respirava tra le vie.
Il tutto mostrando la quotidianità, anche con i suoi contrasti: Parigi nelle diverse fasce orarie, gli ambienti aristocratici e i cabaret, la vita dei salotti intellettuali e le case di tolleranza.
«Esporre oggi Brassaï significa» afferma Ribeyrolles «rivisitare quest’opera meravigliosa in ogni senso, fare il punto sulla diversità dei soggetti affrontati, mescolando approcci artistici e documentaristici; significa immergersi nell’atmosfera di Montparnasse». Lo sguardo dell’artista penetra la società, senza esprimere giudizi, ma manifestando empatia e compassione. Per esempio, gli scatti che raffigurano le prostitute non sono volti a sminuire i soggetti ma trasmettono un sentimento di comprensione.
Indagando le strade, i giochi di luce, la realtà cruda e scabrosa, gli aspetti che sembrano banali, Brassai è riuscito a trasmettere una nuova visione della vita quotidiana, rendendo speciali anche gli aspetti che sembrano più scontati e meno interessanti. I suoi lavori hanno avuto un’influenza in diversi ambiti, infatti sono stati presi d’ispirazione dai registi cinematografici del Realismo poetico, oltre che dai protagonisti della Nouvelle Vague francese e del Neorealismo italiano.