Del: 30 Aprile 2024 Di: Petra El Charif Commenti: 0

Il primo aprile, in un attacco attribuito a Israele contro l’ambasciata iraniana a Damasco, sono morti otto iraniani, tra cui il generale Mohammad Reza Zahedi e altri Pasdaran, cinque siriani, un membro di Hezbollah e due civili. L’attacco del primo aprile rappresenta il culmine delle offensive portate a termine da Israele contro l’Iran negli ultimi mesi. Pur essendo un Paese non belligerante, la Siria è attualmente tra i bersagli di Israele, che punta a colpire i membri di Hezbollah schierati a sostegno del presidente Assad nella guerra civile che dilania lo Stato mediorientale.

La risposta iraniana è arrivata con un primo attacco diretto sul suolo israeliano, la sera del 13 aprile: a detta dell’esercito israeliano, dei circa 300 proiettili giunti sul territorio circa il 99% è stato neutralizzato grazie ai sistemi di difesa aerea. L’Iran ha tentato di giustificare questa mossa affermando di esercitare il diritto naturale di legittima difesa ai sensi dell’art. 51 della Carta delle Nazioni Unite: l’attacco israeliano del primo aprile costituirebbe una violazione del diritto internazionale, in quanto le ambasciate godono di inviolabilità, oltre a rappresentare simbolicamente i principi di pace e cooperazione tra Stati.

Le radici del conflitto tra Iran e Israele sono però più profonde.

Nel 1979, in Iran, lo scià Pahlavi governava da quasi 40 anni un regime dittatoriale e fortemente corrotto. Egli guardava con ammirazione la cultura occidentale, motivo per cui dagli anni ’50 è stato il principale partner di Israele e degli USA all’interno della regione. Il malcontento del popolo iraniano era sensibile: la corruzione dei militari era evidente a chiunque, e le alleanze con Israele e USA fomentavano discorsi sempre più radicali contro l’imperialismo, il colonialismo e il sionismo.

Nel settembre 1978 le manifestazioni e le proteste divennero inarrestabili, con attacchi a ristoranti, banche e cinema, principali simboli della modernità occidentale. Quando nel febbraio 1979 l’ayatollah Khomeini fece ritorno in Iran, dopo 15 anni di esilio, il popolo trovò una guida da seguire per rovesciare la monarchia Pahlavi: tutte le fazioni in opposizione al regime, tra cui quelle di ispirazione islamista, marxista e nazionalista, si unirono attorno alla figura di Khomeini. Nello stesso anno l’Iran diventò Repubblica Islamica, accentrando il potere nelle mani della Guida Suprema Khomeini, da sempre vicino alla causa palestinese.

Inoltre, nel novembre 1979 alcuni giovani studenti iraniani attaccarono l’ambasciata americana in Iran, prendendo in ostaggio 52 funzionari:

Khomeini non esitò ad appoggiare i giovani studenti, decretando la fine di qualsiasi tipo di dialogo con gli Stati Uniti. La collaborazione indiretta tra i tre Paesi, che negli anni ’80 si trovarono a combattere contro un nemico comune, ovvero l’Iraq di Saddam Hussein, non fu sufficiente per ristabilire i rapporti diplomatici.

Negli stessi anni, il conflitto tra Iran e Israele si sposta in Libano:

durante l’invasione israeliana del Libano nel 1982, l’Iran inviò aiuti finanziari alle milizie palestinesi e alle milizie di Hezbollah presenti sul territorio, affermando di nuovo l’antagonismo con Israele e l’appoggio ai palestinesi. Negli anni ’90 il Primo ministro israeliano Yitzhak Rabin e Yasser Arafat, leader dell’OLP, tentarono di trovare un accordo anche per scongiurare la minaccia, sempre più credibile, di armi nucleari di provenienza iraniana: si trattò del primo vero tentativo di pace tra Israele e Palestina, ma purtroppo il sogno di pace durò poco, frantumandosi dopo poche settimane a causa di diversi attacchi da parte del gruppo palestinese Hamas, sostenuto dall’Iran, che non credette mai alla volontà di Israele di riconoscere i diritti dei palestinesi. Lo stesso Rabin venne assassinato nel 1995 da Yigal Amir, un colono ebreo estremista.

Negli anni seguenti, lo stato di conflittualità tra Iran e Israele diventò permanente, con episodi di scontro che si ampliarono in tutti gli scenari di conflitto che si crearono attorno a Israele. Ad oggi, lo scenario più probabile sembra essere un’escalation militare all’interno della regione. Delle vere trattative di pace sembrano attualmente poco probabili: il conflitto tra Iran e Israele è diventato nel corso degli anni sempre più aspro, fondandosi su narrazioni storiche e percezioni pubbliche all’interno di entrambe le società. L’opinione pubblica di entrambi i Paesi, influenzata da decenni di propaganda e narrazione eroica del conflitto, rende ancor più complesso il cammino verso una pace duratura. Inoltre, il conflitto tra Iran e Israele rimane uno dei principali fattori di instabilità in tutto il Medio Oriente, in grado di influenzare anche altri attori regionali.

Petra El Charif
Studentessa di Scienze Politiche con un debole per la scrittura, la Spagna, i romanzi gialli, il cibo e i viaggi improvvisati

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