Haiti, piccolo Paese dei Caraibi, si trova al centro di una crisi senza precedenti ormai dal 2021.
Nell’episodio Il paese governato dalle gang criminali, con Fabrizio Barbon Di Marco del podcast Globo, è stato discusso come «l’obiettivo delle bande armate era impedire l’arrivo ad Haiti di una forza di polizia internazionale richiesta dalle Nazioni Unite, che avrebbe messo in crisi le loro attività».
Infatti, come indicato anche da Wired, le Nazioni Unite hanno dichiarato che nel corso del 2023 le bande criminali hanno «assunto il controllo di circa l’80% della capitale», perpetrando una strategia di violenza che ha causato migliaia di «morti, rapimenti e violenze sessuali». Anche il sistema sanitario è stato ridotto allo stremo, non essendo in grado di prendersi cura dei numerosi feriti e di ottenere forniture a sufficienza.
Ad aggravare tali difficoltà sono stati i violenti scontri tra le forze dell’ordine e le bande criminali, che minacciano la stabilità del paese da ormai più di due mesi.
La situazione è, appunto, degenerata il 29 febbraio 2024, quando gruppi armati hanno attaccato la capitale, Port-au-Prince, colpendo l’edificio che ospita il ministero dell’Interno e importanti infrastrutture, come le stazioni di polizia, lo scalo merci e due carceri, rendendo possibile la fuga di migliaia di detenuti.
In seguito, gli scontri tra polizia e criminalità organizzata hanno esteso il loro raggio d’azione, coinvolgendo nuove zone: una di queste è la località di Pétion-Ville, posta in altura rispetto alla capitale.
Alla luce di quanto è accaduto e sta accadendo, i residenti hanno utilizzato le radio locali per chiedere aiuto alla polizia. Tuttavia, secondo le Nazioni Unite, nel corso del 2023 circa 1.600 agenti di polizia hanno lasciato il servizio e, preoccupantemente, sembra che molti di loro si siano associati alle bande criminali; invece, al momento sono operativi meno di 10.000 agenti in tutto il territorio nazionale, circa un terzo di quelli necessari.
In risposta a questi assalti, il governo di Haiti ha esteso lo stato di emergenza fino al 3 maggio 2024 e ha imposto il coprifuoco in vigore dalle 19:00 alle 6:00 del mattino, nella capitale Port-au-Prince e nella regione ovest, fino a nuovo ordine.
Contemporaneamente, in questo clima di terrore dilagante, le gang hanno continuato a fare irruzione nei quartieri, senza che le autorità locali e il governo siano riusciti a garantire la sicurezza della popolazione, tanto che sono state molte le perdite accumulate, tra vittime uccise in scontri devastanti e persone rimaste senza abitazione, costrette a fuggire tra le fiamme e a cercare riparo in condizioni di estrema precarietà.
Anche la stessa evacuazione del personale diplomatico e dei cittadini di Stati Uniti e Unione Europea è un segnale della gravità della crisi e dell’incapacità delle autorità locali di garantire la sicurezza per la comunità internazionale.
Oltre a ciò, come riportato da Il Post, «questa situazione si è aggravata negli ultimi anni a causa della presenza di decine di bande criminali, che hanno sfruttato anni di alleanze e legami con i politici haitiani per accrescere il loro potere», e affonda le sue radici nell’assassinio del presidente Jovenel Moïse, avvenuto nel 2021 in «circostanze sospette».
Ancora, le bande criminali si sono alleate per rovesciare il governo, impedendo al primo ministro Ariel Henry di far entrare ad Haiti un contingente keniano per riportare l’ordine: si era infatti recato in visita ufficiale a Nairobi, per trattare l’invio di una missione di peacekeeping, con il placet dell’ONU. Henry, impossibilitato a ritornare ad Haiti, si è infine dimesso: aveva retto per tre anni il governo dopo l’uccisione del presidente Moïse.
Le dimissioni, secondo quanto dichiarato da Irfaan Ali, presidente della Comunità dei Caraibi, permetteranno un «accordo per un governo di transizione che aprirà la strada a una transizione pacifica del potere»: esso dovrà essere raggiunto con il consenso di «tutti gli haitiani».
Ad Haiti è stato quindi creato un Consiglio Presidenziale di transizione (qui e qui per approfondire), con il compito di fissare quanto prima nuove tornate elettorali, segnando così il ritorno alle urne dall’ormai lontano 2016.
Il Consiglio, composto da sette membri votanti, ex membri delle sfere imprenditoriali e politiche, insieme a due osservatori in rappresentanza del mondo politico, del mondo religioso e della società civile, era stato incaricato di nominare un nuovo primo ministro ad interim e formare un governo di transizione.
Tuttavia, il contesto politico rimane tumultuoso e persistono dubbi sulla capacità del governo ad interim sostenuto dagli Stati Uniti di imporre la propria autorità sulle bande. La stessa decisione di istituire il Consiglio di transizione è stata avversata da alcuni movimenti politici haitiani.
Da non dimenticare, comunque, le restrizioni severe che sono state introdotte per i membri del Consiglio, che non possono essere soggetti a condanne penali o sanzioni e devono essere impegnati nella risoluzione della crisi e nell’organizzazione delle elezioni: questo esclude chiaramente i membri delle bande criminali, come Jimmy Chérizier, il cui coinvolgimento nella politica del paese è stato motivo di preoccupazione.
Difatti, durante il mandato dell’ex presidente Jovenel Moïse, nel quadro politico-criminale è balzata all’attenzione proprio come figura chiave quella di Jimmy Chérizier, noto come “Barbecue“.
Questo, una volta ufficiale di polizia, è ora il leader della coalizione criminale conosciuta come G9 an fanmi, composta da nove bande armate. Avrebbe inoltre guadagnato potere grazie all’alleanza con Moise: durante la presidenza di quest’ultimo, numerosi sarebbero stati gli accordi tra esponenti politici e gang.
Tale fatto ha ovviamente contribuito all’escalation della violenza e dell’instabilità nel paese. La sua influenza, nonostante la morte di Moïse, continua a essere un fattore destabilizzante, alimentando ulteriori tensioni ed episodi caratterizzati dalla sua brutalità, nonché accuse di gravi violazioni dei diritti umani.
In definitiva, in questo momento cruciale in cui il Paese si trova sull’orlo del baratro, mentre la risoluzione della crisi si orienta verso il negoziato e ostacoli significativi si frappongono al ripristino della sicurezza, resta da chiedersi chi potrà riuscire davvero a porre fine al ciclo di violenza e corruzione che continua a strangolare Haiti.