A chi non è mai capitato di trovarsi nel cosiddetto “blocco del lettore”? Anche ai lettori più accaniti succede di non sentirsi stimolati da nessun libro, di aver voglia di leggere ma non trovare la storia giusta, quella che li rapisca e li tenga incollati alle pagine fino a fargli desiderare che ce ne siano di più, che il libro non finisca mai. Per uscire da questa situazione, ma anche per chiunque desideri entrare in una storia che lascia senza fiato, il libro giusto è Woobinda, di Aldo Nove.
«Ho ammazzato i miei genitori perché usavano un bagnoschiuma assurdo, Pure&Vegetal»: questo l’incipit di un mondo in cui si entra senza preamboli.
La cornice è quella dell’Italia degli anni ’90, nella quale si articolano i racconti delle vite di persone all’apparenza insignificanti che nascondono perversioni, pulsioni assurde e desideri grotteschi.
La narrazione degli eventi più o meno grandi di quegli anni — la tragedia di Vermicino, la morte di Ayrton Senna, la guerra del Golfo — viene resa dalla prospettiva di chi vi assiste e decifra gli avvenimenti con mezzi interpretativi irrazionali, modellati da un capitalismo violento e da una tecnologia sempre più frenetica con cui il mondo sta imparando a rapportarsi.
La televisione sta irrompendo nelle case delle persone, lo schermo diventa amico, oggetto di disturbati desideri o fonte di follia; uomini e donne sono intrappolati in un vortice di televendite, oroscopi, cellulari, “programmi spazzatura”; i successi musicali internazionali trasmessi dalle radio fanno da colonna sonora a scene di vita di ragazzi e ragazze ossessionati dai prodotti nelle pubblicità, che ripudiano il vecchio tanto da non riuscire più a comunicare con i nonni, che hanno accesso illimitato a svariati canali pornografici e scoprono per la prima volta la sessualità con risvolti talvolta terrificanti.
Aldo Nove scrive una raccolta di racconti brevi, fulminanti, che spesso finiscono con una parola incompleta e non concedono mai un lieto fine.
Il lettore non è accompagnato, è lanciato in un crescendo di orrore che non cancella del tutto l’amara tenerezza che inevitabilmente prova per queste persone comuni, sole, spaventate dal crescere e dall’invecchiare, desiderose di successo, riscatto o solo un po’ d’amore sincero in un mondo in cui è più facile relazionarsi con i volti della Rai che non con le persone che si hanno intorno.
Vediamo spaccati di vite in cui si riconoscono nomi di personaggi, trasmissioni, brand e dispositivi, lasciati lì come riferimenti sfuggenti e casuali, dettagli ora caricati di significato fino a diventare il centro di un’ossessione, ora trascurabili, o ancora in grottesco risalto su uno sfondo che meriterebbe ben più attenzione.
Risulta evidente fin dalla prima frase il tema del prodotto e del capitalismo impetuoso che porta con sé un inevitabile effetto di straniamento, ancor di più per chi legge la raccolta di Nove da adulto cresciuto nell’epoca a cui si fa riferimento. Sono continui i richiami ai jingle pubblicitari, ai cibi, alle bevande e alle droghe più in voga, così come ai volti che comparivano in televisione o agli articoli che dovevano avere tutti.
Il bagnoschiuma Vidal, in difesa del quale il protagonista del racconto d’apertura arriverà alla follia, è un prodotto talmente banale e quotidiano che nessuno potrebbe immaginarselo come epicentro di un raccapricciante terremoto umano, eppure è da questi oggetti ordinari che si scatenano i pensieri intrusivi e malati dei protagonisti delle storie di Nove.
Conseguentemente, le tragedie di quegli anni che oggi ricordiamo rimangono figure sfocate sullo sfondo di una fotografia che ha l’obiettivo concentrato su altro:
la strage di via Palestro diventa un incidente in cui un protagonista che ne è testimone inciampa senza prestarci particolarmente attenzione, concentrato com’è sul nuovo panino del Burger King.
I racconti folli si susseguono senza un attimo di respiro, quasi come i canali della televisione mentre si fa uno zapping svogliato: cogliamo qualche spaccato, qualche parola, per poi saltare subito a quello dopo senza che la frase che stavamo leggendo si sia realmente conclusa.
Sono il ritratto di un decennio da cui sembrano essere trascorsi anni luce, ma che porta in sé gli stessi turbamenti della parte più recondita dell’animo umano. Cambieranno anche i ritornelli della pubblicità, ma la natura delle persone rimane piena di quell’inquietudine che Aldo Nove ha saputo raccontare senza filtri, senza mezzi termini o moderazione.
Attenzione: è un libro che mira a colpire con violenza e lo fa senza avvisare. È necessario essere coscienti della corrente letteraria in cui si inserisce, quella degli scrittori Cannibali, che esagerano e giocano con il pulp e con la violenza in ogni sua sfaccettatura. È una lettura per chi è pronto a farsi sconvolgere, e non ha paura della parte più cruda e nascosta della vita di tutti i giorni.
Articolo di Maria Cattano.