Del: 3 Maggio 2024 Di: Viola Vismara Commenti: 0

Nel vasto panorama della ricerca medica, c’è una figura che si distingue per il suo impatto straordinario, pur rimanendo largamente sconosciuta al grande pubblico. Si tratta di Henrietta Lacks, una donna il cui contributo alla medicina è stato rivoluzionario.

La sua storia inizia nel gennaio del 1951 a Baltimora, quando la donna si presenta alla clinica di ginecologia riservata ai pazienti colored del Johns Hopkins Hospital, a causa di sintomi preoccupanti. Siamo nell’America della segregazione razziale, in cui pochi ospedali offrivano gli stessi standard clinici per bianchi e neri. La giovane donna era una madre di cinque figli, poco più che analfabeta e proveniente da una famiglia di coltivatori di tabacco.

I suoi sintomi sospetti conducono a una diagnosi drammatica: un adenocarcinoma a cellule squamose della cervice uterina, una forma aggressiva di tumore maligno che, all’epoca, rappresentava una minaccia mortale per molte donne americane. Nonostante i trattamenti, compresa la radioterapia, Henrietta Lacks muore lo stesso anno, all’età di 31 anni. 

La sua morte, avvenuta nel 1951, avrebbe potuto segnare la fine della sua storia, ma diede invece inizio a un enorme contributo alla scienza, che avrebbe cambiato il corso della ricerca medica.

Durante i trattamenti, i medici le prelevarono un piccolo campione di tessuto tumorale senza il suo consenso. Questi tessuti, noti come cellule HeLa, si rivelarono straordinariamente robusti e prolifici in laboratorio, diventando le prime cellule umane ad essere coltivate con successo in vitro. Le cellule HeLa si moltiplicarono rapidamente, diventando la prima linea cellulare della storia.

Queste cellule hanno due caratteristiche che le rendono speciali: la prima è che riproducono un’intera generazione in sole 24 ore (per questo sono dette naturalmente “immortalizzate”, cioè possono essere trasmesse in vitro senza morire), la seconda è il possedere 82 cromosomi, molti di più rispetto alle cellule normali. 

Queste caratteristiche genetiche sono dovute al fatto che l’enzima telomerasi è stato mutato dal virus del papilloma umano e ciò consente alle cellule di non invecchiare mai. Il dottor Kubiceck, medico del Johns Hopkins Hospital, appuntò sulla prima capsula di Petri dove coltivò le cellule della donna le sue iniziali, come faceva per ogni campione proveniente da un paziente del Johns Hopkins: He e La. 

Nel corso degli anni, le cellule HeLa si sono diffuse in maniera capillare nei laboratori di tutto il mondo, e hanno fatto sì che venisse implementato il vaccino contro la poliomielite, hanno favorito gli studi sui tumori di ogni tipo, le ricerche sull’AIDS e sull’infezione da HIV, fino a essere protagoniste di esperimenti sugli effetti dell’assenza di gravità.

La vera consacrazione delle cellule HeLa, però, avviene nel 1953, quando la Fondazione nazionale per la paralisi infantile decide di installare al Tuskegee Institute, in Alabama, la prima fabbrica di colture cellulari all’avanguardia per coltivare e distribuire le cellule fondamentali per la valutazione del vaccino contro la poliomielite. Lo scopo della struttura è quello di coltivare in maniera standardizzata le cellule HeLa e poi spedirle agli istituti di ricerca pubblici di tutti gli Stati Uniti a prezzi calmierati. 

Qui la storia di HeLa si intreccia ancora una volta con la discriminazione, in particolare con una delle pagine più controverse della medicina contemporanea.

Tuskegee infatti è tristemente famosa per gli esperimenti condotti dallo United States Public Health Service sugli effetti della sifilide in persone sane. Dal 1932 al 1972 vennero reclutati 400 mezzadri afroamericani malati di sifilide e furono osservati dai ricercatori per seguire l’evoluzione della malattia, ma senza essere curati con il trattamento disponibile all’epoca, la penicillina.

Fino a qualche decennio fa, in pochi conoscevano da dove venissero le cellule HeLa. La famiglia di Henrietta Lacks è stata a lungo ignorata e privata dei benefici finanziari derivanti dall’uso commerciale delle cellule che portano il nome della loro parente.

La prima rimostranza che mosse la famiglia Lacks fu quella di non aver acconsentito al prelievo e all’utilizzo dei tessuti di Henrietta, ma solo di aver autorizzato l’autopsia. La sua storia ha sollevato importanti questioni etiche sulla ricerca scientifica e sull’importanza del consenso informato dei pazienti. All’epoca del prelievo delle cellule HeLa, l’attenzione verso il consenso dei pazienti era limitata e la pratica comune era molto diversa da quella attuale. Ricordiamoci inoltre un dettaglio importante, già richiamato, che sicuramente ha influito su tutta la vicenda: Lacks era una paziente nera e nel 1951 esisteva ancora la segregazione razziale negli Stati Uniti.

Nonostante ci fosse la presenza di tutti questi elementi a suo sfavore, la storia di Henrietta Lacks ha contribuito a far avanzare la consapevolezza sull’importanza di proteggere la privacy e i diritti dei donatori di tessuti biologici per la ricerca, infiammando i dibattiti di quell’epoca.

La ricercatrice Marialuisa Lavitrano, docente di patologia all’Università di Milano Bicocca, ci spiega che oggi, affinché il consenso informato sia valido, deve seguire una struttura specifica. Prima di tutto, deve includere informazioni dettagliate sulla procedura medica o di ricerca coinvolta. Successivamente, viene richiesta l’espressione del consenso stesso.

È fondamentale che la parte informativa sia chiara e completa, poiché la comprensione accurata delle informazioni, il contesto in cui vengono presentate e l’intero processo comunicativo sono cruciali per un consenso informato autentico. Tuttavia, spesso nei nostri ospedali e negli ambulatori, a causa della mancanza di personale, i tempi per spiegare le procedure diagnostiche e terapeutiche sono molto limitati, il che impedisce ai pazienti di comprendere appieno la pratica clinica.

Se nei decenni passati le principali controversie relative alla storia di Henrietta Lacks erano quella relativa al consenso informato e quella sull’eventuale guadagno da parte di chi commercializzava le HeLa, nessuno poteva immaginare che le più avanzate tecnologie della biologia molecolare avrebbero portato a un nuovo, enorme problema: quello della privacy

Quando il nome di Henrietta Lacks ha iniziato a diffondersi, prima tra la comunità scientifica e poi nel resto del mondo, si ignorava che da quel momento in poi sarebbe stato possibile collegare le informazioni genetiche che le cellule HeLa contenevano a quelle di una persona fisica, e dei suoi familiari e discendenti. A distanza di più di sessant’anni dalla morte di Henrietta Lacks, le cellule HeLa erano ancora in grado di scatenare accesi dibattiti di bioetica, questa volta sull’utilizzo di campioni biologici da cui si possono generare dati sensibili come quelli genetici

Oggi, con le normative come il General Data Protection Regulation (GDPR) dell’Unione Europea, si cerca di regolamentare l’utilizzo di campioni biologici per garantire la protezione della privacy e dei diritti dei donatori.

Le biobanche svolgono un ruolo cruciale nel garantire una gestione etica e responsabile dei campioni biologici, consentendo la restituzione dei risultati al paziente e la tutela della privacy.

La storia di Henrietta Lacks continua a suscitare dibattiti e riflessioni sulla giustizia sociale, la bioetica e i diritti dei pazienti grazie soprattutto a un libro scritto dalla giornalista scientifica Rebecca Skloot dal titolo “La vita immortale di Henrietta Lacks, pubblicato nel 2010 e che l’ha resa nota ai giorni nostri.

Dalla pubblicazione del libro c’è stato un crescendo di riconoscimenti da parte di istituzioni pubbliche e dalla comunità scientifica: il culmine arrivò il 13 ottobre 2021, quando l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha riconosciuto il contributo nelle scienze biomediche di Henrietta Lacks. 

La vicenda di Lacks rimane comunque densa di controversie, che faticano a risolversi nonostante il tempo trascorso: qualche anno fa gli eredi di Lacks hanno intentato una causa contro l’azienda biotech Thermo Fisher Scientific, sostenendo che l’azienda abbia continuato a riprodurre e vendere le cellule HeLa senza chiedere o assicurarsi il consenso della sua famiglia, in un “un sistema medico razzialmente ingiusto”.

Nonostante le drammaticità, la storia di Henrietta Lacks è un monito sull’importanza dell’etica nella ricerca scientifica e dell’urgente necessità di riconoscere e celebrare le figure spesso dimenticate dietro le grandi scoperte della scienza.

Viola Vismara
Classe 2000. Studentessa di Lettere Moderne.

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