Nel 1827, il fisico tedesco Georg Ohm pubblicò un trattato che conteneva le sue osservazioni sulla resistenza elettrica. Qualche anno dopo, il britannico Joule scoprì che l’energia elettrica poteva trasformarsi in calore termico. È ormai da molto tempo che sappiamo che la corrente elettrica per transitare negli elementi “paga un pedaggio”, per usare una metafora: ovvero, subisce una resistenza elettrica che trasforma parte dell’energia elettrica in calore. Ci sono elementi in cui il costo del trasporto è minore, per esempio il rame, ed altri in cui invece la conduzione elettrica è particolarmente difficile, uno su tutti, il vetro.
Ma perché è così importante ridurre la resistenza elettrica?
La possibilità che si riduca qualsiasi costo nel trasporto e nello stoccaggio dell’energia è rivoluzionaria. I superconduttori permetterebbero di trasportare energia senza limiti di distanza e soprattutto potrebbero conservarla teoricamente senza limiti: grazie ad essi, infatti, l’energia non si trasformerebbe mai in calore, cioè energia non utilizzabile, cosa che invece avviene nei normali circuiti.
Dal ’900, i fisici hanno scoperto un buon numero di elementi superconduttori. Il problema risiede nelle condizioni fisiche necessarie affinché si verifichi tale effetto. Il primo ad essere scoperto fu il mercurio che a 4 Kelvin (4K) annullava ogni resistenza. 4 Kelvin equivalgono a -269.1 gradi celsius (-269.1 °C). Una temperatura raggiungibile solo tramite enormi e costosi sistemi di raffreddamento che ne limitano le enormi potenzialità.
La buona notizia è che abbiamo trovato anche dei conduttori che annullano la resistenza a temperatura ambiente. La cattiva notizia? Per il verificarsi di tale condizione serve una pressione tra i 400 e i 500 milioni di Pascal. La pressione sulla terra al livello del mare è 100.000 Pascal. Anche in questo le tecnologie per raggiungere le condizioni ideali sono talmente complesse da vanificare ogni utilizzo che non sia la ricerca scientifica.
L’annullamento della resistenza avviene perché la bassa temperatura o l’alta pressione impediscono ad una coppia di elettroni di separarsi. La coppia di elettroni è detta coppia di Cooper, e quella appena esposta è la cosiddetta teoria BCS che valse un premio Nobel ai suoi pensatori nel 1972.
Ranga Dias, è un ricercatore dell’Università di Rochester nello stato di New York: è solo uno dei tanti fisici della materia che negli ultimi anni ha cominciato a studiare gli idruri nell’ambito della superconduttività.
Il motivo è che gli idruri sono in grado di produrre strutture cristalline che nelle ambizioni della comunità scientifica dovrebbero proteggere la coppia di Cooper anche a temperature vicine a quelle terrestri.
Nel 2020 Dias e il suo gruppo annunciarono che un idruro che conteneva zolfo e carbonio aveva bisogno di una temperatura di 15 gradi centigradi e una pressione di circa 267 GigaPascal, praticamente un terzo in meno di quanto si era giunti finora.
L’articolo fu pubblicato su Nature, una delle più prestigiose ed autorevoli riviste di scienze del mondo, e fu accolto con grande scetticismo. Fu notata la mancanza di dati e soprattutto la mancata riproducibilità. L’Università di Rochester aprì un’indagine, che però non segnalò alcuna anomalia nella raccolta dei dati, e il ricercatore statunitense fu lasciato al suo posto.
L’anno successivo però la rivista ritirò l’articolo.
Nel 2023 Dias pubblicò un altro articolo in cui sosteneva di aver raggiunto un risultato straordinario. L’idruro di lutezio, secondo i dati da lui raccolti, poteva diventare un superconduttore a 21 gradi ed una pressione circa 10 volte maggiore di quella terrestre. Considerando che il ricercatore era già stato segnalato per possibili manipolazioni di dati, la comunità scientifica mise immediatamente in dubbio quanto aveva scritto. Il risultato fu, anche questa volta, il ritiro dell’articolo.
Questa volta però sembra davvero che il fisico statunitense abbia perso qualsiasi credibilità.
Nell’aprile di quest’anno nuova indagine (la quarta in quattro anni) dell’Università di Rochester ha infatti riscontrato numerose omissioni e aggiunte quando non deliberate manipolazioni dei dati. Il rapporto è stato redatto da un gruppo di investigatori esterno all’ambiente accademico e in più passaggi sembra accusare la stessa Università quantomeno di negligenza dei controlli, quando non di deliberata connivenza.
Dias dal canto suo nega tutto. Ha chiesto alla rivista Nature un nuovo confronto, nonostante le investigazioni lo abbiano apertamente indicato come autore di una serie di inganni ai redattori della stessa rivista. Dias ha inoltre citato il suo ateneo in merito alla lettera di licenziamento che il Dipartimento di Fisica gli aveva fatto recapitare: il giudice ha respinto la richiesta ma non sono ancora scaduti i termini per l’impugnazione.
La possibilità che si riesca ad arrivare a dei superconduttori utilizzabili a condizioni simili a quelle ambientali, appare ancora molto lontana.
Articolo di Matteo Dodero.