Del: 14 Giugno 2024 Di: Scacchiere Storico Commenti: 0

Quante volte si vede e sente associare il termine “Medioevo” a concetti negativi, utilizzandolo in senso peggiorativo o dispregiativo? Nella vulgata comune capita spesso, soprattutto sui social oppure banalmente in tv o sulle testate giornalistiche, di vedere associata l’Età di Mezzo ai secoli bui.

Espressioni e titoli ad effetto come “pare di essere nel Medioevo”, “non succedeva nemmeno nel Medioevo”, “siamo tornati al Medioevo” (e affini) sono comunemente utilizzati per esprimere concetti, fenomeni o comportamenti deviati, devianti, retrogradi, bigotti, nefasti, ignoranti, più in generale negativi.

Ma il Medioevo fu davvero un’epoca buia? Non del tutto, infatti come tutte le epoche anche questa fu ovviamente contraddistinta da luci e ombre. Tuttavia, tuttora si considera l’Età di Mezzo caratterizzata da una marcata negatività, tanto che fino ad oggi è normale associarla a radicati luoghi comuni, pregiudizi e miti, sebbene ormai smentiti dalla ricerca storica.

Per prima cosa, è bene capire cosa si intenda per Medioevo (europeo) e quali siano i suoi limiti cronologici.

Giuseppe Sergi – nel saggio L’idea di Medioevo. Fra storia e senso comune, un agile e sintetico volume che fu inizialmente pensato dall’autore come introduzione al manuale di storia Donzelli e che si propone si smontare i miti legati al Medioevo e di spiegare le molteplici incomprensioni legate proprio a questo periodo storico – spiega come l’Età di Mezzo, media aetas, media tempora, media tempestas come venne definita a partire dalla metà del Quattrocento, copre un lungo periodo dalla caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476) alla scoperta dell’America (1492).

Fu solo nel Seicento che venne poi coniato il termine “medioevo” (medium aevum) mentre fu Vasari a utilizzare la triplice periodizzazione, suddividendo nell’ambito della storia dell’arte il passato in età antica, medievale e moderna, quest’ultima a lui contemporanea. A cavallo tra Trecento e Quattrocento, con l’umanesimo si ebbe in Italia la riscoperta e lo studio dei classici; questo portò a derubricare il millennio che intercorse tra l’Antichità romana e la nuova cultura umanistica a qualcosa di fortemente negativo e lontano (Sergi, 2005, pp. 27-28). 

Infatti, la nostra concezione di Medioevo è stata opportunamente confezionata in prima battuta dagli umanisti (che, non dimentichiamoci, sono figli dei tempi che denigrano) e a seguire dagli intellettuali illuministi, che iniziarono a presentare i mille anni tra l’Antichità e l’Età Moderna come “epoca di mezzo”, di passaggio obbligato, ma ostile e cupo, tra la romanità e il Rinascimento e il secolo dei Lumi.

Questo perché si fece coincidere i limiti temporali del Medioevo con due eventi percepiti come catastrofici:

l’età di mezzo comincia con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente e si conclude con la rinascita successiva alla crisi trecentesca; tutto ciò che avvenne in questo lunghissimo lasso di tempo era immaginato come negativo, lontano dal sentire comune, marginale rispetto alla grandezza finalmente ritrovata e per questo motivo ce ne si discostava, alimentando falsi miti e sedimentando stereotipi che tuttora si fatica a decostruire.

I motivi per cui sia ancora difficile riuscire a smontare tali clichés posso essere banalmente due: prima di tutto, perché stiamo parlando di un periodo temporalmente lontano e culturalmente, socialmente diverso dalla contemporaneità. Il fatto che tra noi e il Medioevo intercorrano secoli non fa che alimentare l’idea che ci si riferisca a qualcosa di “esotico”, atipico, leggendario, alieno e quindi negativo.

Secondariamente, perché vi è un netto distacco tra ricerca dei medievisti di professione e divulgazione sia mediatica, sia scolastica. Non è infatti così inconsueto, anche sfogliando un manuale scolastico, che il Medioevo sia associato a temi come la famigerata piramide feudale, vassalli, valvassori, valvassini; Cristoforo Colombo che smontò l’idea di una terra piatta con i suoi viaggi; il periodo cupo, caratterizzato dalla caccia alle streghe, piogge torrenziali, vestiti logori e scuri, fame e ius primae noctis.

Questi sono solo esempi di concetti ormai riconosciuti e provati, grazie allo studio delle fonti da parte degli storici, come inesatti, parziali o falsi, ma che la mentalità collettiva e la cultura popolare ancora ritengono essere assiomi inconfutabili.

Accademici e divulgatori si stanno impegnando per smontare questa concezione falsata della storia, nonostante si fatichi a fare breccia nel senso comune. È importante che soprattutto l’Accademia si sintonizzi con le necessità dei “non addetti ai lavori” e che si apra alla divulgazione, senza biasimarla arroccandosi su posizioni di vero e proprio accademismo fine a se stesso fatto da professionisti per professionisti e colleghi.

Sicuramente, dei passi avanti si stanno facendo, basti pensare alle iniziative di “terza missione” dei docenti universitari – per esempio, l’evento Medioevo in Unimi – oppure il grande successo riscosso da Alessandro Barbero e banalmente al lavoro di divulgazione fatto da tanti altri docenti, come ad esempio la professoressa Beatrice del Bo (Unimi), o da realtà come Scacchiere Storico (ma non solo).

Articolo di Federica Fornasiero

Scacchiere Storico
Scacchiere Storico è una associazione di ricerca e divulgazione storica.

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