Del: 8 Giugno 2024 Di: Cristina Bianchi Commenti: 0

L’Artico è la regione situata sopra al Circolo Polare Artico, nella quale negli ultimi anni si è assistito ad un cambio di rotta nel coordinamento e nella collaborazione tra gli Stati rivieraschi. Questi ultimi sono otto: la Russia, il Canada, gli Stati Uniti con l’Alaska, la Norvegia comprese le Svalbard, la Svezia, la Finlandia, l’Islanda e la Danimarca comprese la Groenlandia e le Isole Fær Øer. 

I paesi hanno creato nel 1996 il Consiglio Artico che include, oltre ai paesi rivieraschi, alcune comunità indigene. L’organismo ha preso vita grazie alla Dichiarazione di Ottawa, del 1986, la quale aveva l’obiettivo comune di promuovere e mantenere i rapporti tra gli Stati su un livello di cooperazione massima sia per le ricerche scientifiche che per le risorse del territorio, comprendenti idrocarburi e pesca ittica.

Dal crollo del blocco sovietico nel 1991 l’importanza geopolitica dell’Artico è aumentata, in particolare nella dottrina di Mosca.

La politica di quest’ultima ha determinato tre turning points che hanno caratterizzato i rapporti durante il XXI secolo in questa regione. 

Nel 2007 con una spedizione la Russia riuscì a piantare la bandiera nazionale a 4.300 metri sul fondo del Polo Nord, così da dimostrare la propria potenza. Gli altri due fanno riferimento all’annessione della Crimea nel 2014 e all’invasione dell’Ucraina del 2022. Soprattutto quest’ultimo portò il Consiglio Artico a estromettere la Russia e chiudere i rapporti di collaborazione con la stessa.

La ricolonizzazione dell’Artico che il presidente russo Vladimir Putin ha iniziato fin dal suo primo mandato, nel 2000 e, che ha sempre più rafforzato grazie alle due dottrine navali del 2015 e del 2022, può essere sintetizzato in tre punti: il primo è l’importanza del potenziamento delle proprie capacità di difesa così da proteggere le proprie coste e le proprie risorse. Per questo sono stati essenziali la Flotta del Nord, la principale forza militare dell’Artico, che ha diverse basi nella Penisola di Kola e la sede centrale a Severomorsk. AtomFlot è, invece, una base di servizio dei rompighiaccio a propulsione nucleare, sempre collegata alla Penisola di Kola, questa è il punto fondamentale per il trasporto del combustibile nucleare.

Il secondo punto fa riferimento all’affermazione della propria giurisdizione marittima sulle nuove rotte navali, in particolare sulla NSR. Infatti, i passaggi dell’artico sono cruciali per il futuro del commercio mondiale: la Northern Sea Route, cioè la rotta verso est che costeggia i territori scandinavi e russi arrivando nell’Oceano Pacifico, la quale è stata usata per la prima volta in ambito commerciale, nel 2013 dalla nave mercantile Yong Sheng, partita dalla Cina dal porto di Dalian alla volta del porto di Rotterdam, in Olanda. La NSR ridurrebbe di quasi il 50% i costi di spedizioni e i tempi di trasporto.

Inoltre, il secondo passaggio, strategico, ma più complicato per le condizioni del territorio e quelle meteorologiche, è il Passaggio di Nord-Ovest, cioè quello che passa le coste del Canada e dell’Alaska. 

Entrambe le rotte sono state oggetto di varie esplorazioni fin dal 1464, le quali si sono rilevate problematiche a causa del ghiaccio e della scarsa capacità tecnica di sopravvivenza, come poi appresero dalle popolazioni native, nel difficile territorio della regione e con le condizioni climatiche che caratterizzano la stessa.

La NSR ha negli ultimi anni assunto rilievo per la geopolitica internazionale e soprattutto per il diritto del mare. Secondo la Convenzione di Montego Baydel 1982, a differenza del Trattato dell’Antartide, la Commission on the Limits of the Continental Shelf (CLCS), organo non politico composto solo da geologi, geografi e oceanografi, può decidere sulle richieste di rivendicazione formale da parte dei paesi rivieraschi, di quei territori che geograficamente apparterrebbero alla propria piattaforma continentale. Quest’ultima ex articolo 76 comma 1 «comprende il fondo e il sottosuolo delle aree sottomarine che si estendono al di là del suo mare territoriale attraverso il prolungamento naturale del suo territorio terrestre».

La prima fu quella russa sulla Dorsale Lomonosov, nel 2001 poi modificata per l’ultima volta nel 2015, catena montuosa sottomarina che divide l’Oceano Artico in due parti con vette alte circa 3.700 metri,da parte del governo russo, poiché secondo ricerche scientifiche sarebbe una continuazione del proprio territorio. Con la quale la Russia chiedeva un allargamento di circa 2 milioni di chilometri quadrati di fondali marini. 

Il 6 febbraio 2023 la Commissione, ha approvato il 75% della rivendicazione russa sulla Dorsale Lomonosov con una raccomandazione. Questa decisione determina la possibilità da parte della Russia di accedere ad un’area che si estende oltre la propria ZEE, la quale comprende il Polo Nord e sfiora le ZEE di Canada e Groenlandia.

La Commissione, successivamente, deciderà per l’area intorno all’Isola di Francesco Giuseppe e della Novaja Zemlja, per le quali la documentazione è stata ritenuta insufficiente e che dovrà essere aggiornata ed integrata dalla Russia. 

I paesi rivieraschi membri del Consiglio dell’Artico, quindi, hanno accusato la Russia di violare il diritto del mare, il quale divide le acque in tre zone marittime: le prime 12 miglia nautiche sono definite come mare territoriale, le 24 miglia nautiche successive sono definiti come Zona Continua che fanno parte delle 200 miglia nautiche della Zona Economica Esclusiva. Dopo la quale gli Stati occidentali chiedono la politica del mare aperto, invece la Russia sottoporrebbe la zona alla propria giurisdizione nazionale.

Infine, l’ultimo punto rilevante per Vladimir Putin è lo sfruttamento delle risorse, che nell’Artico sono moltissime, una stima ha rivelato che nella regione si troverebbe il 25% delle riserve non ancora esplorate di idrocarburi, in particolare per petrolio e gas. A queste risorse si aggiunge lo sfruttamento dell’energia nucleare, la quale ha determinato una crescita a livello di armamenti ma anche di inquinamento. Gli esempi più importanti sono la Penisola di Kola, in particolare nella regione di Murmansk nella quale si è registrato un aumento delle concentrazioni di metalli nell’acqua e delle emissioni di radionuclidi, associati allo stato dei depositi e ai trasporti dei rifiuti nucleari. 

Un altro esempio di regione oggetto di studio per le conseguenze dell’inquinamento nucleare è la Novaja Zemlja, un gruppo di due isole del Mare Glaciale Artico, sulla quale il 30 ottobre del 1961 è stata sperimentata la bomba zar, una potente arma nucleare di 50 megatoni di tritolo progettata da Andrej Sacharov, a cui è stato assegnato il premio Nobel nel 1975. 

La bomba era a idrogeno ed emanò un’energia di 1.570 volte maggiore rispetto a quella di Hiroshima del 1945.

La modalità di innesco della bomba zar si divideva in tre stadi: la prima fissione innescava la fusione di atomi leggeri la quale da avvio ad un’ulteriore fissione nucleare.

La bomba zar o tsar bomba, raggiunse i 64 chilometri di altezza con una larghezza di 95 chilometri del cappello e 40 della base. L’onda d’urto fu registrata fino a 700 chilometri di distanza e furono danneggiati gli immobili a 900 chilometri da punto di esplosione, arrivando fino alla Finlandia. La forza della bomba fu così elevata che l’onda sismica generata fece il giro della Terra per tre volte e l’U.S. Geological Survey misurò la sua magnitudo tra i 5,0 e 5,25 gradi. Per cui la bomba ha causato danni irreparabili nel breve termine sulle isole, ha portato la desertificazione della zona, fondendo la roccia.

Dall’inizio del 2024 Vladimir Putin ha preso delle decisioni rilevanti in politica estera, in primo luogo a febbraio ha fatto un passo indietro dall’Accordo del 1956 con la Gran Bretagna nel settore ittico, così come ha dichiarato Vyacheslav Volodin alla Duma. Quest’ultimo ha sostenuto nel suo discorso che l’allora leader del Partito Comunista Nikita Krusciov nell’accettare l’accordo non aveva seguito gli interessi nazionali.

La seconda decisione di Vladimir Putin risale, invece, a maggio scorso, in cui ha chiesto di rivedere i confini russi nel Mar Baltico, poiché secondo il ministero della Difesa nel 1985 la misurazione sovietica aveva utilizzato delle carte nautiche datate che non rispettavano le coordinate geografiche del tempo. La bozza, la cui entrata in vigore era prevista per il 2025, è stata cancellata il 22 maggio scorso a causa delle critiche di Polonia, Svezia, Finlandia e delle Repubbliche Baltiche, le quali hanno definito la richiesta del presidente russo come una minaccia alla loro sicurezza.

Infine, la politica dell’Artico russa ha trovato nell’arcipelago delle isole Svalbard, territorio norvegese e quindi Nato, il prossimo obiettivo strategico. Il Segretario Generale dell’ONU Jens Stoltenberg, più volte ha ribadito che qualsiasi attacco o minaccia alle isole norvegesi sarebbe stato definito come un attacco all’Alleanza Atlantica e che sarebbe stato applicato l’articolo 5 della Patto. Già nel 2022 alcuni parlamentari russi erano favorevoli all’utilizzo di mezzi militari per difendere la comunità russa, la quale dopo la crisi Ucraina è stata oggetto di una crisi diplomatica per le limitazioni che il governo norvegese gli aveva imposto.

In conclusione gli obiettivi primari della Russia di Vladimir Putin sono quelli di eliminare l’egemonia statunitense, i quali sono arrivati tardi a studiare e vedere l’Artico come possibile regione di conquista e di potere, creare una nuova Via della Seta ed avere più risorse disponibili, così da diversificare il know-how ma anche per esportare le proprie risorse e avere entrate consistenti. 

Cristina Bianchi
Giurista pentita che si è convertita a scienze politiche. Mi interessa molto trovare una connessione tra attualità e cinema, che permetta alle menti creative di viaggiare attraverso le epoche e sviluppare un pensiero critico.

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